La Stampa, 1 marzo 2025
La volpe
L’editore del Washington Post (e proprietario di Amazon), Jeff Bezos, ha annunciato che da ora in poi il giornale pubblicherà solo editoriali a sostegno delle libertà personali e delle libertà economiche. Ne pubblicheremo anche di altra natura, ha detto, ma di ostili a questi due pilastri mai e poi mai. Non ho ben capito perché la disposizione sia stata interpretata da molti, indignati, come un inchino di Bezos al potere di Donald Trump. Non ho quindi ben capito perché Michael Schaffer di Politico abbia scritto che Bezos sta «manipolando il giornale per accattivarsi i favori del suo nuovo amico Trump». Non mi è chiaro dunque neanche perché fra i primi a congratularsi con Jeff Bezos ci fosse Elon Musk, che su X ha scritto «bravo», in italiano. Ma per decifrare Musk servirebbe una nuova Stele di Rosetta. Anche le dimissioni del responsabile della pagina dei commenti, David Shipley, mi risultano oscure. Forse la limitazione gli è parsa inaccettabile per sua natura. Credo, infatti, che chiunque sarebbe strafelice di ospitare un commento scritto, per esempio, da Thomas Piketty, magari contro la proprietà privata. Strafelice lo sarebbe soprattutto un liberale a capo d’un giornale liberale. Mi è stato invece e infatti lampante sin dal primo minuto che quella di Bezos era una stupidaggine autoavverante, poiché cassare opinioni contro le libertà fondamentali è contrario alle libertà fondamentali. E si è pianamente autoavverata quando ieri, sul suo Washington Post, è apparso un commento su una foto di Trump: «Ecco la vera minaccia alle libertà di mercato e personali». Quando si dice che le volpi finiscono in pellicceria.