il Fatto Quotidiano, 21 febbraio 2025
La pace di Trump sfascia il governo e l’opposizione
Più Donald Trump alza i toni e più la destra di governo si sfarina, tra tentativi di scavalcarsi e messaggi contraddittori. Nella serata di giovedì, dopo un vertice a Palazzo Chigi, la solita giornataccia di governo (con la condanna del sottosegretario Andrea Delmastro) e le varie dichiarazioni in ordine sparso, Giorgia Meloni medita addirittura di volare a Washington per la convention Cpac, kermesse dei Repubblicani americani che riunirà i conservatori da tutto il mondo e sarà la vetrina politica di Trump. Al momento il programma dell’evento prevede un intervento di Meloni alle 19 (ora italiana) di domani e l’ipotesi più probabile è un video-collegamento di un quarto d’ora.
Ma già solo il fatto che la premier ragioni sulla partecipazione di persona (molto complicata, dovrebbe partire oggi e tornare subito, in vista degli impegni a Roma di lunedì) dà l’idea del messaggio che vuole trasmettere, sia agli alleati italiani sia all’Europa: ridimensionare Matteo Salvini, attivissimo sostenitore della linea dura trumpiana, e mostrarsi vicina al presidente americano nei giorni in cui l’Unione europea rivendica il suo ruolo nel tavolo di pace tra Russia e Ucraina, a costo di scontrarsi con Washington.
D’altronde la faccia da funerale mostrata da Meloni nel vertice convocato da Emmanuel Macron pochi giorni fa, lasciava intendere quanto poco credesse nello scontro tra Europa e Trump. Proprio Macron sarà in visita alla Casa Bianca lunedì, mentre giovedì arriverà il premier inglese Keir Starmer. Un viaggio di Meloni nel fine settimana per il Cpac sarebbe un modo per “bruciare” gli altri leader europei. Ma intanto non banale è un passaggio avvenuto ieri: la presidente del Consiglio ha sentito il canadese Justin Trudeau, presidente di turno del G7.
Nel comunicato ufficiale, Palazzo Chigi cammina tra le uova, tra Casa Bianca e Ue, dimostrando però di non voler scaricare Zelensky: “Il presidente del Consiglio ha ribadito che la priorità per l’Italia è la stessa del resto d’Europa, dell’Alleanza Atlantica e di Kiev, fare tutto il possibile per fermare il conflitto e raggiungere la pace”. E perciò “l’Italia, insieme agli Stati Uniti e ai suoi partner europei e occidentali, lavora per una pace duratura in Europa, che necessita di garanzie di sicurezza reali ed efficaci per l’Ucraina”.
Chi ha molti meno obblighi istituzionali sulla materia è Matteo Salvini. E infatti il leader leghista va dritto in sostegno a Trump, senza curarsi troppo dei rapporti con Zelensky: “Condivido quello che sta facendo Trump per porre fine alla guerra e conto che smettano di sparare i cannoni e di morire le persone”. Ancora: “Chi attacca Trump non fa un buon servizio alla pace. Non commento i giudizi, commento i fatti. Trump in poche settimane sta facendo quello che né la Von der Leyen né Biden hanno fatto in anni. Spero che vada fino in fondo”. Altro che, come da versione di Palazzo Chigi, un tavolo comune.
Su posizioni ancora diverse è il forzista Antonio Tajani, di gran lunga il più distante dai toni trumpiani. Il ministro degli Esteri non ne fa mistero: “Non devo commentare tutte le idee e tutte le proposte di coloro che parlano nel mondo – dice riferendosi alla provocazione di Salvini di assegnare a Trump il Nobel per la pace – Ognuno ha le sue idee, non fa parte della politica di governo o dell’accordo di maggioranza chi deve diventare premio Nobel”. Per Tajani il ruolo dell’Europa è imprescindibile tanto quanto la tutela di Kiev: “Abbiamo sostenuto e continuiamo a sostenere l’Ucraina. La trattativa dovrà vedere seduti al tavolo gli Usa, l’Ucraina e l’Ue. Finché Zelensky sarà presidente, le nostre interlocuzioni saranno con lui. Io ricordo che anche la vecchia amministrazione Trump lo sostenne”. E sembra ricordarlo, soprattutto, a Salvini.