Corriere della Sera, 22 febbraio 2025
Merz si prepara
«Il problema tra noi due era che entrambi volevamo essere capi. Sono cose che succedono, nelle grandi organizzazioni», ci disse Angela Merkel tre mesi fa, a microfoni spenti, al termine dell’intervista al Corriere al primo piano del ristorante Bocca di Bacco a Berlino, quando le chiedemmo di Friedrich Merz. Ma non è un segreto, l’ha scritto quasi con le stesse parole nella sua biografia Libertà : «Entrambi volevamo comandare». Si sa come finì: Merkel prevalse, tolse a Merz il ruolo di capogruppo al Bundestag e lui umiliato nel 2009 lasciò la politica. Salvo tornarci dieci anni dopo, candidandosi a guidare la Cdu pochi minuti dopo che Merkel ne lasciava la presidenza. Vinse solo al terzo tentativo per poi ritrovarsi a 69 anni, con uno dei più impensati comeback , a un passo dall’essere cancelliere. Mancano 48 ore, e per citare Merz, «il voto di 60 milioni di tedeschi».
Si fa buio in sala, alla Rudolf Weber Arena di Oberhausen quando le casse cominciano a pompare «We will rock you» dei Queen e appare Merz, l’uomo che deve «sconvolgere» o almeno dare uno scossone alla Germania. Quattro minuti di applausi: è il suo pubblico, che gli mancava. Coriandoli di bandiere tedesche (che Merkel non voleva), cori di carnevale e ballerine, e poi trombe, sassofoni e discorsi, mentre lo stato maggiore della Cdu (Lammert, il segretario Linnemann) assiste in platea e l’ex rivale Hendrik Wüst lo introduce sul palco.
Il rito finale della Cdu va in scena a Oberhausen nel Nord-Reno Vestfalia, la regione di Merz. Più precisamente, siamo nella Ruhr, il polmone dell’industria e della chimica – Dortmund, Düsseldorf, Essen, Gelsenkirchen, Leverkusen, città proletarie dai nomi mitici – la terra dei mille derby calcistici, degli immigrati turchi e italiani, delle fornaci che rendevano il cielo arancione di notte e grigio cenere di giorno, tanto che Willy Brandt disse: «Verrà il giorno il cui il cielo della Ruhr tornerà blu». Ieri blu lo era, da decenni l’inquinamento è vinto: ma qui da anni – a partire dal 2017 – l’industria ha inchiodato. I manifesti di Scholz per strada inneggiano al «cancelliere del Made in Germany», ma la Ruhr è oggi il simbolo del declino tedesco. Ci sarà bisogno dello scossone, di un «we will rock you», se Merz vorrà riportare la Germania dov’era in passato.
Arriva sugli spalti la notizia dell’accoltellamento di Berlino, ma sul palco nessuno lo sa. Neppure Merz. La Cdu per lui è «casa» più di quanto non lo sia mai stata per Angela Merkel: e lui ha riportato i cristiano democratici a destra, via dal centro, ha promesso la lotta all’islamismo, ha detto che come prima cosa ridurrà l’immigrazione illegale. Via dalla cultura dell’accoglienza, l’ultimo distacco da Angela Merkel. Anche se è riduttivo leggere troppe cose come una sfida tra i due.
È due primavere fa, quando ha raccolto la Cdu a Cadenabbia sul Lago di Como, nella villa dove Adenauer giocava a bocce, che Merz ha preparato la sua scalata. Si dice che lì, in ritiro con 35 colleghi Cdu, abbiano stilato il programma per la riconquista del potere: dove quella tedesca è la Leitkultur (cultura dominante), e l’immigrazione va contenuta. Dove pare si siano già divisi i posti del governo, e dove Merz ha vinto il torneo di bocce. È un ottimo tiratore, membro da decenni del club di tiro di Brilon. Ha anche una grande passione per gli aerei, ne pilota personalmente uno a due eliche, di cui è anche proprietario. D’altronde, è ricco.
Che cancelliere sarà? Guarderà tutti dall’alto in basso, dai suoi 198 centimetri. Ha una retorica elegante e affilata, da avvocato, nulla a che fare con i discorsi soporiferi di Merkel o Kohl. Per quanto di famiglia agiata (il nonno era il sindaco nazionalsocialista di Brilon), non ha avuto una vita facile. Il padre fu arruolato a 17 anni e fatto prigioniero dai sovietici in Georgia. A casa ha avuto un’educazione rigida: a 8 anni, malato di tubercolosi, fu mandato per sei mesi in un convento dalle suore, un periodo che definisce «non simpatico». Sua sorella morì a 21 anni in un incidente stradale. A scuola, per le proteste, fu costretto a ripetere l’anno. Ma fu anche uno studente di legge brillante, e poi giovane deputato Cdu: l’unico di tutti i parlamentari a dare del tu a Schäuble. E quando ha lasciato la politica tornando al mestiere di avvocato, è diventato il presidente tedesco di BlackRock, il più grande fondo gestito al mondo. È stato definito un multimilionario autodidatta.
Più interessante però, è la sua biografia intellettuale. In un saggio molto citato, il Grand Continent lo descrive come il vero erede di Wolfgang Schäuble. Al mentore deve tre profonde convinzione: il conservatorismo sociale, inclusa la chiusura agli stranieri per difendere la società: è convinto (da ben prima del voto con l’AfD in parlamento) che solo svuotandola dei consensi si può contenere l’estrema destra. In secondo luogo, il conservatorismo fiscale, sebbene sia più aperto al capitalismo stile Usa di gran parte dei tedeschi: ha perfino scritto nel 2008 il libro «Osare più capitalismo». Infine, è profondamente europeista, convinto da tempo della necessità della difesa comune.
Entrerà in scena in un mondo diverso da quello al quale si è preparato tutta la vita: senza quell’America che ama, diviso per sfere d’influenza. Sa bene che l’aspetta il compito più difficile per un rigorista anti debito: rinsaldare l’Europa politicamente, perché non si sciolga o scompaia. E sa che deve contenere l’AfD, per non essere ricordato – dovesse fallire – come il cancelliere che le ha aperto la strada.