Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  febbraio 28 Venerdì calendario

Helen Mirren: “L’America è dei migranti, chiudere i confini è un’offesa alla Storia”

«Buongiorno», saluta in italiano Helen Mirren collegandosi da Londra. Questi sono i sei mesi che l’attrice premio Oscar, ottant’anni a luglio, trascorre in Inghilterra, negli altri sei si trasferisce nella sua masseria pugliese di Tiggiano. Una filmografia da 150 titoli, autori come Robert Altman e Stephen Frears, Mirren è tornata nel ruolo di Cara Dutton, matriarca di 1923, la serie western su Paramount+, filo di un faticoso intreccio che ha il suo prequel in 1883 e il suo sequel in Yellowstone, con Kevin Costner.
Per attivare l’iscrizione alla newsletter The dreamers, dedicata al cinema e alle serie tv, clicca qui
La seconda stagione di 1923 tiene insieme la storia di una famiglia e temi universali, la lotta fra colonizzatori e nativi, tra chi vorrebbe arricchirsi a danno della natura selvaggia e chi difende un ambiente incontaminato, lo scontro tra vecchio e nuovo mondo. Mirren, al suo fianco Harrison Ford, domina questo panorama e presto ne dominerà altri perché ha sei progetti per il 2025, tra i quali il nuovo thriller di Guy Ritchie e Switzerland di Anton Corbijn, in cui sarà Patricia Highsmith.
“1923” è una celebrazione della forza degli immigrati che hanno edificato l’America. Ora che gli Usa chiudono le porte cosa prova?
«È dura da accettare, ma tutti gli immigrati non vogliono gli immigrati. Ho conosciuto il grande sindacalista americano César Chávez, scomparso nel 1993 e fondatore dell’Associazione nazionale dei lavoratori agricoli, in cui gli iscritti erano tutti latinos, immigrati legali e illegali arrivati negli Stati Uniti per lavorare nei campi e che hanno costituito l’ossatura dell’industria agricola americana. Chávez mi raccontava che fu difficilissimo convincerli a unirsi in un sindacato e l’unico modo fu attraverso l’idea di opporsi, compatti, all’ingresso di altri immigrati. Il pensiero prevalente è “noi ce l’abbiamo fatta, non ne servono altri”».
Nella sua famiglia c’è una storia di immigrazione.
«Mio padre era fuggito dalla Russia durante la rivoluzione. Io sono cresciuta come “figlia di un immigrato” e so cosa significhi avere un biglietto di sola andata, senza possibilità di tornare nel proprio Paese. Sai di poter solo andare avanti, è bandita la nostalgia di un passato al quale non avrai più accesso. Come il personaggio di Cara Dutton, che si concentra sul presente, confida nel futuro e non si volta indietro. Per milioni di anni gli uomini si sono mossi sulla terra, io sono ciò che sono perché ho sangue vichingo nelle vene. Siamo tutti una bella miscela di cose diverse. Comprendo anche la pressione economica che l’immigrazione crea, ma occorre una visione di insieme nella storia dell’umanità».
Quali sono i pregi di Cara?
«Proprio il fatto che sia un’immigrata. Che sia arrivata in America, in un ambiente che non è quello in cui è nata e cresciuta. La immaginiamo in una famiglia contadina irlandese, vittima della carestia che in Irlanda, all’epoca, fu terribile. Si è imbarcata, giovane donna piena di coraggio, e ha trovato il suo compagno di vita in Jacob Dutton. Insieme hanno creato ciò che noi chiameremmo una squadra e affrontato la dura vita nel West».
Torniamo nel vecchio mondo. Qualche settimana fa è stata ospite di re Carlo per una cena italiana. Come cittadina britannica o come immigrata italiana?
«Sono stata invitata come cittadina britannica ma anche come italiana onoraria. Mi considero così: un’italiana onoraria. Come sapete passo molto del mio tempo in Italia, la mia priorità è sensibilizzare il governo di Roma sul dramma della xylella che sta massacrando gli ulivi del Salento. Mi sono resa conto che la maggioranza degli italiani non ne sa nulla, per non parlare del resto d’Europa. Ma per quell’area geografica è una tragedia, anche economica, immensa».
Dopo Virzì e Zalone tornerà a lavorare con autori italiani?
«Mi piacerebbe, il vostro cinema è da sempre un faro per quello mondiale. Se un regista italiano mi vuole in un suo film io ci sono, ma vorrei lavorare ancora con il mio amico Checco».
Avevate scherzato sull’età nel video “La vacinada”, in epoca Covid. Che rapporto ha con il tempo che passa?
«Non gli presto attenzione. Non ho mai dato troppa importanza ai compleanni. Ci sono momenti significativi nella vita delle persone ma quei passaggi cruciali, nella mia vita, non sono mai stati collegati a un compleanno».