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 2025  febbraio 28 Venerdì calendario

“Coni, prorogate Malagò”: le firme però sono false

Una carnevalata, per prenderla alla leggera, visto il periodo. O un grave scivolone istituzionale, ai limiti del falso, se dovessimo rimanere seri come la vicenda richiede. La petizione pro-Malagò – un documento ufficiale in cui il movimento domandava al governo il quarto mandato per il presidente del Coni – si è rivelata una patacca. Con diversi presidenti federali firmatari a loro insaputa, che si smarcano uno dopo l’altro, con tanto di smentita pubblica e figuraccia finale.
I fatti. Giovedì mattina viene divulgata una lettera partita in direzione Palazzo Chigi che chiede a nome del mondo dello sport di equiparare il Comitato Olimpico alle Federazioni, così da permettere la ricandidatura di Malagò, che altrimenti a giugno dovrebbe lasciare il suo incarico. Nell’iniziativa non sono coinvolti soltanto gli enti pubblici (Aeroclub, Autoclub e Tiro a segno, quest’ultimi due peraltro commissariati), il nemico storico Angelo Binaghi (tennis), insieme a Paolo Barelli (nuoto) e Maurizio Casasco (medici sportivi) con la scusa che sono parlamentari, e un unico non aderente, Angelo Cito (taekwondo), così si arriva a ben 43 firmatari. La richiesta, insomma, sembra forte e unanime, rimbalza sui principali siti e quotidiani, e mette in difficoltà il governo, intenzionato a far rispettare la legge sul limite di tre mandati. Tanto che il ministro Abodi è costretto a intervenire, un po’ imbarazzato: “Non mi sembra una novità, il mondo sportivo è molto più di 43 presidenti”.
Il problema è che i presidenti non sono davvero 43. “Io non ho firmato un bel niente”: la voce si diffonde insistente col passare delle ore e il documento si trasforma prima in un giallo, poi in un autentico autogol. Come raccontano i ben informati, la regia dell’operazione è dell’ex sindacalista Sergio D’Antoni, n.1 del Comitato Sicilia, da tempo assurto a consigliori del presidente del Coni, che non è nuovo a questo genere di iniziative: già in passato ad esempio aveva orchestrato iniziative del genere. Stavolta ha preparato e inviato il documento ai presidenti federali, licenziandolo poi a nome di tutti. Ma se i fedelissimi di Malagò – i vari Petrucci (basket), Di Paola (equitazione), Mei (atletica) e altri peones – erano effettivamente d’accordo lo stesso non vale per altri, che la lettera l’avevano solo ricevuta, magari letta a malapena, e certamente non avevano fornito alcun tipo di adesione esplicita.
La chat dei presidenti va in ebollizione, ora dopo ora, in privato o proprio in pubblico, in tanti cominciano a smarcarsi. Il primo è Fabrizio Bittner (pentathlon), che da responsabile Sport di Forza Italia e collega di Barelli del resto non avrebbe mai potuto condividere, e spiega: “Ho ricevuto una telefonata, che mi anticipava l’arrivo di questa lettera, e mi diceva che se fossi stato d’accordo l’avrei restituita firmata. Ho scorso la lettera velocemente, ho capito di cosa si trattava e ho chiuso. Come sia comparso il mio nome lì non lo so”. Così il decano Sabatino Aracu, pattinaggio: “Non ho mai dato il mio personale assenso”. E poi pallavolo, rugby, baseball, sci nautico, tiro con l’arco, judo, le smentite si moltiplicano. Tutti allibiti, per non dire proprio infastiditi. Il n.1 del pugilato, Flavio D’Ambrosi, che da vicequestore è anche un uomo di legge, non la prende tanto a ridere: “Se trovo la mia firma lì sotto li denuncio”. Difficile quantificare, i firmatari a loro insaputa potrebbero essere persino più di quelli effettivi. Tanto che per salvare la faccia al capo anche D’Antoni alla fine è costretto a fare marcia indietro: “Malagò non c’entra, ci deve essere stato un equivoco, avrò capito male io”. Almeno a qualcosa però la sua iniziativa è servita: a certificare che nemmeno tutto lo sport vuole più Malagò.