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 2025  febbraio 26 Mercoledì calendario

Biografia di Mauro della Porta Raffo (aggiornata da lui stesso)

mauro della porta raffo
biografia aggiornata al 25 febbraio 2025
29534esimo giorno di vita
nomi battesimali
- mauro maria romano
cognomi anagrafici
- della porta rodiani carrara raffo
 
casati ulteriori (dei quali si tratterà più articolatamente negli apparati):
per parte degli ascendenti del ramo materno del padre (la madre del quale, gina, era una zavagli ricciardelli delle caminate)
- i bontemps de montreuil
(nobile famiglia lorenese che in italia si è illustrata nell’avo diretto appunto carlo bontemps de montreuil, capitano combattente nella seconda e terza guerra di indipendenza, il cui busto è esposto al gianicolo, padre della bisnonna corinna consorte di omero raffo)
per parte degli ascendenti del ramo paterno della madre (la cui genitrice, giorgia detta ‘giorgina’, apparteneva ai nobili giorgi di antica provenienza albanese)
- i pfyffer von altishofen
(aristocratica famiglia lucernese che nel cinquecento dette i natali a ludwig appunto pfyffer von altishofen – antenato diretto dell’ava ginevra, nonna di enrico della porta – difensore del cattolicesimo, storicamente considerato ‘il re degli svizzeri’, e consesso i cui esponenti hanno successivamente più volte ricoperto il ruolo di capitano delle guardie pontificie)
origini romane
(tramite giulio savelli, nominato a piacenza, città alla cui difesa era stato demandato dal senato romano, conte della porta da carlo magno nell’anno 800)
nella antichissima
- casata savelli,
(in lunga lotta con alterne fortune per il dominio della città eterna con i colonna, gli annibaldi, i caetani e gli orsini, non pochi tra i cui esponenti arrivati nel tempo al soglio pontificio)
nato a roma il 17 aprile del 1944,
assai felicemente vivente in varese dall’inverno 1946/47,
operatore culturale assolutamente tra i massimi, testimone del tempo,
dopo lunghi anni di apprendistato – anni alternativamente costretti e scapestrati – oggi non da oggi saggista e narratore, noto e celebrato a livello nazionale e oltre per l’acribia che ne contraddistingue il tratto, rivendicando il fatto, incontestabile, di essere stato per alessandra e federica un padre di grande ispirazione e – quel che maggiormente conta – di essere per giulio e tommaso un nonno eccezionale, qui propone la propria
biografia
opera dell’ottimo
simone furfaro
di sua stessa mano aggiornata e rifinita nei tempi primi del 2025

 
altissimo funzionario ministeriale, oculato e solenne il nonno paterno, gino raffo bontemps de montreuil, ardimentoso capitano di lungo corso, scialacquatore di capitali e donnaiolo impenitente l’avo materno, enrico della porta rodiani carrara.
“è da questi due robusti, differenti (e simili?) tronchi che nascono manlio e anna maria, che, se non il destino, il caso volle si incontrassero a terracina.
fascista e pronto a menare le mani e imbracciare le armi per la patria (con la p maiuscola), il tenente manlio raffo bontemps de montreuil, romano, già volontario in albania e in grecia – fronte quest’ultimo dal quale era tornato semicongelato – era, nei primissimi mesi di quel notevole 1942, approdato nella predetta cittadina laziale per partecipare al corso ufficiali riservato a quanti nell’esercito avevano chiesto di essere inviati in russia per dare quello che si rivelerà un valorosissimo ma del tutto inutile apporto all’invasione germanica in atto.
incredibile, per il vero, che, al fine di abituare i soldati alle rigide temperature russe che li attendevano, l’alto comando avesse pensato di spedirli appunto a terracina, il cui clima era esattamente all’opposto.
per converso, anna maria – nata a genazzano, laddove la madre giorgina con i fratelli possedeva una villa a molti piani in collina, chiamata ‘il tofale’ in quanto sul tufo edificata – in quella località viveva da anni, avendo la genitrice, assente il marito impegnato in mare, colà in gestione un civettuolo e, per quei tempi, raro lido balneare.
un colpo di fulmine, un amore che fa superare i terribili e subito emersi contrasti di carattere, ed ecco che, nel momento in cui il colonnello comandante chiede agli ufficiali di confermare la propria decisione o di fare un passo in avanti, manlio, mettendo in opera il gesto, annuncia al mondo che non partirà per sposare pochi mesi dopo anna maria.
un atto deciso in piena coscienza, ma del quale, sono certo, non si darà mai pace (e, dio non voglia, la cui responsabilità vorrà a volte attribuire ad anna?).
cinquant’anni e passa di litigi feroci e di rappacificazioni altrettanto violente, tre figli a distanza di anni e, dopo un veloce passaggio a napoli e un secondo brevissimo momento a catania, l’amata varese”.
a varese si stabilirono nell’inverno 1946/47, quando il capofamiglia, nel frattempo divenuto direttore dell’ente provinciale per il turismo di catania, vi si fece trasferire “per far contenta mia madre, che odiava il clima, troppo caldo per lei, della sicilia”.
“ha inizio poi ufficialmente il 27 marzo 1947, giorno d’iscrizione all’anagrafe comunale, la lunga avventura dei della porta raffo nella città giardino”.
precocissimo l’amore per la lettura:
“tre anni e mezzo.
ma, se così si può dire, un segnale di passione per il genere letterario era venuto con largo anticipo.
alla vigilia di natale del ’44 – avevo otto mesi di vita – leggenda vuole che verseggiassi la seguente filastrocca, tra lo stupore dei presenti:
‘i due orsetti, appena desti,
l’un dell’altro più ghiottone,
si divoran lesti lesti
la lor prima colazione’.
fu l’esordio orale.
quello scritto, dico di lettura dei testi, avvenne sui romanzi di emilio salgàri.
non me ne sarebbe sfuggito alcuno, apocrifi compresi: centootto in tutto” (a massimo lodi).
“frequento le librerie da quando avevo pressappoco tre anni.
ricordo la vecchia pontiggia, che era un lungo budello, e quella, bella e molto ben frequentata, delle sorelle franchi, in corso matteotti.
ecco, in tutti i negozi di libri di varese mia madre era passata quando io avevo sette-otto anni e aveva detto:
‘mio figlio può venire, entrare, comprare tutti i libri che vuole: alla fine del mese io passo e saldo il conto’”.
ciononostante (forse o addirittura probabilmente per questo), sono sempre stato un disastro a scuola.
ma proprio un disastro.
anche sul piano disciplinare.
in seconda media, alla dante alighieri, toccai il record delle espulsioni dalla classe: centottanta, perfino due al giorno”.
ogni anno veniva quindi rimandato a ottobre (“tranne una volta: mi avevano bocciato a giugno”).
“le medie?
le ho cominciate quando la lingua straniera da studiare era il francese.
quando si ragionava in francese.
quattro anni (in terza mi hanno appunto bocciato) e ovunque, non solo a scuola, imperava l’inglese.
è in quel lasso di tempo – seconda metà dei cinquanta – che è cambiato il mondo”.
ben presto scoprì quella che sarebbe diventata una delle sue più grandi passioni, quasi una vocazione: quella per l’azzardo.
“come ho cominciato?
con le scommesse, le sere d’estate, in piazza monte grappa, la principale di varese.
si faceva a chi era capace di arrivare in bicicletta giù al lago senza toccare i freni, o si scommetteva di attraversare il lago stesso a nuoto di notte seguiti dalle barche con le torce dopo una bella abbuffata con relativa bevuta, o di arrivare in cima al campo dei fiori, sempre in bicicletta, indossando un paio di maglioni, il cappotto e il berretto di lana, in pieno agosto.
così ho cominciato”.
lo scarso rendimento scolastico e il temperamento indipendente al limite dell’anarchismo non gli preclusero comunque alcuna strada.
il daltonismo, invece, sì.
con suo sommo sollievo.
“pozzuoli – dove mio padre, non appena avevo assai faticosamente ottenuta la maturità scientifica, mi portò in visita alla accademia aeronautica – m’era a quel mentre nota per via di sofia loren, non certo per altro.
desiderava manlio, vattelappesca perché?, che frequentassi quel nobile istituto allo specifico scopo di entrare nel genio aeronautico appunto, la qual cosa implicava un terrificante corso quinquennale di ingegneria che sapevo benissimo mai sarei stato in grado di frequentare con un sia pur minimo, colà peraltro non ammesso, profitto.
tornato a varese in questa prospettiva, avendo poi effettivamente fatto domanda per essere accolto, fui un giorno convocato a milano, piazza ermete novelli 1, al colà esistente comando della aeronautica militare, per sostenere gli esami di attitudine fisica.
è proprio in palazzo novelli che ebbi quello che per come la vedevo io fu un vero colpo di fortuna.
andate bene praticamente tutte le prove, fui introdotto in una specie di laboratorio e collocato davanti a un microscopio, mi sembrava.
messo l’occhio – prima l’uno e poi l’altro – a guardare dentro, mi venne detto di seguire i continui spostamenti sopra e sotto di una assai simil-luce semaforica di volta in volta diversamente colorata, “dov’è il rosso? il verde? il blu?” e così via venendomi continuamente richiesto.
finito che fu l’esame, il medico che l’aveva eseguito mi disse – decisamente contrito, visto che immaginava che io volessi l’accademia con tutto me stesso – che poteva anticiparmi che essendo io risultato daltonico non se ne faceva nulla.
contento altroché invece, già mentre di lì a dieci minuti uscivo dal palazzo, mi chiedevo come mai non mi fossi mai accorto di quella mia pecca naturale.
verificabile solo con strumenti eccezionalmente accordati, mi fu in seguito assicurato da un oculista varesino dal quale mi ero subito recato quando tornato a casa.
daltonico?
ma va là, alla fin fine.
e comunque un difetto che, rilevato, aveva fatto sì che del genio e dell’accademia non si parlasse più”.
“mio fratello silvio, quando aveva sei anni, disse: ‘io da grande voglio fare l’insegnante e il poeta’.
e così è stato.
io non ho mai immaginato che cosa avrei intrapreso, e anzi ho lungamente teso a stancarmi e ad annoiarmi di ogni attività rapidamente.
quindi ho messo mano un po’ a tutto.
a ventiquattr’anni non compiuti ero già direttore dell’azienda di soggiorno cittadina e facevo lavorare gli altri, ovvio” (a stefano lorenzetto).
“laureato in seguito a una davvero lunga gavetta in giurisprudenza alla cattolica, lasciato l’incarico nell’ora detto ente pubblico, da patrocinatore legale, complice mio suocero, che era agente della reale mutua assicurazioni, sono stato costretto a occuparmi di liquidazioni di sinistri per tre anni.
un’esperienza abominevole.
nel 1978 ho detto ‘basta’ e sono diventato giocatore di carte professionista – e non solo: frequentavo con molta meno fortuna biliardi, casinò e bische varie.
di nascosto da mia moglie.
complice un amico del mestiere, le dissi allora che ero agente immobiliare.
quanto alle carte, uscivo di casa la mattina, andavo in via silvestro sanvito, nascondevo l’auto dietro la relativa costruzione e giocavo a pinella, una scala quaranta complicata allora in voga, con i clienti di un bar annesso a un frequentato distributore.
puntate da ventimila lire.
alla fine del mese – ricordavo perfettamente le giocate, e questo faceva la differenza – mettevo insieme un discreto stipendio…”.
“per all’incirca un decennio ho vissuto così: volutamente fuori da ogni realtà che non fosse connessa alle carte, al biliardo, alle corse dei cavalli, alla roulette.
salivo in macchina, mi davo un’occhiata dentro allo specchietto, una sistematina al nodo della cravatta, e come un impiegato mi recavo puntualmente ogni giorno sul posto di lavoro.
non necessariamente il casinò, ma anche case private, o scantinati dove si allestiva un tavolo.
come ho smesso, vale proprio la pena di raccontarlo.
venivo via dal casinò di campione, e avevo perso anche un bel po’ di soldi.
ero quasi alla frontiera: l’ultimo distributore di benzina a sinistra.
mentre mi fanno il pieno, vado alla toilette.
tirata fuori dal portafogli la carta d’identità, la strappo in quattro, e poi in otto, e poi ancora in sedici pezzettini, e quei sedici pezzettini di me li butto dentro il water e faccio scendere l’acqua.
‘adesso senza documenti nei casinò non puoi più entrare’, mi dico.
perché oramai non ero più ‘in gobba’, e non solo alla roulette, da troppo tempo.
‘hai chiuso lo studio, non lavori, in famiglia sembra non sappiano cosa fare di te’, mi ricordava ‘l’altro’ di me.
‘mauro, ci vuole una svolta, lo capisci?’, mi dicevo.
e la svolta arrivò”.
dal 1992 – trascorsi qua e là (e a como, città amica, occorse che per un attimo pensassi di poter avere una diversa vita) gli anni ottanta come agente d’assicurazione – scrivo.
avevo già quarantotto anni, e mi dissi: piero chiara è ‘diventato piero chiara’ a quarantanove, con ‘il piatto piange’.
scrivere mi piace: perché non provare?”.
iniziò allora a vergare racconti (“la mia forma letteraria è concisa: un romanzo è troppo lungo, mi stancherei io a scriverlo, figurarsi un altro a leggerlo. mentre capita spesso che nel breve mi esprima come un dio”), che propose a vari quotidiani, tra cui la prealpina, il primo a pubblicarli.
lo stesso quotidiano vide anche il suo esordio in veste di commentatore di cose americane.
“ho firmato ‘mauro della porta raffo’ la pagina pubblicata da la prealpina sabato 31 ottobre 1992 sulle elezioni usa in programma il successivo martedì 3 novembre.
mi chiesero come andavano firmati gli articoli colà proposti e decisi in questo senso.
eccessivo difatti sarebbe stato firmarmi con tutti i nomi e cognomi.
era quella la prima volta che un mio articolo veniva pubblicato”.
“a metà anni novanta molti giornali aprirono e chiusero nell’arco di pochi mesi.
nel gennaio del 1996, quando uscì il foglio di giuliano ferrara, mi dissi: compriamolo, così, quando, tra qualche tempo, non sarà più in edicola, avrò la collezione.
poi, essendo sempre stato appassionato di elezioni statunitensi, notai alcuni errori nelle cronache della campagna elettorale quell’anno in corso.
così iniziai a inviare per fax le mie correzioni al foglio, come in tante occasioni a proposito di infiniti temi avevo fatto in precedenza per lettera ad altri giornali.
e per primo ferrara le pubblicò, e continuò a proporle fino all’estate, quando d’un tratto smise.
allora mi arrabbiai, e gli spedii un lungo scritto riepilogativo, che conclusi con la sferzante citazione di oscar wilde sui giornalisti che è bene siano ignoranti quanto i loro lettori.
pensavo di aver chiuso così quel capitolo.
invece il giorno dopo un amico mi disse: ‘hai letto il foglio di oggi?’.
andai a vedere, e ferrara aveva pubblicato integralmente il mio pezzo dedicandogli un titolo a nove colonne (‘un lettore denuncia la pochezza della stampa italiana’) e rispondendomi con due righe:
‘lei merita una rubrica. ci sta?’.
iniziò così il primo giovedì di settembre 1996 (mio ‘anno della consapevolezza’) la striscia settimanale ‘pignolerie’, che curai sul foglio fino a settembre del 2009, allorquando, trascorso un tredicennio, non poco, considerai conclusa – amaramente, constatandone l’inutilità, visto che l’ignoranza e la sciatteria continuavano a regnare e anzi conquistavano nuovi spazi nel mondo dei media – quella peraltro magnifica avventura.
(ricordo che giuliano – il quale, ai tempi, ai miei riguardi, se ne era uscito con un graditissimo “mauro della porta raffo è il nostro maniaco preferito!” – nel 2016, in occasione del ventennale, ha scritto, riconoscendo i fatti, l’accaduto, che io, e non altri, ho dato la ‘cifra’ d’intransigenza che ebbe a sostanziare, caratterizzare il suo giornale).
 
quando, verso la fine di quel davvero benedetto ’96, di nuovo ferrara – al quale ovviamente debbo la assolutamente bene accetta definizione di ‘gran pignolo’, con le iniziali maiuscole – divenne in aggiunta direttore di panorama, mi propose di tenere una analoga rubrica anche sul settimanale, in cui evidenziare gli errori commessi dal concorrente l’espresso: la intitolammo ‘the other place’, che è il modo in cui le università di oxford e cambridge alludono l’una all’altra, senza mai nominarla.
all’espresso impazzirono.
cercarono in ogni modo di individuare errori in quello che scrivevo, ovviamente senza riuscirci: come noto, io non sbaglio mai!
l’unica volta che commisi un errore – scrissi, lapsus calami, a proposito di dionigi il piccolo, ‘sciita’ quando era ‘scita’ e cioè della scizia, nulla avendo a che fare il desso con l’islam, fra l’altro ai suoi tempi di là da venire – non lo notò nessuno, e fui poi io stesso a correggermi” (a simone furfaro).
“dopo avere invano cercato di reagire, il gruppo espresso dichiarò nei miei confronti un fiero e duraturo ostracismo, in conseguenza del quale il mio nome non venne mai citato né sulle colonne del quotidiano, né su quelle del settimanale.
con una sola eccezione.
titolare su la repubblica della rubrica ‘nautilus’, il coltissimo critico beniamino placido, avendo visto una lunga intervista da me concessa nel 1998 alla televisione della svizzera italiana, pensò bene di prendermi bonariamente in giro.
scrisse, così, che il mio continuo affanno nel cercare e correggere gli errori gli aveva fatto tornare alla mente una vecchia novella del tedesco johann peter hebel, sapido narratore vissuto a cavallo tra settecento e ottocento.
aveva a suo tempo hebel trattato anche di un tale che, con assidui allenamenti, era riuscito a diventare uno straordinario ‘tiratore di lenticchie’, la cui varietà più piccola faceva passare attraverso la cruna di un grosso ago tirandole con due dita senza mancare un colpo.
convinto che la sua abilità meritasse il massimo elogio, il desso si recò a roma per esibirsi davanti al santo padre.
terminata felicemente l’impresa, vide che il pontefice chiamava a sé un maggiordomo, gli consegnava un sacchetto e lo indicava.
certo che il contenuto dovesse renderlo ricco (monete d’oro, indubbiamente), restò malissimo quando, apertolo, constatò che era pieno di lenticchie!
ecco – concludeva placido –, la mia acribia era da paragonare, nella sostanza, a quella del tiratore di lenticchie.  
facevamo due mestieri del tutto inutili.
oggi, chiuse ormai da tempo le mie ‘pignolerie’, devo dare ragione a beniamino.  
mille e mille correzioni non hanno portato a nulla.
di più, certamente nessuno mi regalerà nemmeno un fagiolo!”.
 
“il più facile da colpire e insieme il più lamentoso tra le ‘vittime’?
enzo biagi, bersaglio davvero comodo, visto che scriveva sbagliando praticamente ogni riferimento (cosa imperdonabile, tanto che alla sua dipartita gli ho dedicato su il giorno un feroce ‘contro-coccodrillo’): ha fatto, invano, di tutto per convincere ferrara a non farmi più scrivere.
il migliore, indro montanelli: dopo le presidenziali usa del 2000, commise un errore storico.
glielo segnalai dicendogli di tenere per sé quanto gli indirizzavo.
fece il contrario, sostenendo che altrimenti i lettori, sviati dalla sua ‘castroneria’ (usò questo vocabolo), non avrebbero saputo come stavano le cose.
ne scrisse sul corriere citandomi, affermando che mi leggeva sempre con piacere e lodandomi” (a gianni barbacetto).
 
seguirono numerosissime collaborazioni con i principali quotidiani e periodici italiani (per breve tempo il corriere della sera, e poi a lungo la pagina culturale de il giornale – “magnifico e duraturo il mio rapporto con mario cervi, un mio ‘fratello maggiore’” –, sulla quale apparvero esattamente quattrocento articoli sotto il titolo ‘sale, tabacchi e…’.
e ancora la stampa, il tempo, la gazzetta dello sport di pietro calabrese, il sole 24 ore di ferruccio de bortoli, il quotidiano nazionale, fuggevolmente libero e prima il borghese di vittorio feltri, oggi, vanity fair, gente, capital, studi cattolici, fiore all’occhiello diretto da cesare cavalleri, eccetera) e, per quanto riguarda la svizzera, per più d’un decennio, sul giornale del popolo di lugano, “con particolare soddisfazione, data dal fatto che si trattava del primo quotidiano sul quale – proprio in terra elvetica – aveva scritto piero chiara”.
il 27 luglio 2023 l’autorevole quotidiano belgradese ‘politika’ ha pubblicato (“vedere il proprio scritto in cirillico, una rinnovata avventura data la precedente traduzione serba di ‘la città bianca. tre giorni a belgrado’”) una sua lunga intervista a commento del viaggio negli stati uniti, allora in corso di svolgimento, di giorgia meloni (“politico del tutto anomalo che trova in se stesso l’autorevolezza e sovrasta i poveri figuranti che le fanno contorno, e questo a prescindere dai contenuti”).
è così nata una nuova, promettente collaborazione, tuttora in atto, corroborata nei mesi successivi dalla pubblicazione di alcuni articoli relativi alle principali questioni dell’attualità politica statunitense.
parallelamente, ha anche collaborato con trasmissioni televisive – più di cento sicuramente i filmati, anche di notevole portata, reperibili in rete – e radiofoniche della rai e della rsi (la radiotelevisione svizzera di lingua italiana), da ultimo di sky, in veste ora di ospite, ora di consulente storico, documentarista sceneggiatore, commentatore delle campagne elettorali e delle elezioni statunitensi (che segue costantemente anche per la prestigiosa fondazione italia-usa), responsabile della stesura e della correttezza delle domande della trasmissione condotta da amadeus ‘quiz show’ (rai 1), coprotagonista di ‘è la stampa, bellezza’, ideata e diretta da onofrio pirrotta, e molto altro ancora.
 
dal 1999 al 2020 ha ininterrottamente organizzato e moderato a varese, dapprima su invito del comune e in seguito autonomamente, ‘i salotti di mauro della porta raffo’, serie di pubblici incontri ai quali sono intervenuti oltre duecentocinquanta personaggi di rilievo del panorama artistico-culturale non solo nazionale, ‘salotti’ purtroppo venuti a cessare a causa della pandemia da covid-19 e della conseguente chiusura definitiva del caffè zamberletti, che li aveva lungamente ospitati.
“mi è dispiaciuto, perché in quel luogo si coglieva una continuità di pensiero che era iniziata negli anni cinquanta con il caffè cavour – dove a volte andavo con mio padre – locale dagli interni vellutati, con lumi discreti sui singoli tavolini, i séparé, e già all’epoca la presenza di personaggi notevoli.
l’idea dei ‘salotti’ fu di giuseppe ‘giugi’ armocida, che nel 1999 era assessore alla cultura in città.
all’epoca era in atto un collegamento tra il comune e il ‘premio chiara’, e armocida mi chiese se potevo organizzare degli incontri con personaggi da legare alla manifestazione letteraria, soggetti che avrei invitato io.
quando ci fu la rottura con i responsabili del ‘premio’, fu ancora lui a chiedermi di continuare con i ‘salotti di mauro della porta raffo’, che si dovevano tenere a villa mirabello.
il primo fu con vittorio feltri, poi toccò a paolo liguori, ma per proseguire dovemmo spostarci, perché nel salone erano in programma lavori strutturali.
e così andai da angela zamberletti, proprietaria del caffè omonimo situato in corso matteotti, centro del centro cittadino, che accolse immediatamente questa proposta con grande generosità.
ci sono stati salotti dove la gente era giù per strada perché non c’erano più posti in sala, per esempio quando è venuto enrico mentana o la volta che sotto la mia guida si confrontarono – dopo che il primo aveva scritto dell’altro che, essendo comasco e non varesotto, non faceva ridere – nanni svampa e memo remigi.
a volte facevi il pienone, a volte no.
in una occasione, a gavirate ho tenuto una conferenza sul futurista bruno corra davanti a una sola persona.
da quella volta mi sono detto che bisogna essere sempre pronti a tutto” (a michele mancino).
“tra gli incontri che più tengo a ricordare quello, di grande rilievo, dedicato nel 2009 a celebrare ufficialmente il centenario della nascita di indro montanelli”.
“il solo ospite – mi si consenta qui un finale degno dell’uomo e del cinismo che pervadeva invero la sua (e di dino risi) ‘commedia all’italiana’ – che non venne dopo averlo promesso fu mario monicelli.
si uccise.
eccessivo, non vi pare?”
 
(“è nel primo decennio del terzo millennio che tradate e tramonti hanno significato molto per me.
nella città poco distante da varese, sia alla frera, sede della notevole biblioteca civica, che nel ristorante quisisana, che di lunedì ha per lungo tempo ricorrentemente organizzato serate culturali di notevole rilievo, ho ideato e condotto, imitando i miei salotti varesini, incontri ampiamente partecipati con intellettuali, artisti e giornalisti.
nella vera patria della pizza – altro che napoli: è nata a tramonti! – in particolare nella seconda metà dell’indicato periodo, membro della giuria del premio letterario tagliafierro, convocando amici quali marco travaglio, luca goldoni, memo remigi, carlo fontana, fernando mezzetti, maurizio serra, ho vissuto momenti particolarmente felici data l’incredibile accoglienza dei tramontani, gente semplicemente magnifica”).
 
nel 2013 ha ideato e diretto ‘dissensi & discordanze’, semestrale pubblicato per qualche tempo in rete e con una limitata edizione cartacea, cui hanno collaborato “le migliori penne italiane e i più acclamati fotografi” (“io stesso non sono affatto male in quest’ultima veste: l’ho scoperto usando a tal fine il cellulare”).
 
autore di ben oltre trenta libri tra raccolte di racconti e saggi, per lo più monografie sugli stati uniti o su personaggi illustri legati a varese.
con ‘la prima squadra non si scorda mai. confessioni pubbliche di tifosi d’alto bordo’ (marna, 2004), scritto insieme a luca goldoni (“uno dei miei amati ‘fratelli maggiori’, purtroppo di recente scomparso, che, novantatreenne nel 2021, mi ha indirizzato un prezioso ‘ricordo quando nei nostri viaggi guidavi, io facevo mille domande e tu mi spiegavi il mondo e la vita’”), è stato finalista al ‘premio bancarella sport’ nel 2005.
quattro anni dopo, per le sue posizioni ‘controcorrente’ ha vinto il premio luca hasdà, riconoscimento massimo per un antico liberale.
nel 2017 ha ricevuto dal rotary international il titolo di paul harris fellow, il più alto attributo rotariano.
componente dal 2019 del consiglio del museo milanese bagatti valsecchi per conto della regione lombardia, il 27 maggio 2023 ha accolto, in una pubblica cerimonia protocollare in milano, da parte della stessa regione e per mano del presidente attilio fontana, il prestigioso premio rosa camuna, specificamente per la cultura e l’attualità.
nel 2018 ha pubblicato il dizionario enciclopedico ‘nel mentre il tempo si va facendo breve’ (titolo interamente minuscolo, così come tutto il testo), la cui seconda edizione, ampliata e illustrata (circa tremila pagine), è disponibile dal 1° gennaio 2022 esclusivamente su internet.
nel 2020 è stato poi proposto nel formato cartaceo dalle edizioni ares ‘usa 2020. tracce storico-politiche e istituzionali’, mentre ‘storia politico-istituzionale degli stati uniti d’america e cronaca della campagna elettorale 2020’ (anch’esso di circa tremila pagine, “definitive per quanto riguarda la storia statunitense”) e ‘united states of america’ hanno visto la luce in rete a inizio 2023, seguiti, il 31 luglio successivo, da ‘white house 2024. istruzioni per l’uso. strumenti, glossario e numeri. der stand der dinge’, scritto vulcanicamente in poche ore”.
frequentissimi, inoltre, i suoi interventi a proposito di cose americane, quotidianamente numerosi negli anni elettorali, sul sito internet della fondazione italia-usa, italiausa.org, di cui dal 2018 è presidente onorario, e sul sito www.dissensiediscordanze.it sul quale affronta ogni genere d’argomento.
tra il 2021 e il 2022 ha inoltre dato alle stampe (rispettivamente in prima e in seconda edizione, quest’ultima “pubblicata tenendo conto di due date vicine entrambe significative: il 17 aprile 2022, settantottesimo suo compleanno, e il 28 aprile seguente, nelle cui ventiquattro ore è caduto il 28500esimo giorno dalla sua nascita”) ‘dalla parte di esaù. prendere la vita di petto e guadagnarci in salute’, nella versione definitiva “novecento quaranta pagine biografiche e autobiografiche con annessi apparati, larga documentazione culturale, oltre duecento cinquanta ritratti che trattano di significanti persone incontrate, racconti, luoghi, storia e storie…”
“un’altra occasione di raccogliere curiosità intellettuali frutto di un’alterità che non smette di esibire la propria natura autonoma.
il libro non è saggio né pamphlet, non lo si può ridurre a semplice aneddotica o altro: è un genere a sé, figlio della volontà divulgativa dell’autore.
‘dalla parte di esaù’ è una chicca imperdibile” (cesare lanza).
è di questi tempi intento alla forse infinita composizione di ‘when almost everything is said and done’, sterminata raccolta di ogni genere di scritti.  
“‘non lasciando eredità nero su bianco, si privano gli altri di ciò che gli sarebbe più che utile.
prezioso’.
è questo il motivo che ti spinge ogni giorno a un bouquet di tue opinioni?
‘è questo’.
la ricerca dell’immortalità?
‘è l’immortalità che cerca me’” (lodi).
 
presentato ufficialmente a varese al multisala impero il 25 febbraio 2023, con una pubblica proiezione molto frequentata, il docu-film di gianluca mattei ‘due o tre cose che so di me’, interamente dedicato alla sua vita e ai suoi plurimi interessi.
“cinquantasei minuti di immagini e parole.
di testimonianze.
nulla e qualcosa.
nulla, considerati i miei compiuti e ‘vissuti’, a quel momento, settantotto e passa anni.
qualcosa e invero molto di più per l’ispirazione che tutto sottende.
non una celebrazione.
non una confessione e basta.
non semplicemente lo stato delle cose (‘der stand der dinge’).
certamente una contestualizzazione senza la quale regnano incertezza e confusione.
infinitamente più di tutto!”.
 
l’8 febbraio 2023, in seguito all’unanime approvazione della sua proposta di donazione da parte della giunta comunale, ha trasferito tutta la propria collezione di libri (migliaia di volumi, molti dei quali riguardanti gli stati uniti d’america e il continente latino-americano, ma, tra molto altro, anche saggi relativi a varese e dintorni, opere enciclopediche, testi letterari, collezioni di fumetti e originali di suoi articoli pubblicati su varie testate giornalistiche) alla biblioteca comunale di varese, la quale si è impegnata a riservare loro in futuro, dopo averli inventariati e catalogati, un apposito spazio nella nuova sede attualmente in corso di realizzazione.
significativo dell’apprezzamento delle istituzioni quanto dichiarato ufficialmente nel dicembre 2022 dall’assessore alla cultura enzo r. la forgia in seguito al primo sopralluogo:
“ritengo importante accettare la donazione di questa collezione privata, che appartiene a un varesino illustre, che ha dato prestigio alla città di varese grazie alla sua attività culturale e intellettuale; i libri di mauro della porta raffo andranno ad arricchire il patrimonio bibliografico della civica biblioteca”.
“devo dire che non sento per niente o quasi la mancanza dello sterminato numero di libri donati alla biblioteca comunale.
conservo ogni riga nella memoria”.
 
alle spalle una lunga militanza nel partito liberale italiano, iniziata ai tempi della scuola.
“‘facevo la terza liceo scientifico.
calzoni corti, mi piace dire.
un mio compagno, sergio puerari, aveva un debole per la politica.
gli confessai d’averlo anch’io.
butto lì: presentiamoci alla sede del partito liberale, in via bernascone (e finale, che se cerchi a varese via bernasconi finisci in periferia), primo piano.
detto fatto, venimmo subito arruolati’.
la tua carriera fu rapida…
‘senza che io spingessi per farla.
mi ritrovai vicepresidente dei giovani, con federico norsa (un ‘mago’ e maestro quanto alle alchimie e manovre partitiche) leader.
poi feci il salto in occasione delle elezioni comunali del ’70’.
quanti i voti raccolti?
‘centotrentasei: una cifra più che accettabile, tenuto conto del seguito del partito e che ero all’esordio.
piero chiara (l’ottimo narratore luinese, che avevo scoperto essere il leader varesino del pli, amico di mio padre e che conoscevo da sempre), apprezzato il risultato, mi fece segretario cittadino e in seguito suo vice provinciale sul campo.
cominciai a passare intere giornate con lui in via bernascone.
rispetto alla prima volta, era cambiato il piano dove era la sede: era passata al quarto’.
molto discutere…
‘e molto giocare a carte, parlare di letteratura, ottenere il privilegio dell’ascolto degli inediti di bruno lauzi, poeta e cantautore, liberale anch’egli e allora residente in città’” (lodi).
“quanti ebbero per tutti gli anni sessanta e larga parte dei settanta modo di frequentare quegli uffici, benché mai invitati a partecipare essendo il confronto rigorosamente riservato, si trovarono in ogni occasione ad assistere a vere e proprie maratone di scopa d’assi a due (delle quali scriverà egidio sterpa in un saggio breve dedicato alla storia del pli, raffrontandole con quelle combattute in altri tempi a roma nella sede nazionale del partito in via frattina tra manlio lupinacci, augusto guerriero, panfilo gentile, ‘veri perditempo liberali’, e una volta, mancando ‘il quarto’, indro montanelli, arrivato per iscriversi, coinvolto e andato infine via senza farlo), cui – nel frattempo mossosi verso altri lidi e successi lauzi – davamo vita piero chiara e io.
furono per me quelli – per quanto incredibile ciò possa apparire ai poveri di spirito – anni di intenso apprendistato.
nessuno, apparentemente, lavorava.
tutti avremmo lasciato invece di noi grande traccia”.
 
in vista delle elezioni politiche del 1972, accettò di candidarsi alla camera.
“quarantacinque giorni!
tanto durava la lotta per la conquista dei voti di partito e soprattutto delle preferenze…
presi un migliaio scarso di suffragi [non venendo eletto – ndr], e ne fui soddisfatto quasi quanto lo ero stato il giorno in cui mi era capitato di trovarmi sul palco di un comizio a varese nientedimeno che con giovanni malagodi, il nostro mitico segretario nazionale.
tre anni dopo, in un momento nel quale il pli ancora ‘teneva’, fui eletto consigliere della amministrazione provinciale di varese.
ma i giochi volgevano al termine.
di lì a poco, obbligato proprio in ragione dei miei incarichi di politico e di pubblico amministratore a candidarmi nuovamente per la camera dei deputati in una temperie assolutamente negativa, pur ancora sostenuto da un consistente numero di elettori, mi trovai coinvolto in una delle peggiori débâcle del mio movimento.
era il 1976: finiva lì (anche se me ne sarei reso conto solo un paio di anni dopo) la mia vita ‘politica’, e cominciava in quel momento ad allentarsi il sodalizio che mi aveva unito a piero chiara, con il quale sempre più raramente mi sarei scontrato, carte in mano, a scopa d’assi nella sede del pli di via bernascone.
non molto tempo ancora, e in città il caffè centrale e il bar pini – laddove ci eravamo altresì affrontati e, come si conviene a due avversari, pesantemente insultati con le stecche da biliardo in mano – avrebbero chiuso i battenti”.
passarono molti anni prima che si lasciasse di nuovo tentare dalla politica.
nel settembre 2005 – il corriere della sera ne parlò in prima pagina per la penna di francesco verderami – annunciò a sorpresa l’intenzione di proporsi alla guida del centrodestra nazionale in caso di primarie (poi mai tenute), e nel 2011 si candidò “per divertimento” a sindaco di varese (“chissà quanti altri mai aspiranti al ruolo in italia con un nome e cognome lungo come o più del mio? ‘mauro della porta rodiani carrara raffo’ era difatti scritto sulle schede!”) a capo di una lista civica – denominata ‘la varese che vorrei’ – ottenendo, “coerentemente ai risultati d’antan del suo vecchio pli”, il due e sessantaquattro per cento dei consensi.
da tale esperienza sorse peraltro l’associazione culturale varesepuò – della quale è presidente onorario – che si occupa ancora alacremente di arte, letteratura e scienza.
 
sempre molto attivo nella promozione di iniziative culturali, nel 2016 è stato presidente e coordinatore del comitato cittadino per l’organizzazione delle manifestazioni dedicate al bicentenario dell’elevazione di varese al rango di città (1816-2016), e, in virtù del suo indefesso impegno teso a far conoscere e valorizzare i luoghi e i protagonisti dell’alto varesotto, nel settembre 2020 è stato proclamato ambasciatore di luino nel mondo, con sua grande soddisfazione.
dal 2019, inoltre, in ufficiale rappresentanza della regione lombardia, fa parte del consiglio direttivo del museo bagatti valsecchi di milano.
e dal 2021 è persino cintura nera di judo ad honorem!
 
nonostante i postumi del covid-19 non abbiano ancora del tutto abbandonato il suo corpo, continua tuttora indefessamente a scrivere, come detto curando anche di aggiornare e ampliare quanto già pubblicato.
 
nel giugno 2021, in seguito alla rinuncia di roberto maroni, ricevette dal centrodestra una proposta di candidatura alla carica di sindaco di varese in vista delle successive elezioni comunali.
pur molto onorato e assolutamente certo della vittoria, dopo attenta valutazione declinò l’offerta, per considerazioni legate all’età e ai non pochi problemi di salute, rispetto ai quali l’impegno richiesto sarebbe risultato eccessivamente gravoso.
nell’ottobre successivo il centrodestra perse al secondo turno le elezioni, a favore del sindaco uscente davide galimberti (partito democratico).
accantonato, almeno per il momento, anche l’ancor più ambizioso progetto di candidarsi alla presidenza della repubblica, nonostante gli “almeno due” (così il corriere della sera) voti già raccolti in occasione delle elezioni del 2006 (poi vinte da giorgio napolitano) e, molto più recentemente, alcuni autorevoli appelli in suo favore, tra cui quelli di mauro mazza (“si tratta di una candidatura unica e straordinaria. averlo capo dello stato sarebbe un’esperienza assolutamente spettacolare. gaffeur e ignoranti sarebbero inchiodati alle loro gravi responsabilità. ogni errore di storia e di sintassi sarebbe punito severamente”) e di italo cucci (“un presidente è patriota se la sua cultura fa onore alla straordinaria ricchezza della patria in ogni forma d’arte. è patriota se ha dato alla sua vita un tratto da imitare, un rigore morale da uomo non da santo, un esempio di attivismo utile al prossimo. virtù elementari da spendere nel quotidiano per tutti gli italiani senza impedirsi di continuare a indirizzare agli amici storie, informazioni, pignolerie. dico ai mille elettori: votate mauro della porta raffo, fate i patrioti una volta almeno nella vita. nel primo discorso da eletto ci spiegherà cos’è un patriota. dagli altri concorrenti non l’ho capito”).
“sarei (sarò!) un presidente della repubblica con fiocchi e controfiocchi.
userei (userò) per la bisogna in campagna (il primo a farla con l’intento di approdare al quirinale) lo slogan che benissimo indica quello che penso, nel bene, chiedendo consensi, e nel male, degli elettori: ‘eleggetemi, e non vi farò votare mai più!’”.
(al riguardo, si dichiara “assolutamente d’accordo col vecchio adlai stevenson, che, in corsa per white house nel 1952, in una pubblica circostanza, terminato che ebbe di parlare, fu avvicinato da una sostenitrice, che gli disse che tutte le persone intelligenti lo avrebbero certamente votato, per sentirsi opporre uno sconsolato, terrificante e verissimo ‘non basterà, signora. occorre la maggioranza’”).
 
“eccezionale, memorabile quanto indro montanelli scrisse del suo incontro con antónio de salazar.
anzi, di quello che mentre andava verso lo studio del considerato despota gli disse il segretario:
‘sia generoso col presidente: cerca di salvare il portogallo dal suo futuro!’.
memorabile, ripeto, e quanto mi sento colpevole, nulla o quasi avendo fatto per salvare l’italia dal suo futuro, come oramai è tardi fare”.
 
definisce piero chiara “mio antico maestro di politica, di gioco, di donne… di vita”.
 
cattolico praticante, estremamente dispiaciuto perché le malattie gli impediscono oramai da lungo tempo la santa messa, non poco tentato dal ‘sedevacantismo’ (posizione fortemente critica che sostiene l’irregolarità della nomina dei successori di pio dodicesimo, in base a essa ultimo papa legittimamente eletto), considera papa francesco un “sociologo di quarta categoria impegnato a fare, perdendola, concorrenza alla lipu e a save the children” estremamente pericoloso per la cattolicità.
“lo spirito santo nella storia della chiesa si è già sbagliato tante volte, ma questa rischia di essere la più devastante”.
“sono a favore della pena di morte con riferimento a molti reati, non per via di un suo supposto ma inesistente effetto deterrente, ma in quanto, una volta eliminato, il colpevole non avrà più la possibilità di reiterare l’atto criminoso.
ho tuttavia non poche riserve quanto all’applicazione pratica: è infatti necessario avere assoluta certezza che si stia procedendo nei confronti del vero colpevole, e di non sbagliare, come talvolta, sia pur raramente, accade”.
“considero l’aborto volontario un vero e proprio assassinio premeditato e pertanto da punire in giudizio al massimo della pena, fosse anche la morte.
mi dispiace infinitamente che gli abortisti non abbiano avuto a tempo debito madri che la pensassero allo stesso modo, perché nel caso non sarebbero nati”.
 
sposato dal 1969 con silvana pacchioni, detta sissi, due figlie, alexandra (“sarebbe alessandra, ma rudolf nureyev, con cui da adoratrice e amica lavorò, la chiamava ‘alexandra’, e da allora usa quel nome”), documentarista, scrittrice e imprenditrice, e federica (“felicemente coniugata con gabriele bechini, che considero un terzo rampollo”), manager e da ultimo scrittrice (data al gennaio 2024 l’esordio letterario con la raccolta di racconti ‘cattive regine’, pubblicata da rossini) nonché madre degli abiatici giulio e tommaso, “che sono la mia gioia, e a cui cerco di insegnare tutto” (“essere considerato un nonno eccezionale è, alla fine, il massimo apprezzamento al quale aspiro!”), ai quali con decreto del presidente della repubblica ha trasmesso i cognomi.
(“bellissimo nel docu-film ‘due o tre cose che so di me’ l’intervento dei miei nipoti, che dicono: ‘nonno ci racconta le cose anche quando gli diciamo che non ci interessa sentirle’. è così!”).
“come hai conosciuto tua moglie?
‘giocando.
eravamo bambini, casa di comuni amici, a sant’ambrogio’.
sempre insieme, da allora in avanti?
‘no.
ci rincontrammo anni dopo.
fu decisivo il cinema, per accendere la scintilla’.
cioè?
‘vedemmo insieme ‘più micidiale del maschio’ -  anno 1967, mese di marzo, giorno il 4 – diretto da ralph thomas con richard johnson, elke sommer, sylva koscina.
lo davano a masnago, al vela’.
e prendeste il largo…
‘vento favorevole, navigazione lunga.
dura tuttora.
per fortuna mia e per merito principale se non assoluto di sissi, che con molta grazia mi sopporta’” (lodi).
(“1967, in viaggio per venezia.
sissi alla guida.
canto ‘nel sole’.
non mi ha lasciato allora.
come avrebbe potuto farlo dopo?”).
“cinquantun anni con mauro: cinquantun anni di stati uniti, cinquantun anni di coca cola, cinquantun anni di mancanza di senso pratico.
è la prima condizione che avevo messo a mio marito quando ci siamo conosciuti, andando all’università.
lui non sapeva guidare, era sulla mia macchina.
gli chiesi: ‘ma tu sei pratico? sai fare qualche cosa in casa?’.
‘ma come! so persino aggiustare i televisori!’, rispose.
questo mi aveva rassicurata.
poi la realtà si è dimostrata totalmente opposta: mauro esce con due scarpe diverse se non ci sono io a controllarlo, non sa dove siano bicchieri e posate in casa, si appoggia sempre a me per qualsiasi cosa pratica.
però nello stesso tempo abbiamo molti punti in comune” (la moglie, nel 2020).
 
a proposito dell’amicizia: “non credo di avere mai avuto un sodale.
mai ancora ho sentito la necessità di confidarmi o di confrontarmi con qualcuno.
escluso mio padre e solo quando era oramai anziano.
ragazzo, uscivo con altri sempre pronto a defilarmi (faceva gioco il mio mal di testa a tutti noto e nella circostanza utilizzabile) quando, come assai di sovente accadeva, la serata volgeva per i miei gusti al peggio.
non poco contribuiva il fatto che non trovassi corrispondenza etica e culturale alcuna.
solo sono stato e sto molto, molto bene”.
parlando di sé, si dichiara “contrario al perdono, che può arrivare a concedere agli altri, mai a se stesso.
sa perfettamente che deve pagare col dolore fisico quello che è”.
 
“è talmente raro che un giocatore d’azzardo smetta che, allorquando parecchi anni dopo aver preso la decisione di farlo tornai nei luoghi (casinò, ippodromi, agenzie ippiche…) ai tempi frequentati per realizzare un documentario su quel mondo per la televisione svizzera, quanti mi riconoscevano uscivano immancabilmente in un ‘ma come, non eri morto?’, essendo i deceduti, a parere di tutti, i soli che davvero, non potendo più, smettevano”.
 
tra i vari problemi di salute, è particolarmente affezionato alla psoriasi.
“la verità è che ogni qual volta vada a farmi visitare quello che faccio è un esame al malcapitato medico.
se non mi dice, infine capendolo, che ogni e qualsiasi malattia io abbia dipende dalla psoriasi è un cane.
fatto è che ho la ‘malattia dominante’ e me ne glorio.
è la psoriasi che non si esprime più esternamente e che ti possiede e logora il possibile massimo.
l’avevano entrambi i nonni ed è tra le eredità loro delle quali più mi vanto!”.
grande e antica passione per la storia politico-istituzionale degli stati uniti d’america e in particolare per il loro sistema elettorale, soprattutto – ma non solo – quello presidenziale: da molti anni è peraltro ospite fisso, quale consulente di bruno vespa, delle puntate di ‘porta a porta’ dedicate alle varie elezioni statunitensi.
“quando scattò il tic d’affezione?
‘quando mio padre portava a casa i giornali del pomeriggio, che allora, per via del fuso orario, bruciavano i quotidiani del mattino recando i risultati delle primarie americane.
il corriere d’informazione, la notte, il corriere lombardo, anche stampa sera.
di che epoca parliamo?
‘inizio anni cinquanta.
votazioni del ’52.
leggevo dell’efficienza di quel sistema elettorale, del fatto che la durata d’un governo americano corrispondeva a quella di otto governi italiani, e di tante personalità storiche d’assoluto livello.
e ne fui affascinato.
vi contribuì, è ovvio, anche l’approfondimento tramite libri.
ne ho almeno trecento, sull’argomento’.
degli stati uniti sai tutto, ma non ci sei mai andato.
bel paradosso…
‘logica assoluta.
mi piace come si scelgono il capo e quant’altro gli ruota attorno per governare la nazione.
in genere, le basi ideali e ideologiche, le oramai antiche (quella statunitense è la più ‘vecchia’ costituzione tuttora – e assolutamente nel caso – in valida funzione) fondamenta politico-istituzionali e giuridiche, che devono ai founding fathers.
non mi piacciono usi e costumi dei governati.
non vivrei mai nella società americana.
tranne, forse, che in un posto, che potrei almeno visitare’.
quale?
‘omaha, nel nebraska’.
motivo?
‘vi sono nate celebrità come fred astaire, montgomery clift, marlon brando, nick nolte, dorothy mcguire, max baer, gerald ford, wynonie harris, malcolm x, warren buffett, nicholas sparks, alexander payne, andy roddick e via ecceterando.
non c’è film importante in cui non accada qualcosa a omaha o alla città si alluda.
una delle più diffuse specialità di poker si chiama così.
e non per caso una delle spiagge in normandia dove avvenne lo sbarco nella seconda guerra mondiale fu battezzata omaha.
perfino uno dei primi galoppatori capaci di vincere la triple crown aveva quel nome.
se dovete far nascere un figlio in america, trasferitevi lì per dargli i natali’” (lodi).
 
“in fondo, la sola america che amo davvero è quella ritratta nei dipinti di edward hopper!”.
gran divoratore di libri.
“quanti ne hai letti?
‘ottomila, novemila’.
archiviandoli in un rintracciabile deposito del sapere…
‘rintracciabilissimo.
la mia memoria è una biblioteca aperta’.
fino a quando è durato l’amore per il romanzo?
‘fin che c’è stato hemingway, direi.
morto lui, basta.
esagero, ma non poi tanto’.
romanzi e racconti a parte, che altro da privilegiare?
‘restando agli scritti (e non dimenticando il bel periodo della iniziale frequentazione universitaria milanese, nel quale la passione per il teatro come spettatore e cultore mi prese), la giallistica americana, il noir di sicuro.
dashiell hammett e raymond chandler in cima alla graduatoria’” (lodi).
“quando ho una passione, compro tutti i libri su quell’argomento e li leggo uno per uno, perché a me interessa la conoscenza.
mi ispiro a seneca: io voglio imparare.
mi interesso alla cultura dell’uomo in qualsiasi modo sia espressa, e poi ho una memoria straordinaria, che, essendo naturale e non un merito, per me è come dire che uno ha gli occhi azzurri (e tra l’altro li ho).
la mia è una visione della cultura globale, non parcellizzata.
sono così”.
non meno grande la passione per il cinema, germogliata anch’essa in tenera età.
“‘il motivo fu curioso.
mio padre manlio (come detto, direttore dell’ente provinciale per il turismo) organizzò a varese dal ’53 al ’55 gli ‘incontri internazionali sul cinema’.
l’anicagis, ente cui facevano capo i gestori delle sale di proiezione, gli regalò una tessera gratuita per due persone.
poteva entrare nelle sale cinematografiche dove gli pareva.
cominciai a usarla io, portando mio fratello (annamaria, la sorellina, nacque nel 1956).
avevo nove, dieci anni.
lui quasi quattro di meno.
frequentavamo i cinema varesini nel primo pomeriggio.
non c’era praticamente nessuno, salvo maschere e cassiere’.
che vedevate?
‘western e commedie.
roba americana.
la mia passionaccia.
non di mio fratello, che difatti dopo un po’ si stufò di farmi compagnia.
e, trascorso un non lungo periodo nel quale mi portavo appresso un compagno di classe (franco arnaldi), iniziai la carriera di spettatore solitario, pluridecennale, bisecolare e gratificante’.
perché western e commedie?
‘fascino d’un mondo allora d’avanguardia.
il western significava voglia d’avventura, vittoria, potenza.
era una scelta politica.
gli usa, suo tramite, trasmettevano un voluto messaggio di rassicurante forza.
idem la commedia.
ti mostravano il meglio del bello: donne bionde, case modello, piscine, elettrodomestici moderni.
un attrattivo segnale di prevalenza economica’.
dopo l’amore per l’america, quale altro?
‘per la francia, sul grande schermo.
cinema in grado di raccontare e cogliere il particolare rivelatore d’un sentimento.
qui, un nome, lo faccio: claude sautet, straordinario regista e sceneggiatore.
disse di lui françois truffaut: il suo cinema è la vita. e tanto basti’.
veniamo in italia?
‘eccoci qua.
per confermare che siamo stati maestri nella commedia, di un particolare, specifico ‘modo’ della commedia, nelle migliori espressioni teso in verità alla critica sociale.
dino risi – successivamente un caro amico, il cui tratto era proprio la denuncia, essendo straordinario nel velare rappresentandolo il dramma del vivere (cos’altro è ‘il sorpasso’ se non una tragedia?) dei singoli e le carenze della società – come mario monicelli, pietro germi, ettore scola.
tutti fuoriclasse, bravi a creare una tradizione, un seguito, un futuro.
pur se non di quel medesimo, regale segno intellettuale’” (lodi).
 
“il film della sua vita?
 ‘‘la famiglia’ di ettore scola.
mi ricorda la casa dai corridoi lunghi dove viveva con gli otto figli mio nonno paterno, in via calabria 32, a roma.
l’ultima volta – durante una breve sosta nell’urbe, in cui avevo noleggiato un’auto con guidatore – ho chiesto all’autista di portarmici.
ho sostato davanti al portone’.
poteva salire
‘mai tornare nei luoghi dove si è stati felici’” (lorenzetto).
in ambito musicale (in gioventù notevole amante della lirica e del jazz, e per un lustro anche guida della gioventù musicale varesina), definisce rod stewart ‘il mio cantante-mito’, per assistere a un cui concerto – pur generalmente riluttante al viaggio (“non m’è mai piaciuto. lo trovo inutile. vai in un posto e sai già tutto prima d’arrivarci. che senso ha? peggio: rischi la delusione”) – si recò persino a berlino, quando un amico (“caro e giovane, purtroppo poi tragicamente scomparso”) al corrente della sua passione regalò a lui e consorte un biglietto per l’evento in occasione del suo settantesimo compleanno.
“‘rhythm of my heart’, ‘forever young’, ‘i don’t want to talk about it’, ‘sailing’, la magnifica ‘grace’… quasi due ore di qualcosa che è molto più di uno spettacolo, e sempre al massimo possibile livello.
sul palco, all’arena di verona come all’o2 di berlino o in qualsiasi altro teatro o spazio nel mondo, nessun paese escluso, incanta, trascina, commuove…
ogni volta, seguendolo, aspetto quel preciso, magico momento nel quale sentirò, è certo, una voce interiore dirmi:
‘tranquillo, rod stewart ci salverà!’”.
 
trascorsi giovanili da nuotatore (“fin da ragazzino ho amato l’acqua e l’ho praticata a discreto livello”).
brevissima la sua esperienza da tennista (“la sola volta che ho preso in mano la racchetta da tennis sono stato cacciato dal campo dopo tre tentativi di palleggio. mai più provato!”).
frustrata dalla miopia, invece, ogni ambizione da pugile (“sarei stato un ‘falso guardia destra’ in grado di manovrare molto bene il ‘jab’, un raro ‘tecnico col pugno’ certamente di classe”).
da spettatore, scarso interesse per il calcio, con poche eccezioni: il varese soprattutto negli anni sessanta e, ancor oggi, “una passioncella per la lazio”, dovuta a ragioni familiari (“un mio lontano prozio fu tra i primi sostenitori del club, inizi novecento. e vi giocò pure. si chiamava mario raffo”).
più intensa, ma anch’essa ormai confinata al passato, la passione – “da varesino, ricordando la mitica ignis” – per la pallacanestro.
tuttora vivissime, invece, quelle per il tennis e il ciclismo, “argomenti sui quali (come per la verità su infiniti altri) so assolutamente tutto”, alle quali si è recentemente aggiunta quella per lo snooker.
pur non essendo per sua stessa ammissione un grande scacchista (“imparai da mia nonna materna a tre anni, e in verità non sono mai stato più che mediocre”), per una circostanza fortuita, tra la fine degli anni sessanta e la prima metà dei settanta, ricoprì la carica di presidente del circolo scacchistico città di varese.
“succede che nel 1968, quando sono direttore dell’azienda autonoma di soggiorno, vengono da me quelli del circolo degli scacchi e mi chiedono la disponibilità di uno spazio.
sono tanti, perché il gioco vanta in città storici precedenti: il 20 settembre 1920 gli scacchisti di tutt’italia si radunarono qui, deliberando di costituire la federazione nazionale’.
dunque i varesini ti domandano ospitalità…
‘e io gliela concedo.
avrebbero potuto usare per qualche sera alla settimana il salone superiore della palazzina di viale ippodromo, sede di rappresentanza dell’azienda.
intesa raggiunta, con sorpresa finale: il conferimento della presidenza al sottoscritto.
l’avrei tenuta fino al ’74.
sicché ebbi l’onore d’essere al vertice locale quando si celebrò, nel ’70, il cinquantenario della federazione scacchistica italiana, che aveva avuto la prima sede nell’attuale corso matteotti’” (lodi).
recentemente, per sua iniziativa – causa covid con un anno di ritardo, e pertanto nel 2021 – il comune di varese, lui relatore e conduttore, ha ufficialmente ricordato il centenario, alla presenza dei componenti la squadra del circolo (tra cui i maestri internazionali renzo mantovani ed emiliano aranovitch, i quali, avendo iniziato da bambini proprio quando era guida del circolo, simpaticamente si dichiarano suoi allievi) ammessa alla serie di eccellenza nazionale.
più curiose altre passioni.
“come fa a conciliare la venerazione per giovanni malagodi con quella per emiliano zapata?
‘amo chiunque difenda la libertà.
in messico fu combattuta l’ultima rivoluzione non utopica, per tornare a un passato che per i contadini del morelos di emiliano aveva funzionato.
alla ‘curandera’ che lo scongiurava di non recarsi nel luogo dove l’avrebbero ucciso, zapata rispose:
‘se mi ammazzano, è un bene.
la rivoluzione ha bisogno di martiri!’”.
stravede anche per cavallo pazzo.
‘colpito con una baionettata alla schiena, steso su un tavolaccio, il capo sioux lakota ottenne dai soldati americani il permesso di vedere il padre bruco e il cugino tocca le nuvole.
le sue ultime parole furono: padre, dì al popolo che non può più contare su di me’.
gli occhi gli si riempiono di lacrime” (lorenzetto).
“‘quanto agli uomini politici e al coinvolgimento, ho pianto irrefrenabilmente alla notizia della morte di charles de gaulle.
enorme (‘quando voglio sapere cosa pensa la francia, lo chiedo a me stesso!’), e quanto è giusto quello che disse mario vargas llosa ricordando i suoi anni parigini: ciò che più gli mancava erano le conferenze stampa del generale, di assoluto livello anche e perfino dal punto di vista attoriale’.
chi altro c’è nel suo pantheon?
‘oscar wilde, intellettuale e genio quasi senza pari, sulla cui tomba ho sostato al père-lachaise a parigi.
seneca, che visse fino alla fine per imparare (‘per saperlo quando morirò’, ebbe il filosofo a replicare a un amico che, sapendo che da lì a poco si sarebbe suicidato per ordine di nerone, gli chiedeva conto del suo desiderio di imparare a eseguire un’aria appena ascoltata per la prima volta), come si conviene.
giovenale, acutissimo (‘gli altri possono perdonarti. tu sei capace di perdonare te stesso?’).
e giuliano l’apostata. cultura illimitata’” (lorenzetto).
richiesto di indicare la composizione della propria ideale ‘ultima cena’, ha dichiarato:
“posiziono da sinistra ‘teddy’ roosevelt, emiliano zapata, charles de gaulle, ernest hemingway, piero chiara, manlio raffo, mauro della porta raffo ovviamente al centro, mario cervi, albert einstein, lyndon johnson, luca goldoni, rocky marciano, indro montanelli”.
“la storia del giornalismo italiano è divisa in due parti: prima e dopo l’arrivo di mauro della porta raffo” (antonio di bella).
“al genio della lampada, esprimendo il mio massimo desiderio, chiederei di avere la cultura di mauro della porta raffo” (antonio padellaro).
“la virtù vera di questo meraviglioso campione dei saperi – l’unico vero cosmopolita generato dalla provincia per eccellenza, quella di piero chiara – è di essere prodigo di belle e meravigliose cose di ogni tempo e di qualunque latitudine” (pietrangelo buttafuoco).
“mauro, mi piace immensamente come scrivi.
senza indugi né ripensamenti né bellurie.
diretto.
come il padre di quei due ingrati talentuosi che furono faulkner ed hemingway, sherwood anderson!” (pupi avati).
“mauro della porta raffo è un emilio salgàri  del nostro tempo.
e con salgàri  condivide l’arte di costruire mondi e trasmettere il fascino delle vite che non sono la sua” (aldo cazzullo).
“mauro è la nostra lepre della conoscenza.
lui corre e noi lo inseguiamo, nella libertà di prendere ogni tanto fiato” (ferruccio de bortoli).
“raffinato erudito da ancien régime” (pierluigi panza).
“senza mauro della porta raffo il mondo sarebbe fermo al settembre 1492 e l’america non esisterebbe” (bruno vespa).
“chi è davvero mauro della porta raffo?
un giornalista?
un intellettuale?
uno storico?
è come un prisma, lo scopri sempre in una luce diversa, ma con una costante: è un rompiballe, uno che non le manda a dire.
è il rompiballe colto, puntuale, documentatissimo, che sa fare le pulci a una categoria, quella dei giornalisti, piuttosto di manica larga riguardo alla verifica delle fonti, soprattutto storiche, e propensa al ‘copia e incolla’.
il grande merito di mauro della porta raffo è stato, come capita a tutte le persone di temperamento, di non accodarsi e di sfidare l’establishment giornalistico, denunciando puntualmente errori che una stampa seria non dovrebbe commettere.
il miracolo è che uno come mauro non è finito ai margini, ma, grazie al gusto della provocazione intellettuale di giuliano ferrara, è assurto a pubblico censore dei giornalisti, che per anni si sono sforzati di controllare meglio date e citazioni, non tanto per servire il lettore, ma nel timore di venire citati dal gran pignolo.
un timore che, sia chiaro, avevo anch’io.
quando nel 2006 pubblicai il mio primo saggio ‘gli stregoni della notizia’, ad angosciarmi non era il giudizio del pubblico, ma quello di mauro.
pensavo: chissà cosa troverà…
e, quando, un giorno, ricevetti una sua telefonata in cui mi comunicava di aver trovato una sola imprecisione e che il libro gli era piaciuto assai, iniziai a rilassarmi.
avevo ottenuto il bollino di garanzia, quel ‘mdpr’ che nelle redazioni equivale al miglior certificato di autenticità.
potere di un solo uomo.
potere di un indispensabile rompiballe” (marcello foa).
“quando uno pensa a un uomo originale, fatica a trovarne un campione nel nostro tempo.
tra le persone sicuramente tali c’è mauro della porta raffo, uno scrittore, un poligrafo, che nella sua lunga vita si è occupato di tutto quello di cui non si occupava nessuno.
riesce a rappresentare quello che ad altri è sfuggito, trovando le cose stravaganti, capricciose, e raccontando anche la storia.
ogni volta che l’ho letto e ogni volta che mi sono occupato di lui ho visto nella sua impresa l’ultima testimonianza dell’enciclopedismo settecentesco.
la visione di mauro della porta raffo è una visione d’insieme, una visione in cui i particolari fanno l’universale, e in questo senso quello che per altri è un sapere diviso in lui è un sapere universale.
questo caratterizza l’ultimo spirito enciclopedistico del nostro tempo” (vittorio sgarbi).
“quello che dice sgarbi è vero: ho la ‘visione globale’”.
 
“che cosa le piace del mondo di oggi?
‘che domanda, ragazzi!
 salvo solo la tecnologia.
per il resto, l’uomo è sempre uguale e pertanto mediocre’.
e che cosa rimpiange del mondo di ieri?
‘la verve.
adesso i giovani stanno muti davanti alle slot machine, ai computer, agli ipad qualsiasi cosa siano, come automi.
una volta, nei caffè, in giro, il prete giocava a carte col peccatore, l’avvocato col giudice e questi, a volte, con l’imputato.
ognuno diceva la sua, uscivano battute formidabili.
perché crede che il cabaret sia praticamente morto?
il gioco era un esercizio collettivo.
capitava che durante una partita, in un locale, carte in mano, piero chiara dicesse a uno spettatore:
‘va’ a pisciare tu per me, ché io non posso’.
è finita la creatività.
sono rimasto solo io!’” (lorenzetto).
 
getty images ha messo in vendita una sua fotografia opera di giorgio lotti in tre diversi formati: il piccolo a 175 dollari, il medio a 385 e il grande a 475..
 
“ho fatto mia la frase di groucho marx ‘di qualsiasi cosa si tratti, io sono contro!’”.
dice di sé:
“da sempre studia con passione ogni giorno, sperando (e gli manca ben poco!) di arrivare al livello di conoscenza a suo tempo raggiunto da adalbert pösch, il maestro ebanista del giovane karl popper, che poteva tranquillamente sfidare l’allievo dicendogli:
‘mi chieda pure quello che vuole. io so tutto (ich weiss alles)’”.
 
“in genere sono presentato come un grande esperto di stati uniti d’america, e questa è una cosa che mi fa una rabbia incredibile.
è chiaro che non ho assolutamente competenza in tema di materie scientifiche, ma per il resto so davvero tutto.
se mi si chiede di scrivere un articolo sullo shogunato, sulle navi nere di millard fillmore, su jacobo arbenz guzmán in guatemala, sulla battaglia di ayacucho, sull’invasione mongola del 1241 di batu e subotai o su qualsiasi altro argomento, io posso scrivere un capolavoro, ma la cosa non interessa.
interessano gli stati uniti, soprattutto in occasione delle elezioni presidenziali.
il risultato è che sono noto come americanista, e mi fa molta rabbia, perché io conosco un’infinità di altre cose di cui non importa niente a nessuno.
se qualcuno però comprasse il mio sterminato ‘dizionario enciclopedico’, si renderebbe conto che io parlo effettivamente di qualsiasi argomento, e sempre con assoluta competenza”.
 
la risposta a un invito di partecipazione a una chat:
“non so come dirlo.
sono un orso solitario e scorbutico.
non discuto.
difficilmente concordo con idee che non abbia avuto io per primo”.
 
“sono bianco, eterosessuale, credente, conservatore, non ho handicap, mai depresso, detesto il ‘politically correct’, non mi esprimo sguaiatamente e non insulto.
assolutamente individualista e decisamente colto.
c’è qualcuno messo peggio di me?”.
 
“sono un ‘modello’.
nessuna meraviglia.
tutto sta nel mettersi d’accordo sul significato da dare al vocabolo.
certo che, se il riferimento va a quei giovanotti che sfilano indossando novità sartoriali, non mi ci ritrovate.
neppure, ahimè, se così dicendo, con disinvoltura, si parli di me come di un gran bel ‘figo’.
ma cos’altro sono se non da molteplici punti di vista un ‘punto di riferimento’ da imitare e pertanto un vero assoluto ‘modello’ non solo per i miei abiatici?”.
 
“‘non importa chi ha vinto o ha perso, ma come si è giocato’ di william ernest henley.
credo sia questa la frase che meglio rappresenti il mio modo d’essere e di operare.
non mi è mai importato e non mi importa un fico secco di vincere, infatti.
non voglio convincere nessuno.
non chiedo conforto.
non desidero soddisfare le aspettative di altri: soddisfo pienamente le mie.
non mi preoccupo di essere primo agli occhi del mondo ma solo ai miei.
e gioco sempre molto bene.
sempre!”.
“se devo pensare a un purosangue alla mia altezza, nearco!”.
 
“non il bazan.
risolverebbe, ma è troppo provincialmente elitario.
non sono straniero – aiuta, anche se non è determinante – e non ho operato in campi sofisticati, in qualche modo ‘lontani’, eterei.
visto che, superati gli ottanta e sempre più imperante la tecnologia, non il mio pane, non sono in grado come ai bei vecchi tempi di architettare piani e mettere a segno giochetti con le banche e neppure, ahimè, di passare il necessario lungo tempo in qualche bisca carte da gioco alla mano spennando polli, la sola soluzione che vedo è il nobel.
per la letteratura, dato che non esiste quello per la cultura.
in ragione del prestigio?
della fama imperitura conseguente?
semplicemente perché mi è dovuto?
invero e soprattutto se non soltanto in quanto è ricevendo il cospicuo relativo assegno (trilussa, alla notizia della nomina a senatore a vita, chiamata la ‘serva’, come si diceva allora, le disse “finalmente siamo diventati ricchi!”) che posso sistemare le infinite pendenze, mie e familiari, nonché affrontare con tranquillità il futuro.
è questa la decisiva ragione per la quale ti chiedo, amico mio caro, di attivarti per quanto possibile.
ufficialmente proponendomi.
dando eclatante inizio ad una raccolta firme.
vedi tu.
so che lo farai” (messaggio telefonico inviato ad alcuni amici nel giugno 2023).
“in conclusione, al di là di ogni finzione (l’esergo del mio sito recita ‘l’umiltà e la modestia sono gli unici difetti che non ho!’), detengo tre primati assoluti.
sono l’individuo più stonato mai venuto al mondo.
sono stato il peggior giocatore di calcio di tutti i tempi.
la mia cultura è per unanime riconoscimento sterminata e unica.
ebbene, i primi due sono tali e intangibili.
al continuo, ininterrotto miglioramento del terzo lavoro con gioia ogni momento”.

poscritti:
“una lunghissima serie di malattie dai primi di novembre del 2020 ha cercato di abbattermi.
vivere per oltre tre anni – da ultimo, pare (pare) ne sia uscito – attaccato quasi sempre alle bombole d’ossigeno, soffrire, cosa ha voluto dire?
fisicamente, parecchio.
e penso che una persona meno forte sarebbe, e da tempo, tra i più.
da ogni differente punto di vista, assolutamente niente: ho preso la vita di petto e, studiando e scrivendo ventisette ore al giorno, altroché, se continuo a farlo!”.
 
“quelli che dicono ‘non pensavo che la vecchiaia sarebbe stata così’’: non sono tra loro.
mai arzigogolato, non dico in merito alla terza età, alla vita tutta.
la volta che la maestra chiese di mettere giù cosa volevamo fare in futuro non sapevo che scrivere davanti al foglio bianco, io che un tema meno di otto pagine mai.
ho per lunghi anni lasciato fare, ho lasciato accadesse questo o quello sempre, per qualche verso ancora oggi.
nessun rimpianto quindi adesso, mento a me stesso.
bugiardo, perché la sola cosa che davvero volevo, una grande, grande, sterminata famiglia, non c’è”.
“ho toccato gli ottant’anni (dicono sia l’età più bella) e i ventinovemiladuecentoventi giorni e, per quanto ferito, i miei interessi aumentano e la memoria migliora!”.
 
 
“trieste è bellissima.
vorrei morire a trieste, ed è per questo che non ci vado più.
non mi piacerebbe essere esaudito!”.
 
“in ogni caso, non posso morire prima d’aver letto e corretto tutti i necrologi che mi riguardano”.
 
“declino?
mi allontano?
certamente.
ma tornerò!”.
 
 
 
 
 
apparati e opere
 
mauro della porta raffo
le radici familiari (naturale che, frequentando gli stessi ambienti ed ambiti, le medesime scuole, i circoli e le istituzioni, le famiglie nobili romane si imparentassero):
- i della porta rodiani carrara
originano dai savelli, famiglia patrizia della roma antica che rivendica tra gli ascendenti l’eroe troiano enea, risalendo pertanto al mitico (per i greci, gli etruschi e i romani stessi) dardano.
uomo d’arme di spiccate capacità, nell’anno 798 dopo cristo giulio savelli fu inviato dal senato romano a piacenza perché ne difendesse mura e porte.
assunse allora il titolo di signore di castell’arquato.
arrivato colà nell’800 carlo magno (in procinto di essere incoronato nella città eterna da papa leone terzo imperatore del sacro romano impero, s.r.i.), lo nominò conte della porta.
saranno i della porta savelli in piacenza, dipoi in como (il palazzo comunale cittadino, nella consistenza più antica, come ricorda una targa, era in origine loro) e porlezza, rientrando infine in roma nel 1527 al seguito di un odescalchi, nobile famiglia lariana alla quale si erano imparentati.
nominati patrizi romani da pio v, furono successivamente insigniti dei titoli di conti e baroni del s.r.i..
con il trascorrere del tempo, per via matrimoniale ed ereditaria, aggiungeranno cognomi, casati e proprietà dei rodiani e dei carrara.
tra loro, numerosi gli artisti di grande capacità, primo fra tutti l’immortale giacomo della porta, architetto eminente.
non trascurabile poi, certamente, lo scultore cinquecentesco guglielmo, in possesso a suo tempo del leonardesco codice leicester (o hammer), oggi proprietà di bill gates.
- ginevra pfyffer von altishofen, discendente del cosiddetto ‘re degli svizzeri’ ludwig, signore cinquecentesco lucernese, e sorella dell’allora capitano delle guardie pontificie nella città eterna (ruolo frequentemente ricoperto in famiglia), è mia ava in quanto nonna di enrico della porta, padre di mia madre.
- i raffo hanno origini in quel di chiavari, laddove anticamente operavano come marinai avendo preso nome dalla sartia (nella parlata in acqua detta appunto ‘raffo’) che sulle barche manovravano.
ebbero nel 1849 il titolo di barone dall’allora re di sardegna carlo alberto, e due anni dopo quello di conte dal di lui successore nel ruolo vittorio emanuele secondo.
si spostarono a roma con omero, mio bisnonno paterno.
tra loro, il fratello minore di mio nonno gino, carlo, rugbista di valore assoluto, pluricampione italiano e membro della nazionale (fra l’altro, in occasione della prima partita internazionale della stessa), definito negli almanacchi “ala di grande potenza”.
- i bontemps de montreuil, nobili e conti lorenesi presenti alle crociate, si sono illustrati in italia con carlo (il cui busto è al gianicolo), eroico capitano d’arma, mio trisnonno paterno in quanto padre di corinna, sposa in roma di omero raffo.
- mia nonna paterna luigia detta gina, moglie di gino raffo, era una zavagli ricciardelli delle caminate, nobili di san mauro di romagna, suo cugino il grande designer rené gruau.
- mia nonna materna giorgia detta giorgina giorgi, moglie di enrico della porta, era di nobile famiglia arrivata dall’albania a genazzano seguendo l’immagine della madonna nera che cercava rifugio, e là lo trovò, per sfuggire agli invasori turchi musulmani.

mauro della porta raffo
tra gli anni sessanta e settanta ha ricoperto i seguenti incarichi politici nell’ambito del partito liberale italiano (p.l.i.) naturalmente partendo dalla gioventù liberale (g.l.), alla quale si era iscritto nel 1961, fino al 1978, anno del ritiro dalla politica attiva:
- vice presidente cittadino g.l. a varese
- segretario g.l. a varese
- vice presidente g.l. regione lombardia
- vice segretario della sezione di varese p.l.i..
- segretario della sezione di varese del p.l.i..
- vice segretario della sezione provinciale di varese del p.l.i..
- tre volte delegato al congresso nazionale del p.l.i..
sempre nelle sue liste liberali, è stato candidato:
- al comune di varese nel 1970, non risultando eletto
- alla camera dei deputati nel 1972 e nel 1976, non risultando eletto
- all’amministrazione provinciale di varese nel 1975, venendo eletto (da consigliere provinciale si è in seguito volontariamente dimesso nell’estate del 1978).
ove si escludano la divertente candidatura come indipendente alla testa della lista ‘la varese che vorrei’ nel 2011 alla carica di sindaco della città di residenza e la proposta ricevuta nel 2021 dai partiti conservatori cittadini di correre per la sindacatura (declinata, come già detto, per le precarie condizioni fisiche), il citato 1978 segna il suo abbandono della vita politica.
 
mauro della porta raffo
il quale ha sempre considerato di impronta assolutamente intellettuale la responsabilità assunta a gennaio del 1968 di direttore della azienda autonoma di soggiorno di varese (lasciata a fine settembre del 1974), ha nel corso della sua vita ricoperto i seguenti incarichi e ricevuto i seguenti riconoscimenti in ambito culturale:
- presidente del circolo degli scacchi di varese dal 1969 al 1974
- presidente della sezione di varese della gioventù musicale d’italia dal 1969 al 1974
- consigliere della università popolare di varese dal 1970 al 1974
- consigliere dell’ente provinciale per il turismo di varese dal 1976 al 1978
- presidente della associazione unicamentemusica dal 2003 al 2007
- ideatore, fondatore e, dal 2011, presidente onorario della associazione culturale varesepuò, società di lettere, arti e scienze
- membro dalla fondazione dell’istituto di studi superiori dell’insubria gerolamo cardano
- nel 2016, presidente del comitato ufficiale cittadino per le celebrazioni del bicentenario della elevazione a città di varese
- dal 2017, detentore del paul harris fellow, il più alto riconoscimento del rotary international
- dal 2018, presidente onorario della prestigiosa fondazione italia-usa, che si occupa in particolare di coltivare i rapporti culturali e di amicizia tra il nostro paese e gli stati uniti d’america
- dal 2019, consigliere del museo bagatti valsecchi di milano in rappresentanza ufficiale della regione lombardia
- nel 2020, ambasciatore di luino nel mondo
- dal 18 dicembre del 2021, cintura nera di judo ad honorem, insignito dal presidente della federazione italiana judo lotta karate arti marziali domenico falcone
- officiato col premio rosa camuna “per la cultura e l’attualità”, conferitogli il 27 maggio 2023, a milano, da parte della regione lombardia.

mauro della porta raffo
- dal 15 gennaio del 1968 al settembre del 1974, direttore dell’azienda autonoma di soggiorno di varese
- dall’ottobre del 1974 a fine 1978, patrocinatore legale
- dal 1979 al 1981, venditore via telefono di enciclopedie a lugano
- dal 1978, contemporaneamente alle predette e invero trascurate attività, giocatore d’azzardo professionista
- dal luglio 1981 al giugno 1988, agente di varese e del varesotto della sapa assicurazioni
- dal luglio del 1988 al febbraio del 1991, agente della reale mutua assicurazioni a como, in seguito passato velocemente ad altre compagnie, prima a varese e infine a milano
- dal 1992, scrittore e saggista, attività che tuttora (con lo studio al quale lunghe ore quotidianamente attende) con grande soddisfazione lo occupa.

mauro della porta raffo
nelle vesti di sceneggiatore, ha realizzato per conto della r.s.i. (radio televisione della svizzera italiana) due documentari:
nel 1995, ‘mal di gioco’ (dedicato all’azzardo, al mondo che rappresenta e ai personaggi spesso se non sempre moralmente persi che lo frequentano)
nel 1996, in occasione del decennale della morte di piero chiara e in sua commemorazione, ‘sul filo della memoria’.
quale presidente della associazione unicamentemusica, nel 2004/2005, con presentazione nel teatro milanese per eccellenza e successivamente al covent garden di londra, ha prodotto ‘rudolf nureyev alla scala’, eccezionale celebrazione (alla cui fattura ha messo sostanziale mano l’amico dino risi) della intera carriera (altresì a livello internazionale) del più grande ballerino e coreografo di tutti i tempi.

premio controcorrente luca hasdà 2009, la motivazione:
“per l’anticonformismo che da sempre lo contraddistingue.
per la tenacia con cui nella vita si è battuto e si batte tuttora in difficili battaglie a difesa della libertà.
per la passione per la cultura e lo studio.
per l’amore che ha nutrito e nutre per le idee meno conformiste.
per il coraggio dimostrato quale ‘gran pignolo’ nel dissacrare i ‘mostri sacri’ della politica, del giornalismo e della cultura italiana e nel puntare l’indice anche su personaggi ritenuti ‘intoccabili’”.
premio rosa camuna per la cultura e l’attualità, 27 maggio 2023, la motivazione:
“uno dei più qualificati esperti a livello internazionale di storia politica degli stati uniti e presidente onorario della fondazione italia-usa.
in lombardia ha promosso iniziative culturali di altissimo profilo e nei famosi ‘salotti di mauro della porta raffo’ ha incontrato personalità di spicco della cultura, del giornalismo e dello spettacolo conducendo dibattiti e conversazioni sempre stimolanti e spesso provocatorie.
una voce libera nel panorama della cultura italiana!”
 
opere pubblicate
 - racconti e saggi
1999, sale, tabacchi e…
2000, un amico, un certo piero chiara
2001, tato fuma
2002, prendere la vita di petto e guadagnarci in salute. memorie di uno scioperato
2003, obiettivo casa bianca. come si elegge un presidente (già on line per il ‘corriere della sera’ nel 2000)
2003, vecchi barbieri, antiche barberie
2004, la prima squadra non si scorda mai (con luca goldoni) (finalista al ‘premio bancarella sport’ 2005)
2004, i signori della casa bianca (già on line per il ‘corriere della sera’ nello stesso anno con il titolo ‘casa bianca 2004’)
2005, dodici giorni in un’altra città
2005, i signori della casa bianca (seconda edizione ampliata e aggiornata)
2005, piero chiara
2006, eminenti varesini
2006, dieci anni di pignolerie
2007, mi dia del lei!
2007, c’è posta per liala
2008, albergo a ore (romanzo breve, già proposto nel 2004 a puntate su ‘il giorno’, del quale lo sceneggiatore vittorio salerno ha scritto un trattamento in vista di una versione cinematografica)
2008, i film della nostra vita
2009, la volpe rossa
2010, il continente della speranza? storia e storie dell’america latina
2011, la vita come viene (edizione fuori commercio)
2011, americana (edizione fuori commercio)
2011, pignolerie 1996/2009 (edizione fuori commercio)
2011, varesini. non solo piero chiara (edizione fuori commercio)
2012, figura e memoria del tempo presente (edizione fuori commercio)
2012, varie ed eventuali (edizione fuori commercio)
2012, usa 2012 (edizione fuori commercio)
2013, white house 2012 – obama again (edizione fuori commercio)
2013, la provvidenza divina e gli stati uniti d’america (edizione fuori commercio)
2013, john kennedy (edizione fuori commercio)
2014, la vita come viene. l’opera letteraria 1993/2014 (edizione fuori commercio)
2014, usa 2016 (per ‘i quaderni di dissensi &discordanze’ – edizione fuori commercio)
2015, un quadrato e dodici corde (per ‘i quaderni di dissensi & discordanze’ – edizione fuori commercio)
2015, usa 1776/2016 – dalla dichiarazione di indipendenza alla campagna elettorale del 2016 – libro primo (edizione fuori commercio)
2015, la terra ti sia lieve, amico mio (per ‘i quaderni di dissensi & discordanze’ – edizione fuori commercio)
2016, usa 1776/2016 – dalla dichiarazione di indipendenza alla campagna elettorale del 2016 – libro secondo: approfondimenti (edizione fuori commercio)
2016, usa 1776/2016 – dalla dichiarazione di indipendenza alla campagna elettorale del 2016 – libro terzo: prima delle primarie (edizione fuori commercio)
2016, un amico, un certo bruno lauzi (per ‘i quaderni di dissensi & discordanze’ – edizione fuori commercio)
2016, donald trump, the dark horse (edizione fuori commercio)
2017, white house 2016. la figura del presidente: l’istituzione, l’ufficio, le persone. come è andata a finire: l’esito elettorale in breve. come si è svolta: la cronaca ragionata dal marzo 2015 (candidature, primarie, caucus e convention). l’election day e l’insediamento (edizione fuori commercio)
2018, ‘dizionario enciclopedico’ intitolato ‘nel mentre il tempo si va facendo breve’, prima edizione cartacea (fuori commercio)
2020, usa 2020
2022, dalla parte di esaù. prendere la vita di petto e guadagnarci in salute (edizione cartacea fuori commercio), pubblicato on line dal sito lamescolanza.com
2022, storia politico-istituzionale con ampie venature culturali degli stati uniti d’america come narrata a settembre/ottobre del 2022 (edizione on line)
2023, white house 2024. istruzioni per l’uso. strumenti: glossario e numeri. der stand der dinge (edizione on line).
2024, lettera da varese. in vista delle votazioni del 2024, storia delle cosiddette elezioni presidenziali americane (on line su the science of where magazine)
 
- plaquettes
2006, viacard
2007, tre storie
2008, la casa, la vita
2010, il terzo quarto, 1951/1975
2011, ernest (1961/2011). in memoria
2012, la città bianca. tre giorni a belgrado (della quale esiste anche una versione in serbo pubblicata dalla rivista universitaria ‘vesna’)
2013, varese, via bernascone numero uno
2021, dalla parte di esaù (prima edizione cartacea)
2021, americana, breve storia politico istituzionale degli stati uniti d’america
- fascicoli
2011, white house
2016, terra gigantum
2016, domande e risposte a proposito del sistema elettorale americano. record, curiosità, numeri (il testo è stato pubblicato anche on line su corriere.it sotto il titolo ‘sai come funzionano le elezioni usa?’)
2021, 75/78 con le fotografie di carlo meazza
- riviste
dal 2013, ‘dissensi & discordanze’, on line e in edizione cartacea (il secondo numero della rivista è stato dedicato alle due coree, il quarto alla svizzera, il quinto a piero chiara nel trentesimo anniversario della dipartita, il sesto, intitolato ‘da washington a trump’, alla storia delle elezioni americane).
- documentari
1995, per la rsi radio televisione della svizzera italiana, ‘mal di gioco’, sceneggiatura
1996, per la rsi radio televisione della svizzera italiana, ‘sul filo della memoria: piero chiara’, sceneggiatura
2005, per unicamentemusica, ‘rudolf nureyev alla scala’, produzione.
il testo ‘fidel castro come l’ho visto io’, elaborato in morte del ‘lider maximo’, è stato pubblicato on line il 1°dicembre 2016 dal corriere della sera su corriere.it
il testo ‘il presidente degli stati uniti d’america. l’istituto, l’ufficio, le persone, le personalità, le appartenenze politiche e partitiche, la storia insomma. in appendice, il vice presidente’ è stato pubblicato on line il 16 gennaio 2017 dal corriere della sera on line.
 
da una sua articolata argomentazione a proposito del ‘sopravvissuto designato’, figura istituzionale americana particolare e poco nota è nata la serie televisiva usa ‘designated survivor’ con kiefer sutherland.
 
il suo imperdibile ‘glossario essenziale della politica americana’, rivisto e aggiornato in data 1 luglio 2024, è disponibile in rete nel sito www.dissensiediscordanze.com al quale va fatto comunque riferimento in quanto propone un numero davvero notevole di articoli, riflessioni, storie e narrazioni non solamente di sua mano.
essendo i tempi che la pandemia ha tutti costretto a vivere dilatati, al di là di quanto prima ottimisticamente pensato, ha divisato di proporre gratuitamente on line nei suoi siti, a partire dal 1° gennaio del 2022, la seconda edizione decisamente ampliata del ‘dizionario enciclopedico’ intitolato ‘nel mentre il tempo si va facendo breve’.
considera di particolare interesse la seconda uscita di ‘dalla parte di esaù. prendere la vita di petto e guadagnarci in salute’, pubblicata tenendo conto di due date vicine entrambe significative: il 17 aprile 2022, settantottesimo suo compleanno, e il 28 aprile seguente, 28500esimo giorno dalla sua nascita.
da ottobre 2022 è disponibile il docu-film ‘due o tre cose che so di me’, a mdpr dedicato da gianluca mattei, ufficialmente presentato al pubblico con vasta eco, partecipazione e consenso il 25 febbraio 2023 al multisala impero in varese.
come detto, attende indefessamente alla composizione di ‘when almost everything is said and done’ che dovrà comprendere praticamente l’intera opera scritta.
davvero numerosi, si ripete – gli interventi filmati, tra i quali interviste concesse e realizzate, reperibili in rete.
non poche delle opere on line, come accennato a qualche riguardo, sono consultabili nel sito lamescolanza.it
divertendosi, appare dalla fondazione con buona frequenza su ‘anteprima’, la spremuta di giornali (così denominata dall’ideatore e realizzatore) di giorgio dell’arti.