la Repubblica, 1 marzo 2025
Europa, difendersi senza gli Usa costerebbe carissimo: 250 miliardi l’anno e altri 300mila soldati
L’onere delle armi: difendere l’Europa senza gli americani potrebbe essere veramente impegnativo e costare fino a 250 miliardi di euro l’anno. Da quando l’amministrazione Trump ha chiarito di non volersi più fare carico della protezione del Vecchio Continente, tutte le cancellerie dell’Ue e i comandi Nato stanno valutando come sostituire l’ombrello strategico fornito dalle forze armate americane. L’unica certezza è che sarebbe molto più facile affrontare questa prospettiva in modo unitario, creando cioè un vero esercito europeo che colmi il vuoto statunitense o quantomeno un coordinamento dei programmi.
Il think tank Bruegel e il Kiel Institute for the World Economy hanno elaborato uno studio con spunti interessanti. Oggi sul nostro lato dell’Atlantico ci sono 100 mila soldati americani, che verrebbero raggiunti da altri 200 mila in caso di conflitto. L’Ue e la Gran Bretagna – secondo il rapporto Sipri – hanno in servizio 1,47 milioni di militari: sarebbero più che sufficienti a tenere a bada le ambizioni di Putin, visto che possono contare su una superiorità nel settore aereo, ma la loro capacità operativa è estremamente ridotta perché sono divisi tra le 28 nazioni, con un proliferare di gerarchie e con equipaggiamenti quasi sempre eterogenei. Da qui la necessità di aumentarli.
Quanto ai mezzi, il rapporto prospetta di incrementare le unità terrestri comprando 1.400 tank, duemila cingolati da combattimento, 700 tra cannoni pesanti e lanciarazzi multipli. Si tratta di un numero di veicoli corazzati superiore a quelli esistenti complessivamente negli eserciti francese, tedesco, britannico e italiano. Inoltre dovrebbero avere scorte di munizioni sufficienti per novanta giorni di scontri ad alta intensità: solo per l’artiglieria significa una scorta di un milione di proiettili da 155 millimetri. Vanno poi previsti stanziamenti per gli stipendi dei nuovi soldati professionisti – attualmente nessuno prende in considerazione un ritorno alla leva obbligatoria –, per l’addestramento e per la costruzione delle caserme.
Ci sono altri settori chiave dove la dipendenza dagli Usa è elevata: gli aerei da trasporto e da rifornimento in volo; i missili contraerei e quelli d’attacco a lungo raggio; le comunicazioni satellitari e l’intelligence strategica condotta con i velivoli spia o dallo spazio. Oggi per l’acquisto di materiali – secondo la ricerca – i Paesi della Ue spendono lo 0,7 per cento del Pil. Soltanto Varsavia, che ha lanciato un clamoroso programma di riarmo, dedica il 70 per cento dei nuovi finanziamenti allo shopping bellico.
Insomma, quale sarebbe il preventivo totale per fronteggiare l’addio all’Europa ventilato dalla Casa Bianca? Bruegel e Kiel Institute reputano che ci vorrebbero 250 miliardi l’anno per un quinquennio e che la sostituzione degli americani comporterebbe la crescita dei bilanci della Difesa fino al 3,5 % del Prodotto Interno Lordo: per un Paese come l’Italia significherebbe raddoppiare la spesa militare.
Un modo di limare questi preventivi è centralizzare le commesse. Ad esempio considerando il prezzo di un Leopard II pari a 28 milioni per averne 1.400 bisognerebbe sborsare 40 miliardi ma la produzione di massa farebbe calare il costo unitario. E se gli ordini fossero gestiti centralmente a livello Ue il costo sarebbe ancora più basso. Il dossier propone quindi una soluzione mista. Dividere il salasso tra i bilanci nazionali e quello dell’Unione, in modo da uniformare i modelli e ridurre i prezzi: i mezzi sarebbero poi distribuiti ai 27 eserciti secondo parametri da concordare ma comunque in proporzione all’impegno dei singoli Paesi.
C’è da dire che la ricerca non tiene conto di alcuni fattori. Ad esempio il governo Meloni ha già deciso un piano per acquisire 280 tank e oltre 1000 cingolati da combattimento: un investimento da 23 miliardi approvato dal Parlamento. E tutti gli eserciti hanno già ordinato nuove batterie di missili antiaerei. Questo non inficia la valutazione complessiva del rapporto Bruegel-Kiel Institute: i sistemi più dispendiosi sono i satelliti e i velivoli radar, che possono arrivare a mezzo miliardo l’uno. E su tutti i progetti hitech l’Europa tende ad agire in ordine sparso: oggi si stanno disegnando due caccia di sesta generazione – uno franco-tedesco; l’altro italo-britannico-nipponico – ciascuno dei quali richiederà almeno trenta miliardi solo per arrivare ai prototipi. Un grande spreco, retaggio di tutte le antiche gelosie nazionali.