la Repubblica, 25 febbraio 2025
Caccia all’autogtafo:ora è un mercato miliardario
Vivere vendendo autografi? Qualcuno ci metterebbe la firma. E c’è chi lo fa. L’ultima frontiera è farsi firmare un pezzotto da qualche vip, chiedere a un amico di girare il video del solenne momento (una sorta di certificato di autenticità) e poi piazzare lo svolazzo su Internet, oppure proporlo a qualche casa d’aste. Però qualcuno ha mangiato la foglia, ad esempio Pep Guardiola, allenatore del Manchester City, il quale ha apostrofato tre cacciatori d’autografi ragazzini: «Vi conosco, venite sempre qui e poi vi vendete le firme. Volete passare la vita facendo questo? Andate a scuola!».Un tempo era solo collezionismo, forse feticismo. Oggi invece “l’autografomania” (così la definì l’americano Theodore F. Dwight, bibliotecario e archivista ottocentesco) muove miliardi di dollari all’anno tra firme, cimeli, aste e memorabilia. Un oggetto autografato – la maglia del calciatore, il berretto del tennista o del presidente, la foto dell’attore, il guantone del pugile – triplica il suo valore, purché certificato come autentico. Esistono società che fanno proprio questo, analizzando carte, inchiostri e calligrafie mediante esami spettrografici e al microscopio e poi “mettono la firma sulla firma”. Oppure, più semplicemente, si possono usare un video o una foto. «Noi acquistammo un autografo di Ayrton Senna da una studentessa, che ci portò anche l’immagine del campione mentre le firmava il libretto: lo rivendemmo a 1600 euro più i diritti», racconta Matteo Armandi di Bolaffi, la nota casa d’aste. «Vengono anche ragazzini con i loro cimeli, sebbene i pezzi più pregiati arrivino da collezioni private. Come quella di un ex calciatore di cui non farò il nome, che aveva incaricato il magazziniere di incellofanare e catalogare tutte le maglie che scambiava con gli avversari a fine gara».Una passione maiuscola, scritta con inchiostro indelebile. Oscar Wilde aveva una segretaria incaricata solo di firmare autografi, che falsificava benissimo. Il Re Sole, allo scopo, aveva due sécretaires de plume.Maradona a volte faceva firmare il mitico massaggiatore Carmando, figura leggendaria del Napoli. Il lunare e un po’ lunatico Neil Armstrong, primo uomo a passeggiare sul satellite degli innamorati,smise di firmare autografi perché era stufo di alimentarne il commercio: oggi la sua firma vale 4 mila dollari. Tre presidenti americani, Jefferson, Clinton e Obama, hanno usato l’Auto Pen, un marchingegno in grado di copiare e riprodurre alla perfezione l’autografo: grazie al visto del Dipartimento di Giustizia,Molti scelgono eBay per venderli: la foto con le firme dei Beatles costa 4mila dollaricon l’aggeggio sono state firmate anche alcune leggi.Per curiosità ci siamo fatti un giro su eBay, dove un contratto vergato da Humphrey Bogart e Lauren Bacall si porta a casa con 2.040 dollari. Per il pallone dorato con la firma di Cristiano Ronaldo servono 374 euro, poco più della metà diquanto bisogna sborsare per la maglia dell’Argentina, autografata da Messi. Il berretto rosso di Trump vale appena 340 dollari, una carta firmata da Michael Jackson con foto certificata, 818 dollari. Costa di più una foto griffata da Ingrid Bergman: 1398 dollari.Ancora: 3 mila dollari per un autografo di Hitler, 500 per uno di Mussolini, anche la storia li quota diversamente; 4 mila dollari per la foto con le firme dei quattro Beatles (gli Stones valgono la metà), ma il disco autografato da John Lennon a Mark Chapman, il suo assassino, pochi istanti prima di essere ucciso, venne venduto a 793 mila dollari. Un autografo di Leopardi è stato battuto all’asta per 30 mila dollari, uno di Beethoven per 384 mila. Il sogno impossibile di ogni collezionista? La firma di Shakespeare, che non sappiamo neppure se sia esistito, in compenso c’è la quotazione teorica: cinque milioni di dollari.Il commercio dell’autografo ha una lunga coda di interessi collaterali. Il Barcellona fa firmare solo su taccuini ufficiali del club, venduti online o negli appositi negozi, perché ci devono guadagnare un po’ tutti, con buona pace dei romantici taccuini di quando eravamo piccoli. Neppure la moda dei selfie ha spodestato la vecchia firma cartacea, di cui, come abbiamo visto, uno scatto al momento giusto è diventato l’anima gemella nel percorso di certificazione. Una malizia: se si vuole rivendere l’autografo, maifarsi fare la dedica!Sta quasi diventando una forma (una firma?) d’investimento: è stato calcolato che gli svolazzi dei super vip (il berretto vergato dalla mano di Sinner già viaggia oltre i mille euro), in una decina d’anni crescano di valore per un buon 25 per cento. Chissà se questo vale anche per gli autografi che ci guardano dalla parete, mentre scriviamo l’articolo che state leggendo: Muhammad Alì, che firmò con mano tremante un cartoncino che gli porgemmo nel 1991, e poi Pelè, Maradona, Bartali (preso al mercatino, qualche dubbio sull’autenticità) e soprattutto Fausto Coppi: una foto di famiglia in montagna e, sul retro, luogo e data (“Cortina 1952”) e una dedica: “a Bruna”. La sua prima moglie. Spiacenti, ma qui non si vende nulla.