Avvenire, 2 marzo 2025
Tesla non piace più: l’inizio della fine di Musk?
Tanto, tantissimo, probabilmente troppo spazio a Elon Musk. Devono averlo pensato anche i ministri del Gabinetto di Donald Trump, che mercoledì – alla prima riunione dal suo insediamento – si sono dovuti sorbire un lungo fervorino dell’impreditore-finanziatore-guru più fidato (per ora) del presidente americano: meno deficit o gli Stati Uniti finiranno in bancarotta, ha sentenziato il fondatore di Tesla, e chissà come hanno reagito i compagni di tavolo. Di certo lo strapotere del visionario di origine sudafricana comincia ad andare di traverso all’opinione pubblica, se è vero – come ha riportato un sondaggio realizzato per l’Economist un paio di settimane fa – che ormai piace solo al 38% degli americani. Troppi conflitti d’interesse e troppe sparate, che – pensano in molti – prima o poi stancheranno lo stesso Trump. Intanto chi sembra registrare i segnali di una certa saturazione da Musk-mania è Tesla, il marchio più noto di quelli riconducibili all’imprenditore ma anche quello più esposto agli umori del mercato. In settimana è arrivato, impietoso, il responso di quello europeo: secondo i dati diffusi dall’Acea, l’associazione dei costruttori, a gennaio le immatricolazioni della casa americana sono state solo 9.945, quasi la metà delle 18.161 registrate un anno fa, pari a un calo del 45%. Difficile capire se ci sia una correlazione con quanto detto e fatto da Musk, ma è curioso notare come in Germania – dove ha ripetutamente sbandierato il suo sostegno all’estrema destra di Alternative fur Deutschland in occasione delle ultime elezioni politiche – Tesla abbia venduto solo 1.277 auto, il numero mensile più basso da luglio 2021; e intanto per le strade su migliaia di parabrezza e lunotti delle Tesla è comparso l’adesivo “L’ho comprata prima che Elon impazzisse”, come a smarcarsi dalla scelta d’acquisto. Un’altra débâcle, che sa di smacco, nel Regno Unito: qui Tesla ha immatricolato meno auto della rivale cinese Byd.
E pensare che il 2025 è iniziato bene per le elettriche: le vendite complessive di auto elettriche in Europa sono in aumento del 34% rispetto a gennaio 2024, approdando a una quota del 15% del mercato. A pesare sulla performance del marchio americano ci sono anche numerosi fattori industriali, a partire dalla tendenza della casa a spingere sulle vendite ogni fine d’anno per sostenere i conti dell’intero esercizio, portando a registrare
nel mese di gennaio un rallentamento considerato fisiologico. Inoltre, la clientela è in attesa della versione aggiornata della best-seller Model Y, attesa in Europa a primavera, dunque nel breve c’è chi preferisce rinviare l’acquisto. Ma il segno meno resta ed è pesante, al punto da renderlo potenzialmente un caso di scuola di “voto con il portafoglio”, secondo la formula coniata da Leonardo Becchetti. Solo nei prossimi mesi si capirà se e come si tratti di una tendenza passeggera, intanto però il crollo delle vendite della casa automobilistica ha innescato un circolo vizioso che ha impattato sulla Borsa, preoccupata proprio dall’andamento delle vendite del gruppo:
la capitalizzazione della società è crollata da 1.400 miliardi di dollari a meno di 1.000 miliardi in poche settimane, scendendo al di sotto di questa soglia psicologica per la prima volta dal novembre dello scorso anno. Pesa in generale la brutta aria che tira nel mondo, tra guerre vere e guerre commerciali, e in particolare la concorrenza cinese sulle auto elettriche, sempre più agguerrita. Ma pesa anche il fattore-Musk. Chissà come reagirà, l’uomo più ricco e più potente del mondo.