Tuttolibri, 22 febbraio 2025
Legno, oro e nervi di pelle così nascevano le copertine.
Nel rivoluzionario trattato De prospectiva pingendi, risalente agli anni Settanta del Millequattrocento, Piero della Francesca inizia scrivendo che «La pittura contiene in sé tre parti principali, quali diciamo essere disegno, commensuratio et colorare». In quel termine, commensuratio, l’artista fonde per la prima volta misura e proporzione, che in un’opera di pittura devono regolare l’esatta corrispondenza delle grandezze nello spazio in rapporto alle reciproche distanze. Tali intuizioni sulla prospettiva dedicate alla nuova scienza dei pittori – è storia – sono tra quegli sviluppi chiave della cultura rinascimentale occidentale. Non a caso, gli esemplari della serie di codici manoscritti del trattato conobbero una prepotente diffusione. Non c’era infatti bottega o accademia in cui non si studiassero le pagine di Piero. Oggi, rilegate in cuoio rosso decorato in oro con motivi a torciglione, quelle pagine le ritroviamo in un prezioso manoscritto autografo del XV secolo che, sotto la dicitura “Ms. Parm 1576”, fa parte del fondo della Biblioteca Palatina del Complesso della Pilotta di Parma, la quale ospita un’affascinante mostra dedicata all’arte della legatura. Un’arte fondamentale per la storia del pensiero. Lungo, infatti, il percorso espositivo de La legatura italiana dei secoli XV e XVI nel patrimonio della Biblioteca Palatina curato dallo storico Federico Macchi, mentre dal testo di Piero si passa al manoscritto di una Bibbia in ebraico (Ms. Parm 1832) sempre del XV secolo, rilegato in cuoio testa di moro decorato in oro con impressione a secco, quello che si compie è un viaggio nel tempo negli scriptoria dei monasteri e delle botteghe delle città universitarie. Perché riverbera potente la devozione delle mani di antiquari, librarii, rubricatori, alluminatori, decoratori, ciascuno intento a cucire le carte vergate dai copisti, o a coprirle con dei piatti di legno rivestiti da pelle conciata, e infine a decorare il contenente realizzato. Già! «Perché questa,» la presenta così Macchi, «nata da un’indagine scaffale per scaffale iniziata nel 2012, è una mostra che per una volta si focalizza non sul contenuto dei libri ma sul contenente».
I sessantacinque volumi esposti raccontano in due sezioni – Secolo XV e Secolo XVI – l’epocale passaggio che si è compiuto dal periodo gotico a quello rinascimentale. «Con l’avvento del Rinascimento e la diffusione del libro a stampa, si rivoluziona anche la legatura» spiega il curatore. «I volumi riducono il formato e le cuciture, diventando più maneggevoli. E parallelamente, si sostituiscono i materiali: al legno per i piatti di coperta si preferisce il cartone pressato, mentre le stesse cuciture, prima eseguite in nervi di pelle, si affidano a fibre vegetali, tipo la canapa».
Come infatti si nota da un volume del XVI secolo, Ufficio della Vergine con l’aggiunte di altre preghiere (Ms. parm. 1573), il gusto è cambiato. Rilegato in tessuto blu ricamato su cartone, sul piatto anteriore vi è un medaglione raffigurante la Madonna e il Bambino, e su quello posteriore un altro con S. Giuseppe, mentre il taglio delle pagine è dorato e cesellato. Le legature rinascimentali, dunque, si fanno notare per l’eleganza e la raffinatezza del decoro, che utilizza foglie d’oro e incisioni minuziose.
Tuttavia, i medaglioni centrali, deputati a sintetizzare l’argomento del volume, insieme ad altri abbellimenti – in due best-seller d’antan come Il libro del Corteggiano di Baldassare Castiglione e l’Orlando furioso di Ludovico Ariosto, per esempio, si trovano delle iscrizioni poetiche lungo i bordi – suggeriscono che tale ricerca non era meramente estetica. «La lettura inizia a diventare una cosa pubblica» rivela Macchi. «Il sapere esce dalle biblioteche. Il libro a stampa costa meno, e in più si può possedere, diffondere, prestare, regalare». Iniziano, allora, a pendere sull’esercizio della legatura istanze nuove: non solo attrarre con la bellezza, ma pure costare meno nella scelta delle materie, comunicare il contenuto del volume attraverso sintesi grafiche, evocare l’area di appartenenza. Ed ecco che una mostra all’apparenza solo per bibliofili su una pratica scomparsa, insegna con grazia a tutti i lettori da dove arrivano le copertine moderne.