La Stampa, 21 febbraio 2025
Cresce la rabbia in Israele per il corpo di Shiri Bibas, come il caso può influire sugli accordi.
Aumenta anche la preoccupazione legata ai sei ostaggi vivi che dovrebbero essere rilasciati da Hamas GERUSALEMME. Un misto di rabbia, frustrazione, dolore e preoccupazione sta attraversando Israele. Già la notizia della morte dei bambini Bibas aveva creato un’ondata emotiva non indifferente. Lo show con il quale le loro bare sono state consegnate, la vista di altri bambini festanti sul palco, ha creato molti sentimenti contrastanti tra gli israeliani. La notizia che il quarto corpo non è quello della madre dei bimbi, Shiri, ma di un’altra donna, neanche di un altro ostaggio, ha dilaniato la società.
Israele, a cominciare dal premier Netanyahu, per il quale quanto accaduto è la dimostrazione che «la crudeltà di Hamas non ha confini e pagherà il prezzo pieno per la crudele e malevole violazione dei termini dell’accordo», reagisce. Da più parti si chiedono azioni chiare per assicurare che Shiri torni a casa.
La preoccupazione è legata al fatto che domani sei ostaggi vivi dovrebbero essere rilasciati da Hamas e il caso di Shiri Bibas possa in qualche modo influire con questo e la liberazione degli altri ostaggi.
Hamas ha chiesto a Israele di restituire il corpo della donna palestinese di Gaza che è stata consegnata ieri al posto di quello dell’ostaggio israeliano Shiri Bibas. Il gruppo palestinese ha ribadito che si deve essere trattato di un “errore” quando sono stati estratti i corpi dalle macerie. Le autorità israeliane hanno dichiarato durante la notte che i resti di Ariel e Kfir sono stati identificati e che sono stati assassinati da terroristi durante la loro prigionia.
Come sottolineato sia dal governo israeliano che dai militari, la non consegna di un ostaggio, come avvenne già a novembre 2023 è serio motivo di violazione dei termini dell’accordo e potrebbe portare alla ripresa dei combattimenti, in un momento nel quale la tregua è fragile, visto che non decollano neanche i colloqui per la seconda fase.
Da tutto il mondo occidentale, comprese le Nazioni Unite, c’è stata la condanna dell’atto di Hamas. Si sta lavorando diplomaticamente per risolvere la questione, cercando di garantire da un lato l’uscita dei sei ostaggi domani, dall’altro che non si riprenda a combattere. È probabile che l’azione di Hamas porti, se non alla ripresa delle armi, ad azioni israeliane contrarie all’accordo, come ridurre il numero o la “qualità” dei prigionieri palestinesi da rilasciare o impedire l’accesso a Gaza di determinati prodotti. In queste ore, infatti, il valico di Rafah è chiuso.