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 2025  febbraio 24 Lunedì calendario

Stati Uniti, Trump nomina il podcaster di estrema destra Dan Bongino numero due dell’Fbi.

Ancora una volta il presidente preferisce la fedeltà alla competenza. Quel ruolo è solitamente svolto da un veterano dell’agenzia nota per la sua indipendenza.
Un rabbioso podcaster di estrema destra come vicedirettore dell’Fbi. Donald Trump preferisce ancora una volta la fedeltà alla competenza e nomina Dan Bongino numero due della celebre agenzia investigativa dell’Fbi. «Grandi notizie per le forze dell’ordine e la giustizia americana! Bongino, uomo dal profondo amore e dalla grande passione per il nostro Paese, è il nuovo vice del miglior direttore di sempre, Kash Patel» ha dunque annunciato The Donald sul social Truth.
Dopo la nomina dell’ex oscuro collaboratore di Capitol Hill di origini indiane ossessionato dall’idea del “Deep State” Patel, arrivato a capo dell’agenzia la settimana scorsa con una vera lista di proscrizione, ora ai vertici dell’Fbi arriva dunque un’altra figura a dir poco discutibile. Bongino, un master in psicologia, è infatti un ex agente di polizia poi passato ai Servizi segreti, che nel 2012, 2014 e 2016 ha tentato senza successo la carriera politica presentandosi per seggi al Senato e al Congresso in Maryland e Florida: perdendo tutte e tre le gare. Da un decennio collabora come opinionista della rete conservatrice Fox News e in anni più recenti si è trasformato in podcast estremista di grande successo, soprattutto diffondendo false informazioni sulle elezioni 2020: grande sostenitore di quella che i media americani avevano ribattezzato “The Big Lie”, la grande bugia, ovvero la favola della vittoria di Donald Trump “rubata” da Joe Biden, diventando un influencer del mondo Maga. Oggi è il conduttore del Dan Bongino Show, uno dei podcast più popolari d’America, secondo per ascolti nella classifica di Spotify «È stato membro del dipartimento di Polizia di New York, un agente speciale altamente rispettato del Servizio segreto degli Stati Uniti, e oggi è uno dei podcaster di maggior successo del Paese, qualcosa a cui è disposto a rinunciare per servire», lo ha d’altronde descritto Trump.
Il presidente lo aveva notato durante un’intervista che questo gli ha fatto nel pieno della campagna elettorale, quando gli ha proposto di formare una commissione per riformare i “falliti” Servizi Segreti, duramente criticati per non essere riusciti a sventare ben due tentati attentati alla vita del candidato repubblicano: «Quei tizi non avrebbero mai dovuto arrivare vicino a te», gli aveva detto.
La strana coppia Patel-Bongino è definita dal New York Times “la meno qualificata e la più partigiana nella Storia della principale agenzia federale investigativa, 38mila dipendenti e un budget da 11 miliardi di dollari, fin qui nota per la sua indipendenza da ogni forma di governo”. La nomina, sostiene ancora il quotidiano di New York, sta già scontentando gli agenti. E inquietando non poco i democratici: convinti che il presidente voglia usarne i poteri per colpire gli avversari. Tanto più che durante le audizioni di conferma Patel ha esplicitamente rifiutato di dire se utilizzerà i suoi poteri per perseguire gli oppositori politici di Trump. Segnalando invece l’intenzione di rimodellare la struttura, trasferendo centinaia di persone dalla sede centrale di Washington. E ponendo anche una certa nuova enfasi sui tradizionali doveri dell’Fbi nel perseguire la criminalità organizzata.
La nomina del numero due non richiede nessuna conferma del Senato (ed è un bene perché quella di Patel ha avuto una maggioranza risicata, promosso con 51 voti contro 49) ma di sicuro è una scelta che si allontana molto dalla tradizione dell’agenzia: il vicedirettore è infatti sempre stato un veterano, ovvero un agente di carriera radicato e amato ai suoi uomini, visto che ha la responsabilità di supervisionare le indagini. Un ruolo dove serve esperienza giacché si tratta di gestire un lavoro complesso, spesso a stretto contatto con partner stranieri. L’ascesa di Patel e Bongino arriva in un momento di grandi sconvolgimenti all’interno dell’agenzia, poiché il Dipartimento di Giustizia ha cacciato molti agenti senior con decenni di esperienza nella gestione delle diverse divisioni. Al momento non è chiaro cosa accadrà al direttore ad interim Brian Driscoll e al suo vice Robert C. Kissane. I due si sono infatti rifiutati di fornire al Dipartimento di Giustizia guidato da un’altra trumpiana di ferro,, Pam Bondi la lista delle persone che avevano indagato sull’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021.