la Repubblica, 1 marzo 2025
I ricercatori Usa: “Data center dell’IA consumano acqua come Nazioni”. Le risposte delle aziende
L’intelligenza artificiale beve, e sottrae all’ambiente, quantità esorbitanti di acqua potabile, pari a quella che alcune grandi Nazioni consumano in un intero anno.
E uno studio delle Università di Arlington in Texas e Riverside in California (Stati Uniti) sostiene ora che l’impiego d’acqua è destinato ad aumentare ulteriormente.
I giganti dell’IA hanno degli enormi data center. Queste strutture (i data center) custodiscono sofisticati computer (i server, fino a 5.000, a volte) che allenano gli algoritmi nell’elaborazione delle informazioni.
Il processo porta gli algoritmi ad emulare – come vediamo tutti i giorni – il ragionamento degli umani.
Tanta energia
Ora, i data center (estesi in alcuni casi per 10.000 metri quadri) hanno bisogno di tanta energia elettrica, per funzionare. E l’energia, soprattutto in Paesi come gli Stati Uniti, si produce impiegando l’acqua: quella necessaria a far girare le turbine delle centrali.
Ma i data center bevono acqua per un secondo motivo: devono operare in un ambiente umido e al riparo dal calore, che dunque viene tenuto stabilmente a 45 gradi, in alcuni casi anche a molto meno.
In genere, i data center dispongono di un sistema – detto a doppio circuito, simile a quello delle centrali nucleari – che garantisce il raffreddamento, facendo leva proprio all’acqua. Tanta, tantissima acqua.
700.000 litri
Lo studio di quattro ricercatori – delle università di Arlington in Texas e Riverside in California – stima che OpenAI ha impiegato 700.000 litri di acqua dolce pulita soltanto per la formazione di GPT-3 e nei soli data center.
Parliamo del modello linguistico del 2020 che è ormai un rottame dell’IA, largamente superato.
Tre anni dopo, nel 2023, Google ha avuto più sete di uno dei più grandi produttori di bevande: ha usato, cioè, acqua in quantità superiore alla Pepsi.
29 miliardi
In sostanza, i soli data center di Google – casa madre dell’intelligenza artificiale Gemini – hanno avuto a disposizione 29 miliardi di litri di acqua consumandone la quasi totalità (23 miliardi) per il raffreddamento.
Il consumo di acqua di Google è aumentato del 20% (tra il 2021 e il 2022) e di un ulteriore 17% (dal 2022 al 2023). Negli stessi periodi, la crescita per Microsoft è stata del 34 e del 22%.
E il futuro, nel pieno dei cambiamenti climatici e mentre alcune parti del mondo sono funestate dalla siccità, sarà soggetto a nuovi aumenti.
Quanto la Danimarca
Lo studio valuta che i giganti mondiali dell’intelligenza artificiale, nel 2027, avranno bisogno di una quantità di acqua pari a quattro volte, forse addirittura a sei volte quella che la Danimarca consuma in un intero anno.
Parliamo di almeno 4,2 miliardi di metri cubi di acqua (metri cubi); di 6 miliardi di metri cubi, nella più funesta.
Nel 2028 il fabbisogno idrico dei soli data center statunitensi può quantomeno raddoppiare rispetto al 2023.
Una sottovaluazione
In questo scenario, lo studio denuncia una sottovalutazione. Se l’impatto dell’intelligenza artificiale sui consumi energetici è un tema molto dibattuto, invece l’impatto sulle riserve idriche non viene discusso.
I quattro ricercatori propongono allora delle soluzioni. Chiedono intanto la più totale trasparenza sui consumi di acqua che l’intelligenza artificiale causa oggi e che causerà nel prossimo futuro.
Chiedono anche che i colossi dell’intelligenza artificiale chiariscano la loro strategia. Spesso collocano i data center in zone molto assolate. In questo modo, riescono ad alimentarli con sistemi ecologici (i pannelli solari).
Le aree assolate
Nello stesso tempo, le aree assolate riscaldano di più i data center richiedendo un maggiore consumo di acqua nella struttura, per il raffreddamento.
I ricercatori chiedono infine che si moltiplichino realtà come quella che Google ha creato in Finlandia ad Hamina fin dal 2009.
L’impianto – che è tra Helsinki e San Pietroburgo – si trova sul Golfo di Finlandia e attinge largamente alle risorse idriche del mare.
Solo una vera strategia ambientalista dei giganti dell’IA – sostengono i quattro ricercatori – può rendere credibile il loro impegno.
Aziende come Amazon, Google, la stessa Microsoft assicurano che produrranno più acqua (ad esempio liberando dal sale la marina) di quella che consumano. Questo, entro il 2030.