La Stampa, 22 febbraio 2025
Bill Emmott e la politica «da gangster» d The Donald
Dalle elezioni per la presidenza degli Stati Uniti di novembre, tutti i giorni la gente ha sperato che nel suo mandato Donald Trump si rivelasse più uomo di Stato, più concreto e più coerente rispetto a come si è mostrato durante la campagna elettorale. Durante la cerimonia di insediamento del 20 gennaio, ha fatto leva su questo, affermando di essere «un pacificatore e un unificatore». Invece, ogni singolo giorno da allora questa speranza si è dimostrata seriamente vana.In verità, Trump si è dimostrato assai peggiore di quanto lasciasse intendere la sua campagna, e si è palesato chiaramente per un divisore, non un unificatore. Negli Usa sta preparando quello che può essere definito soltanto un colpo di stato. All’estero sta mettendo le alleanze e i valori americani “nella cippatrice”, volendo prendere in prestito le parole del suo compare Elon Musk. Questa settimana è stata (per adesso) la più sconvolgente, soprattutto per il presidente dell’Ucraina Volodymyr Zelensky e per chiunque credeva che con l’Amministrazione Trump gli Stati Uniti avrebbero continuato a schierarsi dalla parte di giustizia, democrazia e sovranità nazionale.In verità, non è stata una sorpresa venire a sapere dai colloqui tra Usa e Russia che il presidente Trump crede in un mondo formato da un numero ristretto di grandi potenze, più che in un mondo nel quale ciò che contano sono i vecchi meccanismi delle regole e delle alleanze tra Paesi di mentalità e valori politici affini. Dal suo primo mandato abbiamo appreso che Trump si sente maggiormente a suo agio quando parla con dittatori quali Vladimir Putin, Xi Jinping e Kim Jong-un, che con i leader di Paesi democratici.Quello che ci giunge del tutto inaspettato, invece, è che avrebbe dimostrato più simpatie e allineamento politico con l’autoritario presidente russo – uomo che ha fatto ammazzare i suoi rivali e i cui uomini hanno rapito decine di migliaia di bambini ucraini – che con il presidente Zelensky, ancora prima che abbiano inizio gli appositi colloqui di pace. Il momento in cui si è toccato davvero il fondo (per adesso) è stato quando Trump ha accusato Zelensky di essere «un dittatore non eletto», mettendo di fatto in discussione la sua legittimità democratica, per poi scagionare il vero dittatore, Putin, per aver invaso per primo il Paese confinante con la Russia.Quando l’ha fatto, a una conferenza stampa, Trump ha mentito, ovviamente, ma per lui mentire è naturale. Ha mentito quando ha detto che l’indice di gradimento di Zelensky in Ucraina è del 4 per cento soltanto, mentre recenti sondaggi lo collocano quasi al 60 per cento. Ha mentito quando ha detto che l’America ha speso 350 miliardi di dollari in aiuti militari e finanziari all’Ucraina dall’inizio dell’invasione russa, quando la cifra è quasi un terzo di quella. Più importante ancora delle menzogne, tuttavia, è quando ha detto che per considerare democratico e legittimo il governo ucraino, l’Ucraina avrebbe dovuto indire le elezioni.Questa è anch’essa una menzogna. Anzi, peggio: è propaganda russa. La verità è che il parlamento ucraino l’anno scorso ha approvato di posticipare le elezioni per la presidenza che si sarebbero dovute svolgere nell’aprile 2024 perché è impossibile votare in tempo di guerra e quando un Paese è sotto la legge marziale. La decisione è stata approvata democraticamente ed è stata sostenuta da tutti i partiti che hanno concordato di indire le elezioni entro sei mesi dalla fine della legge marziale.Alcuni lettori forse ricorderanno che il 21 dicembre su queste stesse pagine ho scritto che Zelensky potrebbe dover compiere un “gesto finale di eroismo” e dichiarare che non si presenterà per essere rieletto, quando si potranno svolgere le elezioni per la presidenza. La mia affermazione ha attirato le critiche di alcuni illustri commentatori italiani, che hanno temuto che una cosa del genere giocherebbe a favore di Putin.Probabilmente, non mi sono spiegato con sufficiente chiarezza: quello che proponevo era che Zelensky annunci il suo pensionamento alla fine dei colloqui di pace, una sorta di gesto a loro conclusione. Non ho consigliato che ciò debba aver luogo prima ancora che i negoziati abbiano inizio, come ha fatto Trump. L’attacco del presidente americano a Zelensky probabilmente adesso farà incrementare il supporto a quest’ultimo da parte degli ucraini e non renderà il suo pensionamento possibile né auspicabile da un’ottica ucraina.Perfino i russi si sono stupiti delle parole di Trump, e non si esimono dal dimostrarlo. Dimitry Medvedev, ex presidente russo, oggi vicepresidente del Consiglio di sicurezza della Russia, ha scritto su X che «se qualcuno mi avesse detto, anche soltanto tre mesi fa, che queste parole sarebbero state pronunciate dal presidente degli Stati Uniti, sarei scoppiato a ridere».Tre conclusioni sono inevitabili. La prima è che i Paesi europei e tutti gli altri alleati devono schierarsi dalla parte dell’Ucraina, non con piani vaghi ma immediatamente e con determinazione, così da essere più forti quando avranno inizio i colloqui i pace. L’Ucraina è europea, sta combattendo per la sicurezza dell’Europa e deve essere protetta e abbracciata dagli europei, difesa ora dai mostri americani e russi.Poiché la Germania non avrà un nuovo governo quanto meno per diversi mesi dopo le elezioni di domenica, saranno altri a dover prendere questa iniziativa, probabilmente Ursula von der Leyen, la presidente della Commissione europea, il Primo ministro polacco Donald Tusk e il Primo ministro britannico Keir Starmer. Nessuno si aspetta che l’Italia si faccia avanti, quantunque sarebbe una piacevole sorpresa qualora lo facesse.La seconda conclusione è che il presidente Trump pensa non soltanto come un leader di vecchio stampo di una grande superpotenza, risalente all’epoca di Stalin, Roosevelt e Churchill, ma anche come un gangster. Ha tentato un’estorsione nei confronti dell’Ucraina, proponendole di firmare contratti per la cessione di diritti minerari del valore di 500 miliardi di dollari in cambio degli aiuti dati, e si è anche arrabbiato quando l’Ucraina a buon motivo ha rifiutato. Da questo episodio c’è sicuramente qualcosa che potranno apprendere tutti i Paesi medi e piccoli per quando dovranno avere a che fare con questo gangster americano.La terza conclusione è che tutte le associazioni internazionali nelle quali gli Stati Uniti hanno avuto una parte centrale – come il G7, la Nato e il G20 allargato – da adesso in poi dovranno agire e pensare come G6, una Nato senza gli Usa, G19. Questo non significa che dovranno estromettere gli Stati Uniti, ma che i soci non americani dovranno parlare tra loro separatamente, così da poter essere più forti davanti al comportamento americano.La settimana scorsa, l’Amministrazione Trump si è rifiutata di accettare la bozza di una dichiarazione del G7 sull’anniversario dell’invasione russa del 24 febbraio 2022 perché includeva l’espressione “aggressione russa”. Adesso gli altri sei membri (Francia, Germania, Regno Unito, Italia, Giappone e Canada) devono assolutamente rilasciare le loro dichiarazioni separatamente, come avveniva in passato, e dire la verità. In caso contrario, la Russia avrà qualche buon motivo in più per scoppiare a ridere, e tutti noi per scoppiare in lacrime. —