La Stampa, 27 febbraio 2025
Saman Abbas, oggi a Bologna il processo d’appello: in aula i genitori condannati all’ergastolo
La madre e il padre della giovane uccisa a Novellara nel 2021, in carcere insieme allo zio, si sono rivisti dopo molto tempo e vorrebbero presentare dichiarazioni spontanee. In tribunale anche i cugini della vittima.
Oggi a Bologna è iniziato il processo d’appello contro una famiglia accusata di omicidio. Dell’omicidio di Saman Abbas, che aveva 18 anni quando, il 30 aprile 2021, è stata uccisa. È passato poi un anno e mezzo prima che il suo cadavere venisse scoperto sotto terra, con i segni di strangolamento addosso. Quella sera la sua famiglia si diede interamente alla fuga.
Oggi due di loro sono in carcere. Sono il padre e la madre. Si chiamano Shabbar Abbas e Nazia Shaheen, hanno preso l’ergastolo in primo grado. Si sono appena visti in faccia dopo molto tempo. E vogliono raccontare la loro versione. Il terzo membro della famiglia coinvolto è sempre in carcere, ha preso 14 anni, ed è lo zio della vittima, Danish Hansain. Altri due vivono liberi nel posto in cui tutto è successo, le campagne di Novellara, Reggio Emilia. Sperano di non essere tirati di nuovo in ballo, dopo l’assoluzione. Sono i cugini Noumanoulaq Noumanoulaq e Ikram Ijaz. Poi c’è il fratello minore, Alì Haider, che sembrò compiere uno sforzo immane per testimoniare la colpevolezza di tutti ma non fu ritenuto attendibile. Vuole testimoniare ancora.
L’arrivo in tribunale
Tutti e cinque i familiari coinvolti sono in aula. La madre Nazia Shaheen ha attraversato il cortile della Corte di appello di Bologna a capo chino, scortata dalla polizia penitenziaria e assediata da telecamere e fotografi. Si trova per la prima volta in un’aula di tribunale dopo l’estradizione dal Pakistan, lo scorso agosto, e rimane a lungo seduta a testa bassa, con le mani sul volto, anche quando può vedere dopo lungo tempo il marito Shabbar Abbas entrare nell’aula Bachelet e prendere posto nella gabbia dalla parte opposta alla sua.
La madre di Saman indossa un abito tradizionale scuro, un velo a coprire la testa e parte del volto, una mascherina chirurgica. Il padre ha un giaccone verde, anche lui prima di entrare nell’aula tiene il cappuccio in testa. Per la prima udienza del processo di appello sull’omicidio della 18enne di Novellara sono presenti tutti e cinque i familiari coinvolti. Oltre ai due genitori, anche lo zio, che arriva con la penitenziaria, e i due cugini, a piede libero dopo l’assoluzione della Corte di assise di Reggio Emilia.
La sentenza firmata dalle giudici Cristina Beretti e Michela Caputo il 29 aprile 2024 ha imposto una verità diversa da quanto ricostruito dalla Procura di Reggio Emilia, dai carabinieri, dal testimone Alì Haider (fratello di Saman) e da parte delle perizie tecniche. Per l’accusa Saman era stata condannata a morte con premeditazione dai parenti perché ripetutamente si era opposta ai dogmi da società arcaica che questi volevano imporle. Impedendole, nello specifico, di uscire, andare a scuola, avere un fidanzato. E, su mandato dei genitori, era stata bloccata dai due cugini e strangolata dallo zio, per essere poi seppellita da questi tre uomini in una buca che avevano scavato in precedenza, all’interno di un casolare abbandonato dell’azienda agricola in cui lavoravano.
Il tribunale, invece, ha stabilito che non ci fu premeditazione. Che a scatenare l’ira della famiglia fu la visione di una fotografia pubblicata sui social in cui Saman baciava il fidanzato di allora. Che non ci fossero prove che i cugini Noumanoulaq Noumanoulaq e Ikram Ijaz avessero partecipato al crimine e che, per quanto si vedeva dalle telecamere esterne alla casa in cui vivevano gli Abbas, la madre Nazia potesse essere l’esecutrice materiale di un crimine in cui certamente avevano avuto un ruolo attivo e determinante anche il padre Shabbar e lo zio Danish.
Questa sentenza ha portato tutte le parti coinvolte a presentare ricorso. La Procura insiste sul fatto che l’omicidio di Saman è stato premeditato. Per dimostrarlo, vuole che sia riascoltato Alì Haider, fratello della ragazza, e che il suo racconto della riunione famigliare in cui si decise di uccidere Saman, nonché il suo riconoscimento dei due cugini e dello zio che attendevano la ragazza per un agguato nell’ombra delle serre agricole, mentre i genitori l’accompagnavano alla trappola, sia ritenuto attendibile. L’ufficio del procuratore Paci ha presentato una nuova ricostruzione video in cui potrebbe rafforzarsi la tesi per cui, se la madre Nazia lasciò Saman incamminarsi con il padre verso il punto in cui secondo il fratello la attendevano i cugini e lo zio per ucciderla, e poi si vede la donna tornare in casa, è difficile che abbia fatto in tempo a fuggire fuori senza essere filmata e partecipare all’esecuzione materiale del delitto.
Infine, ci sarebbe una perizia meteorologica sulla notte del 30 aprile che probabilmente punta a dimostrare che la buca sia stata scavata prima dell’omicidio e non dopo.
I genitori
La difesa del padre Shabbar Abbas ha insistito sulla sua totale estraneità ai fatti e sull’importanza a livello emotivo che avrà per lui la possibilità di rivedere oggi in aula per la prima volta dopo tanto tempo la moglie Nazia. La sua difesa del bracciante, che alcuni testimoni hanno descritto come alcolizzato e violento, ha commissionato un parere tecnico che punta a smentire che l’oggetto che lo si vede afferrare quando rientra a casa, nei video di sorveglianza, dopo essersi incamminato nel buio in compagnia di Saman, sia lo zainetto che la giovane portava in spalla nella sequenza precedente, quando i due si incamminano verso la morte di lei.
Sia Shabbar che Nazia intenderebbero presentare dichiarazioni spontanee. Sarebbero le prime per lei, semianalfabeta, segregata in casa a Novellara dal marito, ma capace di una latitanza di tre anni e tre mesi in Pakistan, prima dell’estradizione in Italia, a processo concluso e a condanna comminata.
Nelle intercettazioni telefoniche agli atti c’è anche lo zio Danish, che nel processo intenderebbe sostenere di aver appreso del delitto solo dopo che era stato consumato. È stato lui a indicare il luogo di occultamento del cadavere, dopo che suo fratello Shabbar era stato arrestato in Pakistan. Ora è pronto ad accusarlo direttamente? Chiamerà in causa i cugini?