La Stampa, 25 febbraio 2025
Meloni pronta a inviare truppe in Ucraina. Salvini frena: “Lega contraria”
La premier a Washington entro tre settimane. Trump: «Una grande» Per due anni sono state le armi, ora saranno gli uomini. Non più i Samp T, i pacchetti di aiuti, le munizioni spediti a Kiev nonostante un Parlamento sempre più riluttante. Da qui in avanti la politica italiana discuterà e si dividerà sui soldati da inviare in Ucraina. Il primo assaggio c’è stato già ieri. Alle 21,25 arriva una nota della Lega: «Nessun soldato italiano in Ucraina». Una sentenza, telegrafica. Il comunicato è una risposta al disegno di Macron, esposto a Washington, accanto al leader Usa Donald Trump, di un contingente europeo posizionato a difesa dei confini Est, a scudo di Kiev e dell’Europa, a fronte di un disimpegno americano. Ma c’è di più, dietro. L’avvertimento di Matteo Salvini non è indirizzato solo al presidente francese. L’obiettivo è anche in casa: perché ha capito e sa quali sono i piani dell’intero apparato diplomatico e militare, e quali gli impegni europei a cui Giorgia Meloni non potrà sottrarsi.
Nel giorno del terzo anniversario della guerra scatenata da Putin, la premier è poco loquace. Il suo silenzio sull’Ucraina viene rotto solo da una nota che arriva dopo le 21, dopo che le agenzie di stampa avevano sottolineato l’assenza di una dichiarazione o di un commento per commemorare gli oltre mille giorni di invasione. Meloni ha scelto di non andare nella capitale ucraina assieme agli altri leader europei, ma siede al tavolo del G7 in videoconferenza, a cui inizialmente non voleva partecipare. La fotografia la mostra seduta di fronte a quattro schermi: in uno c’è da solo il premier giapponese, in un altro c’è Keir Starmer con le due bandiere, quella britannica e quella ucraina, nella terza ci sono il canadese Justin Trudeau – presidente di turno dei Sette – assieme alla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, al presidente del Consiglio europeo Antonio Costa, e a Volodymyr Zelensky. Il leader ucraino è al centro, simbolicamente. Nel quarto schermo c’è l’uomo che lo ha definito un comico mediocre e un presidente illegittimo: Trump, collegato dalla Casa Bianca assieme a Macron, primo ospite europeo a essere accolto. Meloni li guarda da Roma e solo i complimenti inviati più tardi, e a distanza, dal presidente americano – «è una grande leader» – le allieteranno una giornata non semplice. Il silenzio con cui la premier attraversa questo anniversario così particolare è pieno di non detti, di difficoltà, di tattica.
Lo scenario di soldati europei in Ucraina porta con sé molte incognite. Ne parla Macron e il presidente Usa si dice favorevole, anche se nella brutalità dell’uomo di affari sembra quasi liquidarla come una faccenda che la Vecchia Europa si deve sbrigare da sola. Per la presidente del Consiglio è, invece, un tema non da poco, e ne è prova la risposta di Salvini. Secondo fonti direttamente coinvolte nel dossier, Meloni è arrivata al G7 con una proposta: l’Italia invierà soldati solo nel quadro di una missione internazionale di pace, con precise garanzie di sicurezza, che dovranno avere un grado di coinvolgimento anche americano. La formula dovrebbe essere quella di una forza di peacekeeping, sotto l’Onu, come ipotizzato dal ministro della Difesa Guido Crosetto. Solo così, è convinta Meloni, sarà digeribile dai partiti e dall’opinione pubblica italiana.
Molto dipenderà, anche in questo caso, da Trump. Difficilmente Salvini continuerà con la sua campagna del no, se il tycoon darà la sua benedizione. Il timore della premier è che gli Stati Uniti si sgancino, indebolendo l’Unione e l’Alleanza Atlantica. Ed è su questo che intende lavorare, mentre prepara il viaggio a Washington, nella speranza di essere almeno la terza – dopo Macron, e Starmer che domani arriverà nella capitale americana – ad avere una fotografia accanto a Trump nello Studio Ovale. Ci sarebbe stato un tentativo, tramite l’ambasciata e i consiglieri diplomatici, di sondare la controparte Usa per ottenere un bilaterale subito (persino prima del Consiglio europeo straordinario del 6 marzo) ma al momento non c’è una data in agenda e si lavora per farlo essere entro tre settimane. Meloni si deve accontentare delle belle parole di omaggio di Trump, sollecitate dai giornalisti italiani gli chiedevano dei dazi: «L’Italia è un Paese molto importante. Avete una donna fantastica come leader. Penso che l’Italia stia facendo molto bene e ha una leadership molto forte con Giorgia». Quel nome di battesimo, difficile da storpiare come avvenne con il famoso «Giuseppi» Conte, nel primo mandato del magnate, è un segno di affetto che strappa la premier nuovamente dal suo silenzio: «Grazie a Trump per le sue parole – scrive su X – Italia, Stati Uniti ed Europa condividono valori e responsabilità comuni. Lavoreremo insieme per affrontare le sfide globali con determinazione e visione». L’equilibrismo diplomatico di cui ha dato prova ieri l’Italia, votando due risoluzioni all’Onu, una dell’Ucraina e un’altra degli Usa più favorevole a Mosca, è perfettamente incarnato nell’atteggiamento di Meloni. Nella nota di ieri, quella che senza alcun virgolettato ricostruisce la posizione della premier nel G7, emerge un piccolo cambio di rotta, frutto – spiegano – dei consigli del fidato sottosegretario Giovanbattista Fazzolari, il più convinto sostenitore degli ucraini. Meloni parla di «pace giusta e duratura»: «Una prospettiva» che riconosce essere stata possibile grazie «all’eroica resistenza» del popolo ucraino e al sostengo occidentale «mai venuti meno in questi tre anni», e che dovrà basarsi sulla definizione di «garanzie di sicurezza reali ed efficaci». Meloni assicura che l’Italia «ci sarà, insieme al resto d’Europa e dell’occidente, per un futuro che sia «soprattutto di libertà».