il Fatto Quotidiano, 25 febbraio 2025
La culla del design è un cumulo di scatole
Per fortuna il cielo è grigio e non c’è parcheggio, perché altrimenti non sembrerebbe nemmeno di stare a Milano, la sedicente capitale del design. Due settimane fa, il ministro Matteo Salvini ha varcato il cantiere del Villaggio Olimpico, sorto a tempi record nell’ex Scalo di Porta Romana, destinato a ospitare gli atleti durante i Giochi e a trasformarsi, dal settembre 2026 in poi nel “più grande studentato d’Italia”, con 1.700 posti letto convenzionati con otto atenei milanesi. Un grande annuncio accolto con entusiasmo dalle istituzioni.
Ma quando ci si trova davanti al complesso, l’effetto visivo è più vicino a un accumulo di scatole di fiammiferi, stipate l’una accanto all’altra con la stessa monotonia di certi casermoni di Pankow ai tempi del Muro. L’aspetto è rigido, anonimo, lontano dagli ideali del design e dell’architettura di qualità. La Rete non ha perdonato: “Una collezione di parallelepipedi senz’anima, il cui unico merito è ricordarci che il brutto è una scelta deliberata”, ha scritto la sezione italiana del movimento Architectural Uprising (“Rivolta Architettonica”), il cui post ha fatto il giro del web.
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Eppure, l’intento iniziale del progetto era ben diverso. Le indicazioni ai progettisti suggerivano di ispirarsi a Casa Rustici, un edificio multipiano degli anni Trenta situato in Corso Sempione 36, considerato un fulgido esempio di architettura razionalista milanese. Ma la realtà appare distante dal modello. Non a caso, la società Coima di Manfredi Catella, motore dell’operazione di riqualificazione urbana da 140 milioni, si affretta a precisare: “Mancano pavimentazione, illuminazione, le connessioni orizzontali verdi fra gli edifici tramite rampicanti di diverse essenze, possibili studi cromatici negli sfondati non coperti dalle pareti verdi”. Tradotto: l’impatto estetico attuale non è quello definitivo, ma il dibattito è già acceso. La gente del quartiere, osservando l’intervento dal marciapiede o dalle finestre della splendida Torre Prada, esprime giudizi lapidari: “Se si potesse coprire tutto con l’edera sarebbe meglio”. La giornalista Selvaggia Lucarelli ha colto nel segno, evidenziando le criticità estetiche del Villaggio. Oltre all’impatto estetico, tiene banco la questione dei posti letto per studenti e dei relativi canoni d’affitto. Inizialmente, le camere doppie a tariffa agevolata erano solo 150, un numero giudicato scandalosamente basso per giustificare l’operazione. L’intervento di Cassa Depositi e Prestiti, con 50 milioni del Fondo Nazionale Abitare Sociale, ha permesso di incrementarle a 450. Ma alla fine, quanto costerà vivere qui? La tariffa per un posto in camera doppia agevolata è di 430 euro al mese più spese, mentre gli altri 1.698 posti saranno a “tariffa media” di 647 euro più spese. Una cifra non troppo distante dai prezzi di mercato. Coima si difende, sottolineando che le tariffe sono state concordate con il Comune di Milano nel dicembre 2022 e devono comunque bilanciare i costi di costruzione, lievitati di 40 milioni, oltre a garantire un rendimento del 7% agli investitori.
L’area, una volta a regime, dovrebbe ospitare anche 320 appartamenti in convenzione e 100 alloggi di edilizia residenziale pubblica (le vecchie case popolari), la cui realizzazione sarà affidata alla cooperativa CCL entro il 2026. Tuttavia, tra le agenzie immobiliari raccolte attorno a Piazzale Lodi, nessuno sembra preoccuparsi dell’impatto sul mercato. Sono convinti che l’housing sociale, così concepito, non rappresenti una reale concorrenza.
Tra coloro che osservano con occhio critico c’è l’assessore all’Urbanistica del Consiglio di zona, Mattia Cugini del Pd, il partito che sostiene Sala. Ogni giorno andando in ufficio passa davanti al cantiere e commenta: “Si poteva fare meglio”. Sottolinea come le proteste del piccolo municipio abbiano contribuito ad aumentare i posti letto, ma riconosce che c’è molto da fare per poter parlare di ‘rigenerazione urbana’. “Il progetto avrebbe dovuto essere integrale e uniforme per tutta l’area, la pressione dei tempi olimpici ha finito per sdoppiare il procedimento a discapito della dimensione generale, delle fratture che sono rimaste tra il nuovo e la città preesistente che possono diventare fratture sociali”. Dietro l’angolo c’è un graffito: “Riqualification=Ghettization”. Il rischio è una ghettizzazione olimpica.