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 2025  marzo 01 Sabato calendario

Cos’è il «luxury shame» e cosa c’entra con la crisi del lusso

È un periodo complicato per i brand del lusso. Nel 2024 – secondo l’Osservatorio Altagamma – il mercato globale del lusso ha registrato un calo del 2%, attestandosi a 1.478 miliardi contro i 1.500 del 2023. E il 2025 non si preannuncia brillante. Le stime di Altagamma indicano, infatti, una crescita moderata, che in Europa dovrebbe attestarsi intorno al 2%, grazie soprattutto al contributo dei turisti internazionali, e in Asia dovrebbe raggiungere il 3%.
Il turnover nelle aziende, da Gucci a Ferragamo
Una conferma della situazione di complessiva difficoltà arriva dalle aziende, che negli ultimi tempi hanno registrato un turnover frenetico nei ruoli chiave.
Così, per esempio, Gucci ha di recente annunciato l’uscita del direttore creativo, Sabato De Sarno, e Dior quella di Kim Jones, a lungo a capo del menswear. Ferragamo ha, invece, “chiuso” con Marco Gobetti, che dal 2022 ricopriva la posizione di amministratore delegato.
Insomma, un chiaro segnale che – al di là delle singole situazioni – qualcosa, nel sistema, non funziona.
Cosa è successo?
Quali sono i motivi alla base di questa condizione? Che cosa è successo? A livello internazionale pesa il contesto geopolitico ed economico, che appare tuttora incerto e instabile.
Pesa, in particolare, l’andamento del mercato cinese, che – dopo un lungo ciclo espansivo – mostra ora tassi di crescita limitati. Un fenomeno che si deve a un mix di fattori, dalla crisi immobiliare, che ha inciso sulla fiducia dei consumatori, all’aumento del tasso di disoccupazione giovanile.
Senza contare l’effetto «luxury shame», per cui le persone benestanti si vergognano di mostrare in pubblico la propria agiatezza, nel timore di essere giudicate male, se non maltrattate, da coloro che non posseggono il medesimo patrimonio.
Il rialzo dei prezzi
Vi è poi il tema, non secondario, della politica di aumento dei listini  portata avanti da molti brand.
In base alle indicazioni di HSBC, dal 2019 al 2024 il prezzo dei prodotti del lusso è salito, in media, del 54%. Il rialzo è particolarmente significativo per gli accessori, quali la piccola pelletteria (i portafogli, i portamonete o i portacarte) e le borse. Così, per esempio, l’iconica borsa di Chanel modello 2.55 è passata da 5.800 a 11.100 euro mentre il bauletto di Louis Vuitton in tela Damier ha raddoppiato il prezzo, da 800 euro a 1.600.
Tale approccio ha consentito di incrementare i fatturati e i  margini. Tuttavia ha anche progressivamente tagliato fuori un segmento significativo di consumatori.
La polarizzazione tra lusso accessibile ed esclusivo
Allo stato attuale, il mercato del lusso appare, dunque, polarizzato. Da una parte c’è il lusso accessibile, aspirazionale. Qui troviamo la cosmetica (profumi, make up, creme viso) e gli occhiali ma anche l’hospitality. Si tratta di bar, ristoranti e caffetterie griffati, come quelli che Louis Vuitton aprirà a Milano in collaborazione con la famiglia Cerea di Da Vittorio. Di fatto questi prodotti o servizi permettono ai consumatori di sentirsi parte del mondo della marca, senza spendere una fortuna.
Dall’altra parte c’è il lusso esclusivo, con prodotti su misura, di qualità eccellente, e servizi di altissimo livello. È il caso, per esempio, della linea di alta gioielleria di Tiffany oppure della collezione di Phoebe Philo, designer inglese che – dopo essere stata a capo di Celine – ha aperto il proprio brand. Qui il target è costituito dagli Ultra High Net Worth Individual, con un patrimonio netto superiore ai 30 milioni di dollari. Un gruppo numericamente limitato, pari a circa il 2% del totale dei clienti luxury, che però canalizza il 40% del totale delle vendite dei prodotti/servizi di lusso.