la Repubblica, 21 febbraio 2025
Serracchiani sulla condanna a Delmastro: “Accusati di essere dei mafiosi e loro violavano la legge”.
Intervista alla responsabile giustizia del Pd: “Ricordo ancora l’umiliazione, come da subito mi sono ribellata a quella ingiustizia” «È stato sconvolgente sentirsi dare della mafiosa, della terrorista, nell’aula della Camera». Debora Serracchiani, responsabile giustizia dei dem, costretta a casa da una brutta influenza, ancora vibra di rabbia ripensando al pomeriggio in cui Giovanni Donzelli sventolò i documenti passatigli da Andrea Delmastro per «scagliare accuse infamanti contro di noi». Ovvero i quattro esponenti del Pd andati nel carcere di Sassari per verificare lo stato di salute di Alfredo Cospito.
Cosa provò allora, onorevole?
«Incredulità e sconcerto, mi sentivo oltraggiata. Credo ci siano pochissimi precedenti, forse nessuno, di una simile aggressione personale e politica, fra l’altro mantenuta nel tempo e mai smentita. Ricordo ancora l’umiliazione, come da subito mi sono ribellata a quella ingiustizia».
Il pm aveva chiesto l’assoluzione, si aspettava questo verdetto?
«Eravamo convinti delle nostre ragioni e abbiamo agito a difesa delle prerogative parlamentari, tra cui quella di svolgere visite ispettive nelle carceri italiane. I nostri avvocati Ermini, Gialuz e Olivo hanno letteralmente smontato la tesi dell’accusa».
La destra parla di sentenza politica.
«È ormai un’abitudine, quando sul banco degli imputati ci finiscono i loro amici. Non dimentichiamo il balletto indecente intorno al caso Santanchè. Ma le decisioni della magistratura vanno rispettate, sempre. Questa sentenza conferma in sede penale che il sottosegretario ha rivelato al compagno di partito documenti segreti, che dovevano restare nel perimetro del dicastero della Giustizia. Mai era capitato che notizie sul 41-bis venissero divulgate da un rappresentante del governo».
Qual è stato l’elemento chiave che, secondo lei, ha spinto i giudici a propendere per la condanna?
«La tesi del pm era abbastanza surreale: si sosteneva che le informazioni fossero segrete, che il sottosegretario avesse rivelato un segreto d’ufficio, ma che mancasse l’elemento soggettivo. Cioè in sostanza Delmastro ha trasmesso notizie riservate al suo coinquilino per colpire l’opposizione, ma andava assolto perché “non ha compreso il fatto”. Non proprio una medaglia da appuntarsi per chi ha una delega così delicata in Via Arenula».
Anche la difesa di Delmastro ha battuto sulla sua inconsapevolezza.
«Ma può un avvocato penalista, già legale di fiducia della premier, responsabile giustizia di FdI e sottosegretario incaricato all’amministrazione penitenziaria non sapere che un documento sul 41 bis, su cui è scritto a chiare lettere “limitata divulgazione”, è riservato? C’è da chiedersi in che mani siamo… Per fortuna il collegio giudicante ha compreso e deciso di conseguenza».
È stata una manovra studiata a tavolino da Fratelli d’Italia per colpire le opposizioni?
«Non c’è dubbio. Donzelli ci ha dato dei mafiosi e dei terroristi, ha leso la nostra onorabilità e quella del Pd. Era il loro obiettivo. Ma il peggio è che ha messo in discussione una fondamentale prerogativa dei parlamentari. Noi eravamo andati in visita ispettiva in un istituto penitenziario rispondendo all’appello di numerose personalità, preoccupate delle condizioni di salute di un detenuto. Lo facciamo continuamente».
Delmastro ha subito annunciato che non si dimetterà: dovrebbe?
«Mi pare evidente che deve. Qui non è in ballo la presunzione di innocenza fino a condanna definitiva. Qui piuttosto si rafforza il giudizio, quello sì politico, sulla sua inadeguatezza e spregiudicatezza. E sul suo scarso senso dello Stato».
Anche la premier si dice sconcertata e ha ribadito che il condannato resterà al suo posto.
«Si conferma l’ossessione della destra, e della nostra premier, contro l’autonomia e l’indipendenza dei giudici. È un altro indizio che la separazione delle carriere potrebbe essere funzionale alla sottomissione della magistratura all’esecutivo. Lo certifica lo stesso ministro Nordio che vuole Delmastro al suo fianco a fare la riforma della giustizia».
Se è per questo è persino venuto in aula per scagionarlo dalle accuse.
«Il Guardasigilli è privo di qualsivoglia autonomia. È disposto a sostenere qualsiasi tesi pur di far contenta Giorgia Meloni».