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 2025  febbraio 25 Martedì calendario

Chi è Bongino,il podcaster nuovo numero 2 dell’FBI


La scelta di Kash Patel come capo dell’Fbi aveva sconvolto la sinistra per le sue posizioni trumpiane rafforzate con accenti di ultradestra conditi con l’adesione a teorie cospirative di vario tipo, ma aveva lasciato senza fiato anche gli agenti federali: a parte certe sue uscite da «disruptor» del sistema (tipo «da capo dell’Fbi il primo giorno chiuderò il suo quartier generale e il secondo lo trasformerò in un museo») a preoccupare è la sua mancanza di esperienza.
Patel è stato avvocato e consigliere politico in materia di antiterrorismo, ma non ha quell’esperienza investigativa sul campo necessaria per governare un organismo con 38 mila detective e un bilancio di 11 miliardi di dollari incaricato di combattere i crimini federali commessi in ogni parte d’America.
Ottenuto la settimana scorsa il voto di conferma del Senato, Patel aveva detto a Natalie Bara, capo dell’associazione dei «federali», che avrebbe scelto come vice un agente interno all’Fbi con ampia esperienza. Ha ripetuto la stessa promessa domenica durante un incontro con alcuni veterani del Federal Bureau of Investigation ma un’ora dopo Donald Trump ha fatto un altro annuncio choccante: vice di Patel sarà Dan Bongino, un italoamericano che non è mai stato in Italia ma, soprattutto, un altro personaggio che non ha mai messo piede nell’Fbi: è la prima volta nei 117 anni della sua storia che al comando dell’organismo c’è gente totalmente inesperta.
Del resto Trump ha detto più volte di voler demolire le strutture di quello che lui chiama «deep state»: ministero della Giustizia, Cia e, appunto, l’Fbi. Demolire o smontare sostituendo tutti i dirigenti con un certo livello di responsabilità. Così dopo Patel arriva Bongino che in passato ha lavorato brevemente per la polizia di New York e poi come agente del secret service: guardia del corpo di due presidenti (George Bush e Barack Obama).
La sua notorietà (e l’apprezzamento di The Donald) se l’è conquistata quando, lasciato il servizio attivo e falliti tre tentativi di candidarsi al Congresso, è diventato un conduttore televisivo ultrà di Trump per la Fox (ha più volte accusato i giornalisti della rete di Murdoch che criticavano Trump di pugnalarlo alle spalle) e poi un podcaster indipendente.
Le sue invettive contro la sinistra (famose quelle dei 2018, quando disse di voler dedicare la vita a dominare e umiliare i liberal) gli hanno dato un seguito che nel suo anno d’oro, il 2020, ha raggiunto livelli incredibili, tra campagne contro i lockdown per il Covid, l’opposizione alle mascherine definite «pannolini facciali» e le accuse al partito democratico di aver tentato di spiare Trump durante la campagna elettorale 2016 (teoria cospirativa da lui battezzata «Spygate»).
Lo stesso New York Times cinque anni fa scrisse, incredulo, che, grazie alla Fox e al suo Dan Bongino Show, la pagina Facebook del futuro vice dell’Fbi riceveva, ormai, un numero di interazioni mensili superiori a quelle dello stesso Times, del Washington Post e della Cnn messi insieme.
Anche se la sua popolarità è un po’ calata, è questa presa di Bongino, newyorkese del Queens, sul pubblico conservatore che è piaciuta a Trump, come ha scritto lui stesso sulla sua piattaforma, Truth Social. Gli agenti si chiedono se almeno i facenti funzione che hanno guidato l’Fbi in attesa di Patel, Brian Driscoll e Bob Kissane, rimarranno in carica, vista la loro esperienza. Ma Patel tace su questo: difficile che i due sopravvivano al loro rifiuto di consegnare al ministero della Giustizia l’elenco degli agenti che hanno indagato sui responsabili dell’assalto al Congresso del 6 gennaio 2021.