La Stampa, 22 febbraio 2025
Giorgia Meloni come Nanni Moretti
Mi si nota di più se vengo o se non vengo? L’indimenticabile battuta di Nanni Moretti adesso si potrebbe applicare alla querelle che ha visto Bardella, numero due di Marine Le Pen, atteso a Washington per la Cpac (Conservative political action conference), l’appuntamento trumpiano che ha visto accorrere le destre sovraniste e radicali di tutto il mondo, dare forfait dopo che Bannon si è esibito in un esplicito saluto nazista a braccio alzato. E Meloni che farà? Prudentemente, la premier che ha spinto per partecipare anche per bruciare sul tempo Macron, che s’incontrerà lunedì con Trump, aveva già scelto di collegarsi con la conferenza, senza andare. E questo non perché temesse chissà cosa, ma perché vuole calibrare il senso della propria partecipazione a un evento che chiaramente non ha un programma preciso e si presta a uscite sconclusionate come quella di Bannon, trumpiano della prima ora (2016-2020) e con un ruolo, ora, molto meno centrale di quello che aveva in passato, che lo spinge a gesti eclatanti.In ogni caso le parole di Meloni alla Cpac sono attese, per capire se la presidente del consiglio si sia spostata verso un pieno sostegno a Trump, anche rispetto alle più recenti posizioni sulla guerra in Ucraina e contro Zelensky, ciò che comporterebbe da parte della stessa Meloni rimangiarsi la solidarietà, anche in armi, offerta in questi tre anni al leader di Kiev. O se invece intenda muoversi in una cornice di mediazione tra Ucraina e Usa e soprattutto tra Europa e Usa, scenari questi molto difficili da coniugare con le ultime uscite del tycoon tornato alla Casa Bianca.Una difficoltà in più per Meloni è data dalla posizione concordata tra Macron e Starmer, disponibili a offrire a Trump un prossimo intervento militare franco-inglese, per il momento, e più avanti anche europeo, a difesa dei confini ucraini con una forza multinazionale di interposizione mirata a venire incontro alle richieste Usa all’Europa di assumersi maggiore responsabilità nella difesa del proprio territorio, affiancando la Nato. E allo stesso tempo in grado di evitare che Putin, dopo un breve periodo di pace, si prepari a una nuova aggressione dei territori limitrofi alla Russia, esattamente come fece dopo i deboli accordi di Minsk seguiti alla prima invasione del 2014.