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 2025  febbraio 23 Domenica calendario

Kurkov, lo scrittore ucraino nel mirino dei russi


Lo scrittore ucraino Kurkov: se saremo sconfitti ci sarà una repressione di massa, i Servizi russi hanno già le liste Io verrei eliminato fisicamente
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«Gli ucraini preferiscono la libertà alla stabilità, per i russi vale l’opposto: la stabilità vale più della libertà. È una differenza fondamentale che spiega la nostra volontà di resistenza», afferma Andrei Kurkov. Considerato uno tra i più importanti scrittori ucraini viventi, Kurkov parla con il Corriere all’inizio del quarto anno di guerra e all’ombra della svolta filo-russa impressa da Trump alla politica americana.
Ma oggi la stanchezza dei soldati non fiacca la volontà di combattere?
«Voglio ricordare la nostra storia nazionale tra il 1918 e il 1921. C’erano due conflitti allo stesso tempo: la guerra civile russa e la nostra lotta per l’indipendenza. La nostra sconfitta condusse all’annessione all’Unione Sovietica. Ora stiamo combattendo dal 2014, quando Putin si è annesso la Crimea, una guerra poi aggravata dall’invasione del 2022. Da allora la nostra popolazione teme per il suo futuro, oltre un milione di bambini ucraini nati dopo il 2014 si sono abituati alle sirene degli allarmi aerei, non hanno mai vissuto in pace. E oggi, con la guerra che continua e con Trump che si allea a Putin, certamente il momento è molto critico, incerto. L’amore per l’indipendenza e la libertà è messo a dura prova nella testa di molti ucraini».
Dunque, se Zelensky accettasse una pace compromesso che penalizzi l’Ucraina adesso ci sarebbero meno oppositori di prima?
«In realtà non ci sono voci pubbliche che sostengono la necessità di cedere a Putin. Sono in tanti invece a dire no al compromesso e che occorre combattere. Certo c’è stanchezza, ma chiunque parlasse di cedere sarebbe automaticamente considerato un traditore».
Dunque Zelensky ha ancora il pieno mandato popolare per continuare la guerra?
«Direi di sì. Se guardiamo i social, i video su YouTube dei soldati dal fronte, si vedono soltanto discorsi che esaltano le nostre capacità di resistenza. In realtà, qui nessuno crede alla parola o alle promesse di Putin».
Come ha reagito alle dichiarazioni di Trump che accusava l’Ucraina di avere provocato la guerra e Zelensky di essere un dittatore col 4 per cento del consenso?
«Il primo pensiero è stato che l’elettorato americano ha votato un idiota. Ma comunque metà degli americani ha scelto che il loro sogno è diventare ricchi e non difendere la democrazia. Hanno scelto un leader uomo di affari che stringe accordi con un dittatore per fare soldi. Putin e Trump si conoscono da molto tempo. Si sono parlati come due vecchi businessmen che riprendono i loro traffici, anche alle spese della volontà di lotta ucraina».
Lo stesso Zelensky afferma che senza Usa si perde la guerra: che fare?
«Vero, un dilemma. Adesso Trump sta anche ricattando voi europei, cerca di dividervi, appoggia Paesi come la Slovacchia e l’Ungheria che non vogliono sanzionare la Russia. La realtà è che oggi Ucraina e gran parte dell’Europa lavorano assieme contro l’asse Mosca-Washington».
La popolarità di Zelensky sembra come le montagne russe, sale e scende di continuo. Era altissima appena dopo l’inizio dell’invasione russa, oggi pare sia sul 57 per cento, che ne pensa?
«Credo che le dichiarazioni folli e ostili di Trump portino consensi a Zelensky. E anche che l’opinione pubblica e i leader europei lo guardino con più simpatia. Ma adesso il futuro della guerra è più incerto che mai».
Cosa dimostra questa guerra?
«Prova che l’Ucraina non è affatto parte della Russia, come Putin si era illuso. La stragrande maggioranza degli ucraini non vuole essere dominata da Mosca, è chiaro come il sole».
Cosa capiterebbe se Putin alla fine riuscisse a occupare il Paese?
«Ci sarebbe una terribile repressione. I servizi segreti russi hanno già le liste con i nomi di milioni di attivisti, militari, intellettuali, scrittori, contrari ad essere occupati: sarebbero tutti arrestati immediatamente, abusati, probabilmente assassinati in massa. Si ripeterebbe come dopo la fine della Seconda guerra mondiale, quando la resistenza anche armata contro le autorità sovietiche durò sino al 1961. Ma allora erano limitati gruppi di individui poi eliminati con la forza. Oggi invece il massacro sarebbe di massa e orrendo in parallelo alla promozione di chi accettasse di collaborare».
Lei sarebbe tra gli assassinati?
«Credo farei la fine di tutti gli intellettuali ucraini: l’eliminazione fisica».
Se domani ci fossero le elezioni per chi voterebbe?
«Per l’ex capo di Stato maggiore Valeriy Zaluzhny, se si presentasse. Nel caso dovessi scegliere tra Zelensky e l’ex presidente Petro Poroshenko allora voterei quest’ultimo, un politico professionista che ha usato anche i suoi soldi per finanziare il nostro esercito. Ma se le elezioni avvenissero mentre ancora si combatte allora sceglierei Zelensky. Comunque, io credo che si debba votare solo dopo la fine della guerra. Per non escludere il milione di soldati al fronte e i 7 milioni di profughi all’estero».
Lei ripete di continuo che si sente europeo. Ma come può aiutarvi un’Europa poco armata e divisa?
«Dal punto di vista politico l’Europa può fare tantissimo e noi dobbiamo lavorare per unirvi a sostegno della nostra causa».
Il 2025 porterà alla fine del conflitto?
«Penso sia l’anno decisivo. E la guerra non sarà a fuoco lento nel Donbass come era dal 2014 sino al febbraio 2022. Anche se per ora non vedo chiare vie politiche, mi sembra però ovvio che, con Trump così prossimo a Putin, per l’Ucraina ci sarà da pagare un prezzo alto. Noto anche che ci sono tanti russi emigrati, purtroppo però non saranno dalla nostra parte e non troveranno un linguaggio comune con la diaspora ucraina. Noi ucraini siamo profondamente antirussi, tanto da non essere neppure capaci di lavorare con la dissidenza anti-Putin».