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 2025  febbraio 22 Sabato calendario

I pacchi di Veronesi: Accardo, Sollima, Fracci e Santa Cecilia.

Dal Conservatorio di Milano nel 2015 una tournée di fregature: “L’orchestra si presentò, ma il concerto non c’era”
Alla fine il maestro Salvatore Accardo ha denunciato Alberto Veronesi per diffamazione aggravata. Dal Fatto aveva scoperto che l’altro lo indicava impropriamente come “direttore artistico” dell’Orchestra Sinfonica della Calabria di Vibo Valentia, fondata da Veronesi nel 2022, cui l’anno scorso il ministero ha revocato più di 500 mila euro di contributi triennali per irregolarità nel rendiconto finanziario. Ma 450 mila euro tra anticipi e altri fondi erano arrivati e non si sa dove siano finiti, tanto che a farne le spese sono stati i giovani musicisti che ancora oggi non sono stati pagati. Il Fatto ha scoperto però molto altro; se c’è un copione da Prendi i soldi e scappa Veronesi lo usa da molti anni, mietendo vittime tra tanti altri nomi illustri della musica, come il violoncellista Giovanni Sollima, e almeno tre importanti istituzioni musicali: il Conservatorio Verdi di Milano, le Accademie nazionali di Santa Cecilia e quella di Danza di Roma. Enti pubblici che utilizzava per procacciare iscrizioni a fantomatici corsi e “debutti”, al costo di 800 euro a studente, di cui enti e artisti indicati sul sito Internet e nelle brochure nulla sapevano, così come di accordi di collaborazione in realtà mai esistiti.
Una storia che inizia nel 2000, quando Veronesi fonda la “Associazione Sviluppo Sinfonico Onlus” e un “Conservatorio Italia Academy” con lo scopo di agevolare la carriera dei giovani talenti di Pechino e Shanghai grazie a corsi che (sulla carta) coinvolgevano il meglio del panorama di musica, canto e danza: da Carla Fracci a Renata Scotto, il maestro Sollima, con tanto di biografie e foto sul sito. Chiamiamo Sollima: “Mai partecipato, mai sentito neppure parlare di questa cosa. Non ho mai collaborato, mai ricevuto lettere o email di invito né tantomeno firmato qualsivoglia contratto o accordo: se ha usato il mio nome senza autorizzazione devo tutelarmi e lo farò nelle sedi opportune”.
Andiamo allora all’Accademia di Santa Cecilia che compare sulla brochure della “Accademia per lo scambio Italia-Cina” di Veronesi. “Sono qui da 20 anni, non ne ho mai sentito parlare. È una cosa inquietante, se cita una collaborazione con noi è falsa e ci tuteleremo”, dice la responsabile didattica Sabina Pozzi. Ma ci sono anche i ballerini dell’Accademia Nazionale di Danza di Roma. “Non è mai esistita questa collaborazione, vedo alcuni nomi che erano docenti qui ma nessuno ha mai partecipato a questa cosa”, dice l’ex ballerina Anna Maria Galeotti, docente per 30 anni e ora direttrice. La cosa era invece risaputa al Conservatorio Verdi di Milano, il più importante al mondo. Il Fatto ha rintracciato un verbale del Cda del 23 gennaio 2015 in cui la stessa presidente Maria Grazia Mazzocchi denuncia: “Il prof. Alberto Veronesi ha speso in più occasioni, nell’ambito dei suoi progetti, il nome del Conservatorio senza avere ricevuto dallo stesso alcuna autorizzazione (…). Si riserva di intraprendere le azioni più opportune a tutela dell’immagine dell’Istituto che presiedo”. Un vizio antico, dunque. Ma non il solo.
Nel 2016 Roma è tappezzata di manifesti, pure gli autobus: al Foro Italico si terrà una grandiosa Bohème con Angela Gheorghiu diretta da Alberto Veronesi e organizzata tramite la sua società Europa Musica Srl. Veronesi chiese al maestro Stefano Sovrani di reclutare un centinaio di orchestrali: “Musicisti, coro, cantanti. Il giorno della recita siamo arrivati lì e non c’era nulla, luci, scene, costumi: aveva tirato la sòla a tutti, dal Comune di Roma agli orchestrali che avevano provato due giorni e non sono stati pagati. Io devo avere circa 7/8 mila euro. Fui anche chiamato dalla Finanza per questa cosa ma non è successo nulla, tanti altri sono rimasti fregati”. Degli allestimenti si era occupato il signor Claudio Pugliese di Bari. “Avevo portato scene, costumi, attrezzature ma all’ultimo Veronesi annullò tutto, perché aveva fatto male i conti. Per fargli pagare almeno i macchinisti e le sarte ho dovuto rincorrerlo fin dentro la Stazione Termini, prima che si dileguasse. Mi deve ancora 20 mila euro”. E questo è il delegato della presidente Meloni per le celebrazioni pucciniane che ha gestito 10 milioni di fondi pubblici. I ragazzi di Vibo si mettano il cuore in pace.