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 2025  febbraio 21 Venerdì calendario

Dariia Zarivna: «Putin non si fermerà cedendo territori. Oltre 19mila bambini ucraini deportati ancora nelle mani dei russi».

La consigliera nell’ufficio di Zelensky e direttrice esecutiva di «Bring Kids Back UA» :«Per farli rientrare deve aumentare la pressione internazionale» «Non è cedendo dei territori che Putin si fermerà. L’Ucraina per i russi non è solo una questione territoriale, è molto di più: è esistenziale. Putin punta a distruggere la nostra nazione, la nostra storia, vuole prendersi il futuro del Paese: per questo ha fatto deportare in massa bambini ucraini nei territori occupati e in Russia». Ci parla con tono accorato su Zoom Dariia Zarivna, consigliera nell’ufficio di Zelensky e direttrice esecutiva di «Bring Kids Back UA», il piano d’azione che unisce gli sforzi di Kiev, governi stranieri e organizzazioni internazionali per riportare a casa i minori ucraini deportati dai russi. Si scusa del ritardo: «Ero dal presidente, lì si è completamente isolati dal mondo, senza telefono, non ci sono neanche le finestre come al casinò», dice accennando un sorriso questa 35enne, figura di spicco della politica e dell’attivismo ucraino.
La sua voce diventa poi subito grave, a tratti come rotta dall’emozione. «Quando penso a questa tragedia, alle sue dimensioni – almeno 20 mila bambini rapiti e solo mille tornati -, a quanto è grande la sfida, una cosa sola mi viene da dire: non lasciateci soli. Siamo grati ai Paesi che ci stanno aiutando, l’International coalition for the returning of Ukranian children lanciata un anno fa, ne fanno parte 41 Paesi anche l’Italia, i nostri partner si stanno adoperando, ma a volte provo un senso di disperazione per quanto resta ancora da fare, e fatico a credere che non esista un meccanismo nel mondo sviluppato per rimediare a questa situazione».
L’intervento della Corte penale internazionale non è servito?
 «No, il mandato di cattura emesso dalla Corte penale internazionale nei confronti di Vladimir Putin e Maria Lvova-Belova è stato un messaggio molto forte, segna l’inizio di un lungo e duro percorso verso la giustizia. I russi ne minimizzano l’effetto, come nel caso delle sanzioni, ma è sola propaganda. I criminali raramente si considerano tali, trovano sempre il modo di giustificare le proprie azioni: in questo caso hanno spacciato le deportazioni per ‘azione umanitaria’. Ma il mandato d’arresto è solo il primo passo. Per garantire il ritorno in sicurezza dei bambini rapiti dall’Ucraina e ritenere la Russia responsabile, gli sforzi internazionali coordinati devono continuare e la pressione deve aumentare. Una delle richieste principali è quella di garantire l’accesso umanitario alle missioni internazionali per visitare i luoghi in cui sono trattenuti i bambini, compresi i territori temporaneamente occupati, il che è fondamentale per identificare questi bambini e garantire il loro ritorno in sicurezza». 
Con Trump alla Casa Bianca, Putin però è uscito dall’isolamento internazionale. Si prepara a trattare per la pace.
«Non potrà esserci pace per l’Ucraina e per gli ucraini finché i bambini deportati dai russi non verranno rilasciati e torneranno a casa. La pace deve riguardare tutti gli ucraini, anche i bambini trasferiti illegalmente e anche trattenuti dai russi».
Parliamo di almeno 19 mila bambini ancora nelle mani dei russi?
 «In realtà questi sono soltanto i casi documentati, i piccoli che mancano all’appello del nostro database, ma ce ne sono molti di più: da alcuni ragazzini liberati abbiamo appreso di altri bambini deportati di cui non avevamo traccia nei nostri registri. Del resto i piccoli sono stati prelevati soprattutto da strutture tipo orfanotrofi, e dopo i loro blitz, i russi ne cambiano i direttori e i registri si ‘perdono’. Ora il ministero della Giustizia sta creando un nuovo registro dei bambini deportati o sfollati forzatamente, che consentirà di seguire meglio il loro destino e facilitarne il ritorno. Una volta completato il trasferimento dei dati e verificati nuovi casi, il dato verrà aggiornato. Al rialzo purtroppo». 
Da inizio anno sono stati riportati a casa oltre 30 bambini. Chi sono?
 «Tra gli ultimi liberati ci sono dei fratellini originari della parte attualmente occupata della regione di Kherson. La loro storia è un esempio scioccante della crudeltà sistematica degli occupanti: sono stati sottratti con la forza alla madre mentre era in ospedale. Quelli nati sotto occupazione non avevano certificati di nascita ucraini. Bambini come loro sono ad alto rischio di deportazione, poiché la Russia li considera suoi cittadini. In molti casi, con il pretesto di cure mediche a Mosca o di viaggi ricreativi, le autorità russe li hanno allontanati dalle loro famiglie».
Com’è che alcuni riescono a tornare, c’è un criterio nelle liberazioni?
 «I rilasci a volte avvengono con interventi di mediatori o di missioni di soccorso: a volte dopo viaggi odissea di nonne o nonni. Molto dipende dall’eroismo di alcune persone, o volontari che li aiutano, a volte sono i ragazzi stessi che riescono a mandare degli sos e qualcuno li raccoglie. Certo abbiamo dei Paesi mediatori, in primis Vaticano e Qatar e ora anche Sudafrica, ma non c’è un criterio, dipende da caso a caso». A dicembre, nel suo intervento al Consiglio di sicurezza dell’Onu, lei ha raccontato la storia della piccola Margarita Propokonko adottata da un senatore della Duma e mostrato i suoi due certificati di nascita, l’originale e il fake russo. Un caso emblematico del destino che attende questi bambini.

«Quando la Russia occupò Kherson, Margarita aveva solo 10 mesi e si trovava in una casa per bambini insieme al fratellino. La piccola è stata rapita dalla struttura nell’agosto 2022: il direttore era stato licenziato e rimpiazzato da un collaborazionista. Hanno detto che Margarita necessitava di cure, prima l’hanno portata all’ospedale di Kherson e poi a Mosca senza informare i parenti. A ottobre di quello stesso anno hanno preso anche il fratello Maxime. Sono stati separati: Maxime è stato mandato in Crimea e non sappiamo più niente di lui. Sappiamo invece che Margarita a dicembre 2022 è stata adottata dalla famiglia del deputato della Duma Sergei Mironov: il suo nome e il suo luogo di nascita sono stati cambiati. È diventata Marina Mironova. Stiamo ancora lottando per il suo ritorno».
La separazione dei fratelli è ricorrente?
«È sistematica. È la prima della tre fasi della deportazione: con la separazione fisica da qualsiasi persona conosciuta, i bambini rubati diventano persone senza passato. Le fasi successive sono l’indottrinamento, infine la militarizzazione. La deportazione di massa di bambini avvenuta nel 2022 si è fermata. Ora, la Russia è concentrata sul consolidamento del regime di occupazione, sulla militarizzazione e sull’indottrinamento dei bambini nei territori temporaneamente occupati. Un recente rapporto di Yale ha rivelato che la Russia ha utilizzato aerei presidenziali per rubare i bambini dai territori ucraini occupati, privandoli della loro identità ucraina e affidandoli a famiglie russe in un programma volto a “russificarli": è Putin in persona il responsabile di questa politica».