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 2025  febbraio 24 Lunedì calendario

Oscar, “Anora” è in pole. “Emilia Pérez” da Tafazzi


Oscar, chi vince? Il 2 marzo la 97esima cerimonia degli Academy Awards, con Anora in pole-position, il suicidio di Emilia Pérez, il fattore Bergoglio e lo spauracchio Trump. E l’Italia? Al solito: ci alzeranno la statuetta in faccia.
Anora, Anora, Anora. No, Mina e Malgioglio non c’entrano: levata la C alla loro indimenticabile hit, rimane il film di Sean Baker, già Palma d’Oro a Cannes, fresco vincitore del PGA e DGA, gli influenti premi dei produttori e registi statunitensi, nonché del Critics’ Choice Award. A dar retta agli annali, la vittoria quale miglior film e per la regia è assicurata: niente male per l’indie Baker di The Florida Project e Red Rocket, che qui rifà Pretty Woman nella relazione piena di amplessi ed eccessi tra una spogliarellista (Mikey Madison) e il figlio di un oligarca russo. Un film (im)perfetto e spassoso, che spoglia l’American Dream e fa lotta – e sesso – di classe, oscillando tra empatia e satira, critica sociale e adesione ai personaggi. Anora chiama nuovi orizzonti per la commedia riveduta e scorretta.
Quer pasticciaccio brutto de Emilia Pérez. Non c’è dubbio che i messaggi islamofobi, razzisti e complottisti condivisi sui social da Karla Sofía Gascón, la protagonista di Emilia Pérez candidato a 13 premi, siano reprensibili, ma l’ attrice – la prima dichiaratamente trans nominata a un Oscar – merita l’ostracismo di cui è stata fatta oggetto non solo dai catoni del web, della stampa e dell’Academy, ma dai suoi stessi compagni di set? Dal regista Jacques Audiard alla collega Zoe Saldana, che da non protagonista dovrebbe garantire l’unica statuetta, l’hanno rimasta sola, senza peraltro salvare il film: le residue chance ravvicinano lo zero, la cultura woke è (data per) spacciata, la tempesta perfetta. Rimane da chiedersi come Netflix, che l’ha comprato a Cannes per 12 milioni di dollari, abbia potuto non controllare preventivamente i profili social dell’incontenibile Gascón, mandando all’aria una campagna dispendiosissima (50 milioni di dollari, dicunt). Ma viene pure da sorridere: la piattaforma streaming giubilata agli Oscar dalla trans politicamente scorretta è il miglior soggetto possibile, che Netflix stessa ne faccia una serie!
Piano B(ergoglio). Papa Francesco è stato ricoverato al Gemelli il 14 febbraio, le votazioni per i 97esimi Academy Awards si sono tenute dall’11 al 18 febbraio: la concomitanza può favorire Conclave, l’adattamento da Robert Harris firmato da Edward Berger e interpretato dal cardinale Ralph Fiennes e dalla suora Isabella Rossellini? La correlazione è peccato veniale, fors’anche venale, sta di fatto che Conclave è secondo la stampa e i bookmakers l’unico serio concorrente di Anora.
Trump Unlimited. Niente è precluso al neo e bis presidente degli Stati Uniti, e chissà che con l’ennesimo ordine esecutivo non avochi a sé la decisione del palmares. Scherzi (?) a parte, Trump ha messo gli occhi su Hollywood, nominando Mel Gibson, Sylvester Stallone e Jon Voight ambasciatori speciali per la Mecca del cinema. Un fallo di reazione? Può essere, giacché The Donald si trova candidato, per interposto attore protagonista Sebastian Stan, in The Apprentice, che a tinte fosche ne dipinge l’origin story per la regia di Ali Abbasi.
V per Vermiglio. Vada come vada, nella categoria del miglior film internazionale ci alzeranno la statuetta in faccia: come negli ultimi due Mondiali di calcio, l’Italia non c’è. Vermiglio di Maura Delpero non è entrato in cinquina dopo una corsa coraggiosa ma solitaria, ovvero poco assistita dal sistema Paese: per non seguitare a digiunare, che fare? L’Italia dovrebbe convocare gli sponsor privati e confermare il sostegno pubblico all’inizio dell’anno, prima ancora di passare la palla alla casa di produzione e alla distribuzione del film designato per gli Academy Awards: il fattore tempo, insieme a economia e potere, è fondamentale.
Demi monde. Alla prima candidatura, la 62enne Demi Moore è favorita per la prova desnuda e indomita nel body-horror di The Substance: autoeliminata la Gascón, può temere solo la brasiliana Fernanda Torres di Io sono ancora qui. Sul versante maschile, l’architetto Adrien Brody scampato all’Olocausto e fottuto dal capitalismo di The Brutalist dovrebbe avere la meglio sul Timothée Chalamet alias Bob Dylan di A Complete Unknown.
Conan il barbaro. Ci si aspettano scintille dall’inedito conduttore Conan O’Brien, ma non sarebbe disdicevole dopo gli incendi che hanno devastato Los Angeles? In quota magagne anche la crescente minaccia, sia sul profilo artistico che occupazionale, dell’Intelligenza Artificiale e il passivo al box office nordamericano del 2024, l’annata cui afferiscono questi 97esimi Oscar: 8,7 miliardi di dollari, che valgono un -3,3% sul 2023 e un drammatico -23,5% sul 2019 pre-pandemico.