Corriere della Sera, 23 gennaio 2025
Una nuova mostra su Caravaggio a Roma
Caravaggio (1571-1610) di nuovo protagonista di una mostra a Roma, dal 7 marzo al 6 luglio nelle sale di Palazzo Barberini, una delle due sedi delle Gallerie nazionali d’Arte antica. Un gran ritorno, per il maestro lombardo, nella città dove spese una parte fondamentale della sua breve vita e che ancora oggi conserva — tra musei, chiese, palazzi, collezioni private — il più alto numero al mondo dei suoi (idolatrati) capolavori.
A quindici anni di distanza dall’ultima monografica di rilievo nella Capitale — 2010, Scuderie del Quirinale — una retrospettiva, presentata ieri, dove per la prima volta si vedrà anche il quadro di recente attributo al catalogo di Merisi: l’Ecce Homo ritrovato in Spagna, comprato da un privato per una cifra mai ufficializzata (ma si parla di circa 30 milioni) e ora esposto al Prado di Madrid. La tela — che rischiò di andare in asta con stima intorno ai mille euro, attribuita alla scuola di Ribera — arriva per la prima volta in Italia ed è una delle novità dell’esposizione, anticipata da un altro «ritrovamento»: il Ritratto di Maffeo Barberini, futuro papa Urbano VIII.
L’opera, nota da decenni, non era mai stata vista né dal pubblico né dagli studiosi (con rare eccezioni), custodita da un collezionista privato e ora dai suoi eredi. Il Maffeo, a mo’ di «prologo» dell’imminente esposizione, è già visibile a Palazzo Barberini dallo scorso novembre. E non è escluso che lo Stato possa acquistarla. A domanda diretta su una trattativa in corso ieri così ha risposto, sibillinamente, il direttore di Palazzo Barberini Thomas Clement Salomon, curatore della mostra con Francesca Cappelletti (Galleria Borghese) e Maria Cristina Terzaghi (Università Roma Tre): «Sarebbe un sogno. E chi non sognerebbe al mio posto? Al momento auspichiamo che il quadro possa restare per sempre a disposizione di tutti. L’ultimo acquisto di un Caravaggio da parte dello Stato risale al 1971».
Quell’anno entrò infatti nelle collezioni pubbliche Giuditta che taglia la testa a Oloferne, capolavoro commissionato in origine dal banchiere Orazio Costa e oggi nella raccolta permanente di Palazzo Barberini. Si tratta di uno dei quadri esposti: «In tutto una ventina» come annunciato dallo stesso Salomon. Il numero esatto delle opere in realtà è ancora incerto. Nell’elenco ufficiale distribuito ieri se ne citano 18. Ma la lista potrebbe crescere con almeno uno dei tre capolavori di Caravaggio conservati agli Uffizi e, forse (tamtam non confermato né smentito dagli organizzatori), con la meravigliosa Flagellazione di Cristo dal Capodimonte a Napoli.
«Diciotto o venti, non è tanto importante il numero ma quali opere mostreremo», ha precisato Salomon. Il numero sarà comunque consistente (alle Scuderie furono 24) considerando che il catalogo di Merisi tra certezze e attribuzioni (sempre molto controverse) oscilla tra quaranta e sessanta lavori, con punte di cento nelle più spericolate interpretazioni. «Mostreremo Caravaggio in dosi massicce e allo stato puro», ha detto Cappelletti, direttrice della Borghese, che cederà in prestito tre dei sei quadri in collezione: il giovanile Bacchino malato (1595) e i più tardi David con la testa di Golia e San Giovanni Battista (entrambi 1609-1610). Eccezionalmente le versioni del Battista dipinte dal genio potrebbero addirittura essere, per la prima volta, tutte e quattro presenti. Di sicuro ci saranno la tela alla Galleria Corsini di Roma e il dipinto del Nelson-Atkins Museum di Kansas City. Ma forse arriverà anche la magistrale e impudica versione della Pinacoteca Capitolina.
Significativi — oltre all’arrivo della Cena in Emmaus da Brera e al Martirio di Sant’Orsola della Collezione Intesa Sanpaolo, 1610, ultimo quadro noto dell’artista — anche tutti gli altri prestiti internazionali: dal Texas (Kimbell Art Museum) I bari (1595), da Dublino La cattura di Cristo (1602), da Detroit Marta e Maria Maddalena (1598), dalla Royal Collection di Londra il Ragazzo che monda un frutto (1592-93), da Hartford (Usa) il San Francesco in estasi a confronto con lo stesso soggetto presente a Palazzo Barberini.
Sempre dalla collezione permanente c’è anche il discusso Narciso, che i curatori hanno deciso di includere nel percorso con il punto interrogativo che da tempo accompagna la didascalia di sala (il quadro, celeberrimo, da molti è attribuito alla mano di Spadarino). Infine, denso di significato, il prestito dal Thyssen-Bornemisza di Madrid della Santa Caterina di Alessandria, capolavoro per secoli conservato proprio nel palazzo di proprietà della famiglia Barberini, ora museo pubblico. La tela torna a «casa» dopo che nel 1934 il governo Mussolini permise, con apposita legge, lo svincolo della raccolta nobiliare fino ad allora sottoposta a fidecommesso, dunque indivisibile e inesportabile. Santa Caterina fu invece svenduta per 30 mila lire, una delle quotazioni più basse dell’intera collezione, quando Caravaggio non era ancora tra i pesi massimi della pittura d’ogni tempo.