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 2025  marzo 01 Sabato calendario

Sicilia: i vecchi boss comandano ancora (e la politica li segue)

“Loro non vogliono cambiare, loro non cambiano, non cambiano…”. Era il 1992 quando Rosaria Costa, vedova dell’agente di scorta Vito Schifani, morto nella strage di Capaci, pronunciò un lungo discorso contro i mafiosi durante la messa funebre del marito e dei giudici Giovanni Falcone e Francesca Morvillo. La mafia ha cambiato pelle molte volte, come i “gattopardi”, si è adattata al contesto sociale, economico e politico. Restando sempre mafia. È vero, ci sono stati molti pentiti, eppure il fascino e il potere dei boss continua a tenere in soggezione intere periferie, quartieri e rioni. Negli ultimi anni, le numerose inchieste delle procure distrettuali antimafia siciliane hanno evidenziato il ruolo degli anziani boss, tornati al comando dopo la detenzione. Hanno destato scalpore negli anni 90 i casi di Totuccio Contorno e Balduccio Di Maggio, diventati collaboratori di giustizia e rimessi in libertà, per poi essere ancora arrestati per estorsione e omicidi. Oggi invece, è una consuetudine. L’anziano 83enne Francesco Bonura, dopo quasi 20 anni di carcere, quando lo ha lasciato non ha cambiato la sua vita. “Come nasciamo dobbiamo morire”, dice Bonura a un altro della vecchia guardia, il 72enne Girolamo Buscemi, detto “Mummino”, referente del mandamento di Passo di Rigano. Persino l’83enne Salvatore ‘Sal’ Catalano, dopo 25 anni trascorsi nei penitenziari degli Stati Uniti per la condanna nell’operazione Pizza Connection, quando è stato espulso ed è tornato nella sua vecchia isola, ha continuato a essere mafioso. E così anche Settimo Mineo (80 anni), Giuseppe Guttadauro (74 anni), Mario Marchese (77 anni), Gregorio Agrigento (81 anni), Francesco D’Agata (83 anni) e Sebastiano Gurdone (71 anni). Tutti boss scarcerati e poi nuovamente arrestati.
“La mafia non è invincibile”, diceva Giovanni Falcone, ha “un inizio e una fine”. Eppure, in questa Sicilia che non vuole cambiare, i vecchi mafiosi continuano a comandare. Certo, c’è più consapevolezza nella lotta alla mafia, ma quanti imprenditori denunciano estorsioni e pizzo? Molto pochi. Anzi, spesso e volentieri vanno a chiedere ai mafiosi “l’aiuto” per avere l’appalto. Persino le istituzioni sono sempre più spesso impregnate di mafia. Perché se è una consuetudine veder tornare al comando i vecchi boss, continua a esserlo per i politici che fanno a gara per chiedere i loro voti. Come l’ex sottosegretario Antonio D’Alì che ha dettato legge nel Trapanese sotto l’ala protettrice della famiglia Messina Denaro. E l’ultimo caso, quello del deputato regionale Giuseppe Castiglione (Mpa), componente della commissione regionale Antimafia, che sarebbe andato a braccetto con gli affiliati del clan Ercolano-Santapaola. Prima di lui ci sono stati l’ex assessore regionale Pippo Sorbello (Mpa), il candidato alle Comunali di Palermo, Mimmo Russo (FdI); il candidato alle regionali Vittorio Di Natale (FI); il sindaco di Tremestieri, Santi Rando; l’ex deputato Antonino Papania (ex Margherita e Pd) e il sindaco di Paternò, Antonino Naso. Tutti politici che sarebbero stati sostenuti dai mafiosi. Usiamo il condizionale, perché c’è sempre la presunzione di innocenza fino al terzo grado di giudizio. Ma come i mafiosi usciti dal carcere che tornano a fare i mafiosi, anche i politici dopo aver scontato la pena riprendono da dove hanno lasciato. Se l’ex governatore Raffaele Lombardo può vantare l’assoluzione piena, non si può dire lo stesso per Marcello Dell’Utri, che dopo 7 anni di detenzione è tornato a essere il fidato consigliere anziano di Forza Italia, e l’ex governatore Totò Cuffaro, che ha scontato 5 anni ed è stato riabilitato dal Tribunale di Palermo, oggi ha ridato vita alla Democrazia cristiana. Perché in Sicilia non si cambia mai. “Cu nasci tunnu, un pò moriri quatratu”.