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 2025  febbraio 22 Sabato calendario

Il volontario italiano che con i droni combatte i russi


LYPTSI (Kramatorsk) Nel giugno del 2023, nel cuore del Bronx, sugli spalti dello stadio dei New York Yankees, c’era un ragazzo italiano di 26 anni che realizzava il suo sogno, vedere dal vivo i blasonati giocatori di baseball con la maglia bianca a righe blu. Un sogno nutrito da anni di passione per quello sport che poco ha a che fare con l’Italia, ma che è figlio di una attrazione “esotica”, nutrita e alimentata anche nella pratica. Quel giorno del giugno 2023, nonostante la sconfitta degli Yankees per mazza dei Red Sox di Boston, quel ragazzo non solo ha coronato il sogno di sempre, ma si è congedato dalla sua vita borghese, dagli abiti civili di ristoratore prima e specialista tecnico dopo, per indossare quelli del soldato. «Si, sono un combattente, metto la mia vita a rischio in difesa della libertà, dell’Europa, dell’Ucraina».Quel giorno del giugno 2023 è stato uno spartiacque imprescindibile per la vita di quel giovane italiano, un punto di svolta che lo ha trasformato nel tempo in guerriero: «Ho sentito una spinta forte, fortissima, una tigre da cavalcare». Alcuni mesi dopo quel ragazzo dagli spalti del Bronx si è ritrovato in mimetica con un fucile “Cz Bren 2” tra le mani, pronto a combattere nell’estremo fazzoletto del Nord-Est ucraino, in prima linea contro i russi. Il suo nome di battaglia è “Yankee”.«Il motivo per cui mi sono arruolato nella Legione internazionale è stato per aiutare questo popolo europeo a combattere e fermare un aggressore, la Russia, è ingiusto che un Paese possa essere preda delle mire di un folle, l’Europa ha resistito anni contro i sovietici e adesso ci ritroviamo nella stessa condizione ma pochi se ne rendono conto o lo sottovalutano», dice Yankee. Lui viene dall’Italia centrale, non vuole rivelare luoghi, nomi e origini, ma l’accento è un marchio di qualità di quella straordinaria parte della Penisola. Sin da piccolo ha nutrito una intolleranza per le ingiustizie, per i bulli, per chi discrimina sulla base di pregiudizi che è pronto ad allinearsi col potente di turno per avere lustro. Yankee cresce con la passione del baseball, lo segue, lo pratica, lo coltiva pensando a quando sarebbe andato a vedere i suoi eroi in livrea bianca a righe blu. Quel giorno arriva, a guerra in corso. Poi la svolta. «Facevo il volontario nel 118, quindi sono partito per l’Ucraina per entrare nel personale paramedico – racconta -. Poi mi sono reso conto che non bastava, quindi mi sono arruolato nella Legione Internazionale». Un percorso duro, un mese di addestramento, attività fisica agli estremi, poligono, uso delle armi, soccorso, strategia e tattica.Poi l’incontro. «Ho conosciuto tante persone, ho allacciato rapporti con gente da tutto il mondo, americani, australiani, inglesi e tedeschi. Ma soprattutto ho conosciuto un italiano, non uno qualsiasi, lui era il mio istruttore, dopo il corso base ci hanno assegnato al Terzo Battaglione della Legione Internazionale a Central City, ci hanno preparato per fare operazioni speciali, ricognizione e assalti. Quell’italiano era il nostro leader, il suo nome di battaglia è Alessio». Alessio lo abbiamo conosciuto all’inizio della guerra, un guerriero sardo dalla furia di Achille, enorme come il suo cuore, uno dei leader del “Team Ghost”, una squadra leggendaria di combattenti che viveva oltre le linee del nemico, col tempo sterminata dai russi: lui tra i pochi sopravvissuti. Yankee viene mandato a Kharkiv come operatore di droni da ricognizione per l’individuazione del nemico e il controllo del territorio. Poi il cambio di passo. Dopo settembre sul fronte Nord-orientale la situazione rimane stabile, complice l’alleggerimento delle truppe russe distolte verso il Kursk dopo l’incursione ucraina in territorio nemico. «Il nostro comandante non voleva perdere persone di alta qualificazione e quindi con altri due colleghi abbiamo formato da zero una squadra di intelligence della Legione internazionale – racconta Yankee -. In circa un mese siamo riusciti a sviluppare capacità per far volare droni sempre più sofisticati. I nuovi paDroni della guerra».A novembre dopo un anno circa dal suo arruolamento Yankee si regala un viaggio in Egitto, altra sua passione viscerale. «È stato intenso ma stressante, Il Cairo è un partner di Mosca, temevo che potessero fermarmi in aeroporto e farmi problemi, magari spedirmi in Russia». Poi il ritorno in Italia: «Ho fatto una sorpresa ai miei genitori, mia mamma è scoppiata in lacrime, mio padre impassibile, come sempre del resto, inflessibile a qualunque evento accadesse in famiglia». Nonostante il calore del focolare, la presa di coscienza è immediata: «Quello non era più il mio posto, mi sentivo straniero nel mio Paese perché dopo aver vissuto la guerra, aver visto la sofferenza del popolo ucraino, constatare che a nessuno interessa veramente, mi ha fatto sentire tanta amarezza». L’amarezza però non lo risparmia nemmeno al ritorno in Ucraina dove la vittoria di Donald Trump sta lacerando gli animi. «Il futuro lo vedo molto difficile ed oscuro perché i fatti dicono che la Russia non vuole la pace se non secondo i suoi interessi – dice -. Il passato ci insegna che non c’è pace, libertà e democrazia senza combattere il nemico di questi valori che ad oggi è la Russia».Di tornare ad essere il ragazzo del Bronx, Yankee non ne vuole sapere, almeno al momento. Sebbene qualcosa manchi della sua vita passata, la pizza fatta bene, un piatto di pasta come si deve. «Cucino sempre io, anche per i commilitoni che mi chiedono un pizzico di Italia a tavola – chiosa -. All’Italia però, al nostro governo, chiedo che si adoperi affinché all’altro tavolo, quello dei negoziati, ci si sieda secondo il galateo della giustizia dei popoli». —