Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2025  febbraio 16 Domenica calendario

C’era una volta il ghiaccio


 
l baby mammut di 50 mila anni fa, scoperto lo scorso dicembre nel cratere Batagaika, in Siberia, perfettamente conservato, è solo uno dei tanti regali che il ghiaccio fa alla scienza, di cui è uno dei migliori alleati, almeno per quanto riguarda le indagini sul lontanissimo passato. Ma il ghiaccio stesso è sulla via dell’estinzione, in un mondo sempre più caldo: la neve è la superficie naturale che riflette maggiormente l’energia solare verso l’atmosfera (fino al 90 per cento grazie al suo biancore), il mare ghiacciato riflette tra il 50 e l’80 per cento, e l’acqua marina solo il 5. Pertanto, con lo scioglimento del ghiaccio dovuto all’effetto serra, il riscaldamento del pianeta aumenta, in un circolo vizioso. Si stima che dal 1979 (inizio dei misuramenti via satellite) a oggi abbiamo perso il 12,7 per cento del ghiaccio artico ogni 10 anni, e si teme per il 2050 un Polo Nord quasi del tutto privo. Oggi siamo noi a minacciarlo, un tempo invece aveva potere di vita e di morte sui viventi. A ricostruire come è cambiato il suo rapporto con l’umanità è il saggio Le vie del freddo. Storia del ghiaccio e della civiltà (Einaudi) del giornalista e scrittore Max Leonard. «Abbiamo addomesticato il ghiaccio, con qualche affascinante paradosso», ci racconta Leonard. «Alle Olimpiadi invernali di Pechino del 2022, gli organizzatori vollero affidarsi solamente alla neve artificiale, usando allo scopo 25 miliardi di litri d’acqua. Quando però alcune gare furono interrotte per via di una nevicata vera e propria, squadre di addetti dovettero rimuovere dalle piste la neve naturale con pale e soffiatori per foglie». Nel lontano passato del pianeta, invece, era il ghiaccio a scacciare gli esseri viventi, o a confinarli in zone più temperate che gli studiosi chiamano refugia e che sono stati un importante fattore di biodiversità: «Si pensa infatti che una piccola popolazione di orsi bruni sopravvissuti a un’era glaciale in un refugium sulle coste del Nord Europa, e da allora separati dai loro consimili, si adattarono all’Artico diventando col tempo orsi polari», dice lo scrittore. «Anche noi siamo, in un certo senso, figli del ghiaccio: il nostro antenato comune con i Neanderthal, risalente a oltre 600 mila anni fa, frammentò la sua popolazione durante una glaciazione, dividendosi in quelli che in Europa divennero i Neanderthal e quelli che in Africa diventarono Homo sapiens». 
 
Un oggetto del desiderio
Il ghiaccio, da forza inesorabile della natura, inizia a diventare oggetto del desiderio quando si capisce la sua capacità di conservare gli alimenti e di rendere più gradevole il bere. «Le prime ghiacciaie di cui si ha traccia risalgono all’inizio del secondo millennio a.C., in Mesopotamia: erano scavate nel terreno e veniva lì conservata neve raccolta sulle montagne libanesi», spiega l’esperto. «Si stoccava in modo simile anche in Cina e presso gli antichi greci (che usavano anfore simili a moderni thermos, con le intercapedini riempite di neve) e romani (che usavano un colino con ghiaccio per raffreddare il vino versato, e inventarono l’antenato dell’odierna crioterapia: il frigidarium, ovvero una parte delle terme dove ci si poteva bagnare in acqua mantenuta fredda anche grazie alla neve)». 
Questi usi del ghiaccio in Europa si interruppero con la caduta dell’impero Romano, ma poi tornarono nel Rinascimento attraverso il Vicino Oriente, dove erano stati conservati dagli arabi. Giusto in tempo per la «piccola era glaciale», cinque secoli tra il 1350 e il 1850 in cui la temperatura media terrestre si abbassò sensibilmente. E nei Paesi a Nord si fece di necessità virtù: «Il politico e scrittore inglese Samuel Pepys nel suo diario registra, nel dicembre 1662, la prima volta che vede sul Tamigi ghiacciato “persone che scivolano sui pattini, un’arte assai raffinata”», spiega Leonard. «In realtà già dal 2000 avanti Cristo in Finlandia ci si legava ossa ai piedi per scivolare veloci sulle superfici ghiacciate, ma quella era una forma di trasporto: il pattinaggio su ghiaccio diventa intrattenimento di massa in Europa nel tardo 1500 (tra le testimonianze più belle il Paesaggio invernale con pattinatori e trappola per uccelli di Pieter Bruegel Il Vecchio (1566)». Oggi sappiamo che tanto divertimento (e qualche improvvida caduta odierna sul marciapiede) è dovuto alla presenza, sulla superficie del ghiaccio, di un sottile strato dove le molecole hanno meno legami di quelle sottostanti, e sono quindi più libere di muoversi e favorire, rotolando, lo scivolamento. 
 
Il carnevale sul Tamigi
Il ghiaccio ebbe un potere liberatorio anche sulle persone. «A Londra tra il 1600 e il 1850 si tennero almeno 25 “fiere del ghiaccio” sul Tamigi», aggiunge il giornalista. «Il fiume diventava un luogo carnevalesco, sottratto a leggi e regole in quanto temporaneo ed eccezionale. Oltre ad essere ammesso ogni tipo di svago, dalle grigliate all’ubriachezza e ai comportamenti più licenziosi, sul Tamigi ghiacciato era anche permesso diffondere libelli e pamphlet che altrimenti non potevano circolare». Ma ci volle lo spirito di osservazione di un uomo d’affari americano, Frederic Tudor, per trasformare il ghiaccio da imprevedibile ed effimero spazio di libertà ad affidabile bene di largo consumo. «Tudor intuì che nei Paesi tropicali quello stesso ghiaccio facilissimo e gratuito da raccogliere nella sua Boston sarebbe stato considerato un lusso da comprare a caro prezzo, e così iniziò a fare spedizioni di prova. Il primo vero successo fu la spedizione nel 1833 di 180 tonnellate di ghiaccio a Calcutta: ne arrivarono solo 100, ma lui divenne noto come “il re del ghiaccio” in tutto il mondo», spiega Leonard. «Il ghiaccio diventò un’ossessione, nella seconda metà dell’Ottocento Mark Twain commentò: “L’unico tratto distintivo del carattere americano è la passione per l’acqua ghiacciata”». Sono gli anni in cui entra anche negli ospedali: nel 1848 il medico scozzese James Arnott ne raccomanda l’uso per rendere insensibile la pelle durante le operazioni chirurgiche, visto che l’anestesia del tempo, con etere e cloroformio, non garantiva il risveglio.
«Un grande innovatore fu l’anatomista tedesco Christian Wilhelm Braune: nel 1872 capì che si potevano ottenere mappe anatomiche incredibilmente precise congelando cadaveri e tagliandoli a fettine: questo sistema era l’unico a dare la posizione esatta degli organi», dice l’esperto. «Un’idea tanto geniale che fu ripresa nel 1995 per il Visible Human Project dell’Università del Colorado». E tra le idee sul ghiaccio che tornano d’attualità ci sono le mire geopolitiche: già nel 1946 il governo statunitense cercò di acquistare la Groenlandia dalla Danimarca per 100 milioni di dollari (del resto nel 1867 era riuscito ad acquistare l’Alaska dalla Russia), perché l’invenzione dei missili rendeva strategico un avamposto americano capace di colpire da vicino la Russia. La Danimarca rifiutò, ma concesse l’uso di tre aree: in quella più isolata, a Nord di Thule, gli americani costruirono Camp Century, base di ricerca scientifica, abbandonata nel 1966, anche perché i movimenti del ghiaccio mettevano in pericolo il reattore nucleare che usava come fonte d’energia. Soltanto nel 1996 si seppe che la base faceva parte di un progetto per puntare missili nucleari verso i sovietici. Oggi Trump torna alla carica: il ghiaccio groenlandese non protegge solo minerali di terre rare, petrolio e gas, ma è anche un crocevia strategico per le rotte navali e un punto nevralgico per la difesa antimissile americana, visto che è in mezzo alla traiettoria aerea più breve tra Usa e Russia.
@font-face {font-family:"Cambria Math”; panose-1:2 4 5 3 5 4 6 3 2 4; mso-font-charset:0; mso-generic-font-family:roman; mso-font-pitch:variable; mso-font-signature:-536870145 1107305727 0 0 415 0;}@font-face {font-family:Calibri; panose-1:2 15 5 2 2 2 4 3 2 4; mso-font-charset:0; mso-generic-font-family:swiss; mso-font-pitch:variable; mso-font-signature:-536859905 -1073732485 9 0 511 0;}@font-face {font-family:"Clarendon LT Std”; panose-1:2 11 6 4 2 2 2 2 2 4; mso-font-alt:Cambria; mso-font-charset:0; mso-generic-font-family:auto; mso-font-pitch:variable; mso-font-signature:3 0 0 0 1 0;}p.MsoNormal, li.MsoNormal, div.MsoNormal {mso-style-unhide:no; mso-style-qformat:yes; mso-style-parent:"”; margin:0cm; margin-bottom:.0001pt; mso-pagination:widow-orphan; font-size:12.0pt; font-family:"Calibri”,sans-serif; mso-ascii-font-family:Calibri; mso-ascii-theme-font:minor-latin; mso-fareast-font-family:Calibri; mso-fareast-theme-font:minor-latin; mso-hansi-font-family:Calibri; mso-hansi-theme-font:minor-latin; mso-bidi-font-family:"Times New Roman”; mso-bidi-theme-font:minor-bidi; mso-fareast-language:EN-US;}p.p1, li.p1, div.p1 {mso-style-name:p1; mso-style-unhide:no; margin:0cm; margin-bottom:.0001pt; text-align:center; mso-pagination:widow-orphan; font-size:34.0pt; font-family:"Clarendon LT Std”; mso-fareast-font-family:Calibri; mso-fareast-theme-font:minor-latin; mso-bidi-font-family:"Times New Roman”;}p.p2, li.p2, div.p2 {mso-style-name:p2; mso-style-unhide:no; margin:0cm; margin-bottom:.0001pt; text-align:center; mso-pagination:widow-orphan; font-size:51.0pt; font-family:"Clarendon LT Std”; mso-fareast-font-family:Calibri; mso-fareast-theme-font:minor-latin; mso-bidi-font-family:"Times New Roman”; color:#6EAFBE;}span.s1 {mso-style-name:s1; mso-style-unhide:no; letter-spacing:-.4pt;}span.s3 {mso-style-name:s3; mso-style-unhide:no; letter-spacing:-.55pt;}span.s4 {mso-style-name:s4; mso-style-unhide:no; color:black; letter-spacing:-.55pt;}span.apple-converted-space {mso-style-name:apple-converted-space; mso-style-unhide:no;}.MsoChpDefault {mso-style-type:export-only; mso-default-props:yes; font-family:"Calibri”,sans-serif; mso-ascii-font-family:Calibri; mso-ascii-theme-font:minor-latin; mso-fareast-font-family:Calibri; mso-fareast-theme-font:minor-latin; mso-hansi-font-family:Calibri; mso-hansi-theme-font:minor-latin; mso-bidi-font-family:"Times New Roman”; mso-bidi-theme-font:minor-bidi; mso-fareast-language:EN-US;}div.WordSection1 {page:WordSection1;}