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 2025  febbraio 22 Sabato calendario

La Stazione Spaziale verso la dismissione

Piede sull’acceleratore. Verso Marte, però. L’interesse di Elon Musk per il pianeta rosso è noto: non ci vuole solo andare, vuole proprio costruirci una città autosufficiente, per farlo ha già una time-line precisa (che inizia sfruttando la prima “finestra di lancio” del 2026 e finisce, dice lui, tra non più di vent’anni). «Let’s go to Mars», ricorda ogni volta che può il proprietario di SpaceX, e lo ribadisce anche ieri quando un suo tweet infiamma le discussioni (non solo) oltre l’atmosfera. C’entra Marte, sì. Ma c’entra soprattutto la Stazione spaziale internazionale (Iss) che la Nasa vuole smantellare ma solo nel 2030, che Musk vorrebbe dismettere «tra due anni» e che monopolizza, per un giorno, i dibattiti qui sulla Terra.
Naso all’insù: l’Iss, che ci aleggia sopra la testa dal 2 novembre del 2000, sta per andare in pensione. Questo è certo: bisogna solo capire quando (sul come se ne sa di più). «È tempo di iniziare i preparativi per il deorbiting, ha fatto ciò che doveva fare. Oramai può essere utile davvero a poco», scrive Musk sul suo X. E attenzione, al netto delle polemiche che possono seguire, non è una novità nemmeno questo.
L’Iss, che ha le dimensioni più o meno di un campo da calcio, pesa 460 tonnellate ed è il risultato di una collaborazione complessa internazionale che spesso, quaggiù nel vecchio mondo, manco ci sogniamo, dopo 25 anni di onorato (e onorabilissimo) servizio, è una struttura considerata obsoleta anche dalla Nasa, l’agenzia spaziale degli Usa. Per questo, a Cape Canaveral hanno già messo a punto un piano per dismetterla (e ci hanno pensato non da oggi, ma da qualche anno) il quale, tra l’altro, coinvolge in prima persona proprio Musk e sul quale i tecnici e gli analisti sono stati puntualissimi nel definirne i dettagli (tra poco ci arriviamo).
C’è un futuro dopo l’Iss (e probabilmente è un futuro gestito dal privato al posto del pubblico), epperò c’è un futuro già adesso perché la svolta di Musk non è un capriccio e basta: è un piano, preciso, che ha un diverso obiettivo. Lo stolto vede il dito, il saggio la luna, lui (appunto) Marte. Tocca raggruppare gli sforzi, puntare a una direzione alternativa, osare di più. È questo, in sostanza, che ricorda Musk.
Un po’ Interstellar, un po’ For all mankind, un po’ genio e un po’ pazzo: ma Mister Tesla è così, lo conosciamo (in queste ore ha pure bisticciato con l’astronauta danese dell’Esa, l’Agenzia spaziale europea, Andreas Envold Andy Mogensen, sostenendo in un video che i due colleghi statunitensi Butch Wilmore e Sini Williams, che sono bloccati a bordo della Iss da mesi, non riescono a tornare a casa per colpa dell’ex presidente Usa Joe Biden che non ha voluto organizzare alcuna missione di rientro per loro: alla critica sollevata da Mogensen, il braccio destro di Donald Trump ha semplicemente risposto che è «completamente ritardato»).
Il piano (originario, ufficiale) per dismettere l’Iss prevede che venga portata a una quota più bassa rispetto a quella attuale, cioè che venga “abbassata” a 280 chilometri rispetto ai 400 di adesso. Non è un’operazione semplice e non può farla chiunque. Può, tuttavia, l’agenzia spaziale privata SpaceX di Musk (ci siamo arrivati) che l’anno scorso ha vinto un appalto di quasi un milione di dollari della Nasa per costruzire lo Us deorbit vehicle, una sorta di “rimorchiatore spaziale” che di fatto la trascinerà fino alla parte bassa dell’atmosfera e poi l’abbandonerà in modo che i singoli moduli che la compongono si possano disintegrare, bruciare e inabissarsi nell’oceano pacifico.
La “casa degli astronauti” non può semplicemente essere abbandonata in orbita, ma il piano di dismissione non è di quelli agevoli per due motivi: anzitutto è complesso, articolato e ha bisogno di una preparazione studiata a tavolino; in secondo luogo c’è l’incognita dei russi perché la loro agenzia per lo spazio (la Roscosmos) ha annunciato il lancio di una stazione propria entro il 2027. Dal canto suo, invece, l’Iss sarà pure “vecchia” e con una tecnologia superata (o superabile), ma (e su questo non ci piove) ha rappresentato una conquista notevole per la corsa all’universo.
Non è stata (non lo è ancora) solo un caravanserraglio stellare, è servita anche come laboratorio di ricerca, come base per almeno 244 astronauti che ci hanno messo piede su provenendo da diciannove diversi Paesi del globo, ha ospitato addirittura otto privati cittadini che hanno speso la bellezza di 50 milioni di dollari per soggiornare nelle sue stanze. Secondo la Nasa le sue componenti «potrebbero non essere più compatibili con le prossime piattaforme», e le tante perdite di gas e liquido refrigerante che si sono registrate negli ultimi anni hanno dato il via ai ragionamenti sulla sua dismissione. Musk li ha riportati in auge.