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 2025  febbraio 23 Domenica calendario

Regine all’ombra del Vesuvio

Da Maria Carolina a Maria Sofia. Gigi Di Fiore traccia i ritratti delle donne protagoniste della casa reale borbonica. Fino al tramonto L’altra metà delle Due Sicilie: la storia dei Borbone di Napoli raccontata attraverso le regine. Sovrane soprattutto straniere, scelte per rinsaldare i legami con le grandi dinastie d’Europa, rimaste quasi sempre nell’ombra dei mariti. Austriache, bavaresi, sassoni, spagnole con l’eccezione della sabauda Maria Cristina, madre dell’ultimo re cacciato proprio dai Savoia. Paradossalmente quella che ha avuto maggiore notorietà è rimasta pochissimo sul trono: Maria Sofia, sorella dell’imperatrice asburgica Sissi e sposa di Francesco II. Dopo meno due anni è stata esiliata dalla vittoria di garibaldini e piemontesi, ma proprio il suo coraggio tra le cannonate durante la difesa dei bastioni di Gaeta l’ha circondata da un’aura d’eroismo. Le Borboniche, edito da Utet, descrive con abbondanza di aneddoti la saga delle monarche napoletane: è l’ultima opera di Gigi Di Fiore che, come ha sempre fatto nella lunga carriera di cronista del Mattino, sa unire il rigore nella ricostruzione storica a una narrazione affascinante.
Dimenticate le ombre: nelle 524 pagine ci sono le luci del regno borbonico, il più grande e cosmopolita dell’Italia preunitaria, con la villa di Caserta che non aveva nulla da invidiare alle dimore dei grandi d’Europa e una serie di primati nell’industria e nelle infrastrutture. Le sovrane napoletane vengono ricordate come religiose e docili, sempre fuori dalle trame del potere. In realtà non era così. Durante la turbolenta stagione napoleonica, la teutonica Maria Carolina è stata una dama di ferro, con spie nel palazzo che l’informavano sui retroscena delle riunioni di governo mentre teneva rapporti diretti con gli ambasciatori: quando l’invasione francese della Penisola obbliga i monarchi a trasferirsi a Palermo, si sostituisce al marito nel raccogliere risorse per la guerra e trattare con gli inglesi. Anche Maria Teresa D’Asburgo, che il marito Ferdinando II chiamava “Tetella”, ci teneva al ruolo di confidente privilegiata dello sposo negli affari di stato. Il fisico minuto nascondeva un’energia pronta a esplodere. Non frenava la gelosia verso le potenziali rivali: bastava un complimento del sovrano a una nobildonna per farla allontanare da corte o, nei casi più clamorosi, renderla vittima di sfuriate e persino graffi. Nel tramonto della dinastia, ormai vedova, “Tetella” si è fatta paladina del partito reazionario che voleva rimuovere la Costituzione, tanto da venire accusata di una congiura contro il figliastro Francesco II per insediare sul trono suo figlio Luigi.
Poche hanno dato scandalo. Certo, la bellezza e la disinvoltura di Maria Sofia stagliavano sullo stile modesto e alquanto provinciale di Franceschiello, tanto da farne un bersaglio del gossip con l’attribuzione di amanti d’ogni nazionalità. Durante l’esilio romano, l’“Aquiletta bavara” è stata persino presa di mira da un tentativo di delegittimazione che anticipava i tempi: un fotomontaggio con il volto della sovrana inserito sul corpo nudo di una modella. Le indagini nel 1862 misero in luce – grazie alle rivelazioni di una giovanissima fotografa informatrice della polizia pontificia – un’operazione pianificata dai circoli liberali per demolire la popolarità della sovrana.
Raccontando le regine, Di Fiore ci fa entrare nel modo in cui la corte ha vissuto i decenni in cui la storia d’Italia ha cominciato a correre. Le consorti diventano ambasciatrici speciali quando bisogna affrontare crisi internazionali: come nel 1840 durante lo scontro con Londra per la revoca delle concessioni inglesi sulle miniere di zolfo siciliane. La flotta britannica getta l’ancora nel Golfo di Napoli, puntando i cannoni sulla città. Maria Teresa scrive allora al padre arciduca per sollecitare l’aiuto di Vienna, senza risultati: i Borbone si scoprono tagliati fuori dal grande gioco delle potenze europee, spinto da interessi più sostanziosi delle relazioni dinastiche. Le stesse manovre senza frontiere che permetteranno lo sbarco dei Mille e la calata dell’esercito sabaudo, quando anche i francesi sono venuti meno alle promesse di proteggere dal mare la fortezza di Gaeta. In quell’assedio Maria Sofia «condivideva i rischi dei soldati. I marinai cannonieri la consideravano una di loro. Più volte Francesco le chiese di partire per mettersi al sicuro, ma lei rifiutava. Il mondo li aveva abbandonati, derisi e isolati e loro, il re ventiquattrenne e la regina diciannovenne, erano più uniti che mai». Maria Sofia si è spenta in un’altra epoca, nel 1925. Per lunghi anni ha vissuto – come ha scritto Clara Tschudi – disprezzando «l’arte di farsi rispettare e amare ma, nonostante ciò, era una gran dama». «Sembra – conclude Gigi Di Fiore – la trasfigurata immagine, inafferrabile e dai mille contrasti, di Napoli e del suo Regno».