La Stampa, 23 febbraio 2025
Fine vita, il gelo di Pd e M5S sul piano Schillaci: “No all’obbligatorietà delle cure palliative”
Dopo l’esempio della Toscana, il pressing delle Regioni spinge la maggioranza ad accelerare per una legge nazionale sul suicidio assistito. Ma l’idea lanciata da Forza Italia non convince i dem: «Imporre un trattamento è contro la legge». Zaia: «Basta aspettare, ascoltiamo i malati».
L’idea lanciata da Forza Italia di dare il via libera al suicidio assistito solo dopo un ciclo di cure palliative obbligatorio non convince Pd e Cinquestelle. Ma il pressing delle Regioni, che comprese quelle a trazione leghista sono pronte a farsi la loro legge seguendo l’esempio toscano, sembra aver spianato la strada a una soluzione parlamentare bipartisan. A svelarlo è la pentastellata Maria Domenica Castellone, vice presidente del Senato e firmataria di uno dei disegni di legge in discussione. «Nei colloqui di queste ore il Relatore, Pierantonio Zanettin (FI), ha comunicato ai componenti del Comitato ristretto la volontà di voler presentare per i primi giorni di marzo un testo unificato dei quattro presentati a Palazzo Madama e che l’articolato partirà dai quattro criteri fissati dalla Corte Costituzionale con la sentenza del 2019», rivela la numero due del Senato. Rimarcando come «questa sia una grossa novità, se si considera che nelle 60 audizioni svolte non è mancato chi invece chiedeva un passo indietro rispetto a quei principi», rimarca sempre Castellone. Quindi, se legge nazionale sarà, il suicidio assistito verrà autorizzato in caso di irreversibilità della malattia, presenza di sofferenze fisiche o psicologiche intollerabili, capacità di prendere decisioni libere e consapevoli, dipendenza da un sostegno vitale. Fatto non scontato soprattutto quest’ultimo, visto che la Consulta ha ricompreso in questa condizione non solo chi è attaccato a una macchina ma anche i malati che devono sottoporsi a trattamenti invasivi come chemio e radio. Un ampliamento del concetto di sostegno vitale fino a ieri osteggiato da parte degli esponenti di area cattolica.
Per raggiungere l’intesa bisognerà però vedere cosa si vorrà aggiungere o togliere ai quattro paletti fissati dai giudici costituzionali.
Uno in più ha proposto di piantarlo proprio il relatore Zanetti, ipotizzando un ciclo di cure palliative obbligatorio prima di ricorrere al suicidio assistito. Idea mezzo bocciata dal dem Alfredo Bazoli, anche lui firmatario di un ddl al Senato. «Si può pensare di prevedere che le strutture sanitarie mettano a disposizione le cure palliative prima di avviare la procedura del fine vita ma -precisa- il trattamento non può essere obbligatorio, anche perché sarebbe incostituzionale. Non a caso oggi l’unico obbligo consentito è il Tso per i disturbi psichiatrici gravi, ma a tempo limitato».
Anche per Castellone si tratta di una strada difficilmente percorribile, «sia perché la rete di cure palliative non è ancora presente in tutte le aree del Paese, sia perché alcune patologie, come quelle neurodegenerative che costringono il paziente a vivere attaccato alle macchine, non ne trarrebbero alcun beneficio».
Ma che l’accelerazione verso una la legge parlamentare condivisa ci sia stata lo confermano anche le uscite di ieri del vicepresidente della Camera, l’azzurro Giorgio Mulè e del Doge veneto, Luca Zaia. «Forza Italia -afferma il primo- deve andare avanti per la sua strada, che è lastricata di diritti e garanzie. La coscienza ci dice di agire ritenendoci completamente liberi da vincoli di maggioranza», ha aggiunto lanciando un segnale chiaro a FdI e Lega. Anche se per Zaia «è ora di finirla con le chiacchiere e di fare questa legge, fissando i tempi della risposta da dare alla richiesta del malato e stabilendo chi somministra il farmaco».