Avvenire, 22 febbraio 2025
Caso Attanasio, ancora troppi misteri
Rumangabo è un piccolo villaggio piantato nel mezzo del Nord Kivu, la turbolenta regione della Repubblica democratica del Congo che un mese fa è stata invasa dalle milizie filo rwandesi. Partendo da Goma e percorrendo la Route nationale 2, lo si raggiunge in un’ora e mezza di auto. Era l’ultima tappa – sconosciuta a tutti – del viaggio dell’ambasciatore Luca Attanasio e del carabiniere di scorta Vittorio Iacovacci. Solo che il convoglio del Pam, a bordo del quale viaggiava l’alto diplomatico, a Rumangabo non ci arrivò mai. Proprio in quella località remota potrebbe nascondersi la chiave dell’attacco mortale (costato la vita anche all’autista Mustapha Milambo), visto che qualcuno fece di tutto per nascondere che l’ambasciatore fosse diretto lì, compiendo di fatto un tentativo di depistaggio dell’indagine.
Cinque giorni dopo l’agguato del 22 febbraio 2021, infatti, una mano misteriosa sarebbe entrata nell’agenda dello smartphone di Attanasio e avrebbe cancellato l’ultimo appuntamento di quella tragica giornata. Misteriosa e pure maldestra, però, visto che non tenne conto delle notifiche che vengono inviate automaticamente a chi condivide l’agenda. Quella dell’ambasciatore era infatti collegata agli smartphone di Iacovacci e dell’altro carabiniere deputato alla sua sicurezza, Luca Arilli, che non partecipò al viaggio nel Nord Kivu. Fu proprio Arilli, il 27 febbraio del 2021, ad accorgersi che qualcuno aveva manomesso l’agenda. Ma non fu l’unico, perché la stessa notifica arrivò anche alla compagna di Iacovacci, che aveva accesso al suo profilo. Iacovacci le aveva raccomandato di non guardare l’agenda, trattandosi di informazioni di lavoro, ma il 27 febbraio la donna non poté fare a meno di chiedersi perché continuavano ad arrivare avvisi dai dispositivi dell’ambasciatore assassinato. Oltre all’iPhone, il diplomatico possedeva anche un tablet e soprattutto un iWatch, che fu restituito alla famiglia non nell’immediatezza assieme agli altri effetti personali, bensì solo alcuni giorni dopo. Un dettaglio importante perché anche dall’orologio”smart”, in teoria, si può accedere all’agenda e modificare i contenuti. Ma cosa c’era nell’agenda digitale? Avvenire è in grado di mostrare (vedi foto in pagina) per la prima volta il suo contenuto, prima e dopo l’intervento della “manina”. La pagina di lunedì 22 febbraio, cristallizzata in uno screenshot scattato alle 22.57 (la data non è indicata, ma si tratta presumibilmente del 27 febbraio 2021 indicato da Arilli) mostra un solo appunto: ore 9, partenza da Goma per Rutshuru. Rutshuru è la località a circa 40 km dal capoluogo del Nord Kivu, dove il convoglio del Pam era diretto per visitare un complesso scolastico. Nella schermata non c’è nient’altro, la pagina è vuota.
Ma esiste un altro screenshot, scattato alle 17.23, dove invece risultano compilate altre 5 righe, poi svanite nel nulla. Si tratta del programma completo di quel maledetto 22 febbraio 2021. Ore 12: visita attività scolastiche, Rutshuru. Ore 14: partenza per il sito del progetto… E poi ancora: ore 14.30, visita del progetto finanziato dall’Ue – Rumangabo (Tbc). Probabilmente si trattava di uno dei tanti interventi sanitari finanziati dall’Europa, in questo caso per curare la tubercolosi (abbreviata in tbc). Alle 17, infine, era previsto il rientro a Goma.
Dunque, ricapitolando, Attanasio parte alle 9 da Goma diretto a Rutshuru, per rientrare dopo pranzo. Durante il viaggio di ritorno ha previsto di fermarsi a Rumangabo. L’agguato che si verifica attorno alle 10 del mattino lo impedirà. Ma perché qualcuno avrebbe cancellato l’ultima meta del viaggio, che oltretutto non era nota a nessun altro membro della missione italiana? «Non sono a conoscenza né del percorso che ha fatto né di chi ha incontrato» dichiarò ai carabinieri del Ros il capo cancelleria dell’ambasciata italiana a Kinshasa, Alfredo Russo. Quella mattina a Goma Russo e Attanasio si erano salutati a colazione, l’ambasciatore lo aveva invitato a unirsi alla visita «in alcuni villaggi» ma il funzionario aveva declinato, avendo già altri incontri previsti a Goma. Sarà proprio Russo ad assumersi la triste responsabilità del riconoscimento del cadavere dell’ambasciatore.
Rumangabo, dunque, è sparito dall’agenda ed è rimasto nell’ombra per 4 anni. Forse si voleva impedire agli investigatori di risalire a cosa (o chi) c’era in quel luogo? Dalle poche informazioni che è stato possibile reperire, si tratta di un villaggio come tanti. Poche povere case, pochi abitanti. Con una caratteristica: a poca distanza sorge una importante base militare congolese. Forse è solo una coincidenza, forse no. Di certo, qualcuno ha cercato di spegnere sul nascere ogni possibile domanda scomoda.
«Perché eliminare dati da un’agenda di lavoro che si sapeva essere sotto la lente degli investigatori?» si chiede Dario Iacovacci, fratello di Vittorio, che aggiunge altri dubbi: «Per quale ragione alcune mail, legate al viaggio a Goma, sono andate perdute senza lasciare traccia? Cosa avrebbe voluto riferire Vittorio al suo ritorno che non poteva essere comunicato tramite messaggi?». Interrogativi che restano sospesi nell’aria ormai da quattro anni. «Ma di sicuro questa vicenda non si concluderà nel silenzio» promette Dario, che con il suo legale, un mese fa, ha fornito nuovi spunti alla procura di Roma, che indaga per omicidio volontario. La speranza è che questi elementi servano a dare una svolta a un’inchiesta che sta scivolando inesorabilmente verso l’archiviazione, nel silenzio generale. Dopo aver incassato la beffa dell’immunità diplomatica riconosciuta dal giudice ai due funzionari del Pam – indagati per non aver garantito la sicurezza dell’ambasciatore – per le famiglie sarebbe l’ultima amarezza. «Dopo 4 anni la verità è ancora lontana, a causa delle reticenze di chi sa e non può o non vuole parlare – commenta Salvatore Attanasio, padre di Luca – Noi però non arretreremo di un millimetro, useremo tutti gli strumenti legali a disposizione. La giustizia prima o poi arriva, i mandanti non dovranno mai sentirsi tranquilli».