Avvenire, 27 febbraio 2025
I tagli di Trump. Sospensione delle attività per il 67% delle ong di tutto il mondo
Le previsioni segnalano «un impatto devastante» per l’assistenza umanitaria dall’Africa all’Asia a sei settimane dall’ordine esecutivo del presidente Usa Sta arrivando l’onda lunga che spiana tutto ciò che trova sulla sua strada, anche negli angoli più remoti del pianeta, nei villaggi e nei dispensari medici più sperduti, fra le comunità più fragili: sono passate sei settimane dall’ordine esecutivo con cui il presidente Donald Trump ha sospeso (per tre mesi) l’erogazione degli aiuti esteri allo sviluppo degli Stati Uniti, in attesa di valutare la loro «efficienza programmatica e la coerenza con la politica estera» nazionale. Con i circa 72 miliardi di dollari spesi per l’assistenza umanitaria nel 2023, si tratta del più grande donatore singolo al mondo (l’aiuto pubblico allo sviluppo dell’Ue nello stesso anno arrivava – però collettivamente – a 95,9 miliardi di euro).
Un sondaggio globale sulle conseguenze per Ong piccole e grandi è stato realizzato nella prima settimana di febbraio dall’International Council of Voluntary Agencies (Icva) di Ginevra, rete di oltre 170 organizzazioni non governative che operano a livello sovranazionale, nazionale, regionale e locale, per il 50% con sede principale nel Sud del mondo. All’indagine hanno partecipato 246 Ong, di cui 167 finanziate da Usaid, l’agenzia statunitense per lo sviluppo internazionale ora smantellata dall’amministrazione Trump. Complessivamente, il 67% ha ricevuto ordini di sospensione dei lavori, con un «impatto devastante e su vasta scala, forti riduzioni dei servizi essenziali e salvavita, del sostegno alla protezione e al reinsediamento che hanno conseguenze su milioni di persone, erosione della fiducia e della credibilità nelle comunità e nelle autorità», scrivono i curatori dello studio.
Per quattro Ong su dieci, gli ordini di interruzione dei lavori hanno colpito finanziamenti del valore pari o superiore a 1 milione di dollari. «Il governo degli Stati Uniti deve milioni di rimborsi alle Ong, che quindi hanno liquidità limitata o nulla» proseguono i ricercatori. E, malgrado in teoria esisterebbero esenzioni al congelamento degli aiuti, dai partecipanti al sondaggio viene data notizia di trattamenti medici salvavita interrotti, stop dei servizi di prevenzione di colera, malaria e HIV, e centri di alimentazione terapeutica che hanno cessato le operazioni. Intanto, il 56% delle Ong dichiara di essere già alla ricerca di finanziamenti alternativi, ma «la crescente competizione per le risorse rimanenti dei donatori è una preoccupazione».
L’indagine dà spazio anche ai racconti in arrivo dalle singole realtà umanitarie, che descrivono cosa sta accadendo. Così ad esempio un’organizzazione che opera su base nazionale in Asia riferisce di un «improvviso arresto del supporto salvavita a oltre 3 milioni di sfollati interni nel nostro Paese». Un’altra, da una regione africana, segnala: «Il 68% dei destinatari (dei trattamenti per tubercolosi e HIV) ha iniziato a cercare e usare rimedi casalinghi o d’erbe».
Una Ong internazionale fa notare una drammatica coincidenza: «Abbiamo sospeso le attività nella Repubblica Democratica del Congo proprio in contemporanea all’escalation della crisi (in quel Paese)». E un’altra aggiunge: «Abbiamo dovuto licenziare centinaia di dipendenti. Il che significa che non siamo presenti sul campo nelle crisi chiave, tra Ciad, Sud Sudan e Colombia, dove già ci sono troppo poca attenzione, troppo poco personale, troppo poche risorse. È una situazione disperata».