Corriere della Sera, 23 febbraio 2025
Fausto Gresini e la morte per Covid a 60 anni. La moglie Nadia Padovani: «Era in splendida forma ma aveva paura del virus»
L’ex pilota di moto e dirigente, nonché fondatore del Gresini Racing, morì all’ospedale Maggiore di Bologna il 23 febbraio del 2021. La moglie Nadia è la prima donna manager in un team che partecipa alla MotoGp. Oggi racconta: «Mio marito mi disse: “Vendi tutto se mi capita qualcosa"». Era il 23 febbraio del 2021 quando Fausto Gresini, ex pilota di moto e dirigente nonché fondatore del «Gresini Racing» morì all’ospedale Maggiore di Bologna, dove era ricoverato dal 27 dicembre del 2020 per aver contratto il Covid. Sono passati quattro anni. A ripercorrerli in memoria del marito scomparso è la moglie Nadia Padovani, prima donna manager in un team che partecipa alla MotoGp e direttrice della squadra dal febbraio del 2021.
Nadia Padovani, è il quarto anniversario della morte di suo marito Fausto Gresini. Cosa ricorda di quei giorni drammatici?
«Prima di tutto ricordo che mio marito, nell’ottobre del 2020, mi disse che aveva paura del Covid. Me lo confidò mentre eravamo a cena, a casa. Aveva paura di quel maledetto virus. Lo rassicurai, del resto si sentiva dire che le persone in salute mediamente non sarebbero state a rischio di sviluppare gravi complicazioni. Io ero tranquilla. Ma lui non lo era. E mi disse: “Vendi tutto se mi capita qualcosa”. Io gli dicevo che non avrebbe dovuto avere così tanta paura. Del resto era più grintoso di un 20enne. Era in splendida forma».
Poi nel dicembre del 2020, il virus lo contagiò.
«Si. Poi le complicazioni portarono al suo ricovero. Nell’ospedale in cui era ricoverato, il primario della terapia intensiva dava la possibilità a noi familiari di incontrare e parlare con le persone malate. Certo con precauzioni altissime, tutti bardati, in un ambiente protetto. Qualche volta lo abbiamo incontrato. Purtroppo era consapevole della sua condizione, sentiva che peggiorava sempre di più».
Il 22 febbraio uscì la notizia della morte, ma Fausto Gresini ancora non se ne era andato. Che cosa ricorda di quel momento?
«Quella sera mio figlio ricevette una telefonata, si era lasciato scappare che suo padre non ce l’avrebbe fatta. Purtroppo qualcuno ha sbagliato. Aveva capito che lui fosse già morto, ma non ancora non se ne era andato. È stato un momento molto brutto».
Dopo la morte di suo marito, lei scelse di non vendere il team. Ora è la prima donna al mondo capo di un team che partecipa alla Moto Gp. Quando ha preso la decisione?
«Fausto morì il giorno la sera dopo la fuga della notizia sbagliata. Era la mattina del 23 febbraio del 2021. Quando venne a mancare non capii più niente, in questi casi ti manca la terra sotto i piedi. Mi sono ripromessa che avrei voluto provarci. I miei collaboratori non sapevano cosa avrei fatto, c’era un’azienda di 70 dipendenti, persone che in quel momento non sapevano che ne sarebbe stato del loro futuro. Così decisi di partire subito: al funerale di Fausto annunciai pubblicamente che avremmo portato avanti la Gresini Racing. L’ho detto: faremo vedere al mondo che cosa è la Gresini Racing».
E che cosa è la Gresini Racing?
«Fausto aveva dedicato la vita al suo team sacrificando anche il tempo dedicato alla famiglia. Lasciarla andare significava non solo perdere l’azienda e non dare futuro a decine di persone ma perdere anche Fausto. Portarla avanti significava fare la cosa più bella in quel momento. Certo noi familiari viviamo pensando sempre a lui, a mio marito. È sempre con noi».
Quale era la sua visione?
«Fausto si era fatto da solo. Partendo da una premessa: sapeva come funzionavano le moto. Studiava continuamente per capire come finire davanti agli altri team. Del resto la Gresini era ed è presente in tutte le categorie del motomondiale. Durante il Covid, prima di contrarre la malattia era esplosivo come sempre: stava pensando di fronteggiare il periodo pandemico organizzando eventi ed experience in pista. Iniziative pensate per gli sponsor, per le aziende, una via per mantenere in salute l’azienda in un periodo fitto di chiusure e limitazioni. Poi non fece in tempo a realizzarle».
Ora le redini sono nelle sue mani. Come sta andando?
«Se sono sopravvissuta al 2021, mi dico sempre, posso sopravvivere a tutto. Faccio riferimento alla morte di mio marito, certo ma anche a quello che è venuto dopo. Ho preso una decisione importante: mettere in piedi il team Motogp, in 3 mesi. E poi firmare per una collaborazione con Ducati (che fornì dal 2022 il modello Desmosedici per i piloti MotoGp del team, ndr). Parliamo di un progetto costoso e ambizioso. E non sempre le cose andarono per il verso giusto. Ricordo anche episodi molto spiacevoli».
Un esempio?
«Uno sponsor se ne andò. Il dirigente motivò così la sua scelta: “Lei, Nadia, è una donna. E una donna non è adatta a guidare questo team. Adesso che non c’è Fausto chissà dove finirete”. Parliamo di uno sponsor grosso. Ma per quelle parole io non ci dormivo neanche la notte».
Però sotto la sua guida il Gresini Team ha raggiunto obiettivi importanti.
«Io ho iniziato a fare questo lavoro nel 2021. I funerali di Fausto furono celebrati a fine febbraio, pochi giorni dopo incominciai ad andare sempre in azienda. Ogni giorno Alcuni dipendenti li conoscevo altri no. Conoscevo i retroscena, magari qualche persona che mi aveva presentato Fausto ma non sapevo come si gestiva un’azienda. Tutti i dipendenti e tutti i collaboratori mi hanno ringraziato per non averli lasciati a casa. Hanno capito che la mia iniziativa era anche per loro. Mi hanno insegnato tantissimo, e ancora continuano a farlo. Dopo 4 anni posso affermare di avere imparato tante cose. Ho imparato a prendere decisioni, mi sono integrata con alcune persone importanti per l’azienda. Cito Ilenia Valentini, la mia responsabile amministrativa: tante volte vengono a chiedermi qualcosa e dico loro di fare in un modo. Poi scopro che lei aveva dato le mie stesse indicazioni anche se non ci eravamo sentite. La definizione di “intesa”..».
Fino a 22 anni fa però, lei faceva ben altro. Che cosa ricorda?
«Fino al 2003 il mio lavoro era quello dell’infermiera. Un mestiere che smisi di fare perché avevamo tre figli. Fausto era sempre via per lavoro e non volevo abbandonarli. Sacrificai il mio lavoro: perché, sia chiaro, io adoravo fare l’infermiera. Quindi smisi il camice per amore, del resto poco dopo arrivò anche la quarta figlia».
Ci racconta un momento indimenticabile di questi ultimi quattro anni?
«Qatar 2022. Vincemmo il primo gran premio della stagione. Scrivemmo la storia con Enea Bastianini. All’epoca c’erano ancora le mascherine. Perché lo dico? Perché anche se non si vedeva e ancora non si vede dalle foto e dai filmati di quei giorni, posso assicurare che io piangevo a dirotto. In quel pianto c’era il dolore per tutto quello che avevamo vissuto nell’anno precedente. Ma c’era la gioia per Enea, giovanissimo. Ma ci sono stati anche altri momenti belli».
Quali?
«Nel 2024 il pilota Marc Marquez ci scelse per gareggiare con noi nel campionato Moto Gp. Parliamo di un supercampione. Ci scelse perché avevamo creato un’aura di prestigio attorno a noi. Fu un riconoscimento ma ci sentivamo anche molto responsabili per lui: potevamo fallire e non essere all’altezza, ma non è successo. Marquez è un campione, ripeto, all’epoca veniva da un periodo assai difficile ma con noi riuscì a rimettersi in sesto. Parlo soprattutto per quel che riguarda il contesto psicologico. Correva in squadra anche con il fratello Alex. Con il Gresini Team salirono sul podio insieme. Due fratelli nello stesso team. Non era mai successo nella storia della Moto Gp e successe con noi».
Marquez dedicò una vittoria proprio a Fausto Gresini. Che rapporto aveva con i «suoi» piloti?
«Si, a Misano Adriatico Marquez dedicò la vittoria a Fausto. Il Gresini Team ha avuto spesso grandi piloti. Nel 2010 avevamo avuto Marco Simoncelli, era nel team con Fausto. Un anno dopo, la sua morte colpì mio marito nel profondo. Come l’aveva segnato nel profondo la morte di Daijiro Kato, nel 2003. Kato correva nel Gresini Racing. La verità è che Fausto si affezionava ai piloti come se fossero i suoi figli. Fu un dolore immenso, trascorse quelle giornate drammatiche in cui la tentazione di mollare tutto è forte».