Corriere della Sera, 21 febbraio 2025
Nel collegio di Alice Weide
Nessuno da queste parti ha mai visto Alice Weidel. I giornalisti locali hanno ricostruito che è stata in città sei volte nel 2024, e quasi sempre per incontri a porte chiuse. Qui dove la Germania è separata dalla Svizzera da un confine di laghi e montagne, sul Bodensee dove si trova una delle regioni più ricche d’Europa – le terme, l’industria della difesa e aerospaziale, i luoghi d’elezione di Martin Walser e, non lontano, di Martin Heidegger – Alice Weidel ha scelto il suo collegio elettorale. Lei vive con la sua famiglia oltre questi laghi, in Svizzera, anche se guida l’estrema destra, ultranazionalista, tedesca.
Non è l’unica delle sue contraddizioni. A essere più precisi, qui si sono trasferiti anni fa i suoi genitori e in una stanza della loro casa Alice Weidel deve avere – si presume —, il domicilio elettorale e fiscale. Sono la sua «Briefkastenfirma», compagnia ( o buca) per le lettere. Molto di lei resta oscuro, segreto. Volker Mayer-Lay, 43 anni, il deputato Cdu che sfiderà la leader AfD e la dovrebbe battere al maggioritario («Erste Stimme», si dice) nel seggio 293, l’ha incontrata in città una volta sola. Ci dà appuntamento a tarda sera da Allegretto per una pizza e una birra, dopo una giornata di appuntamenti: è il classico politico Cdu che conosce tutti, «almeno la metà dei miei elettori», che si cura dei treni e dei pesci del lago di Costanza. Una sera d’estate, racconta, a una festa di paese due signori seduti a un tavolo l’hanno riconosciuto: «Lei è il deputato», e quando l’ha confermato, la donna ha esclamato: «Come la nostra Alice! Lei però non potrebbe essere qui», non le è permesso di stare in pubblico. Come se solo presentarsi tra la gente fosse pericoloso.
InvisibileIn realtà, Weidel negli anni ha evitato ogni contatto. Quando il caporedattore del Südkurier Andreas Ambrosius l’ha aspettata dopo la nomina AfD per invitarla a un dibattito con altri candidati locali, ci racconta, gli ha girato le spalle: scriva al mio portavoce. Il portavoce l’email l’ha ricevuta, ma non ha mai risposto. Di recente, in una trasmissione Zdf hanno fatto a Weidel qualche domanda sui problemi del collegio (cattivi trasporti, affitti alle stelle quasi come a Monaco, tagli di posti di lavoro, qui c’è di tutto inclusa la Rolls Royce e l’Airbus): e l’hanno trovata impreparata. Ma quando le hanno domandato quante notti avesse dormito in città, si è alzata e ha lasciato lo studio. A Überlingen, la AfD non ha una sede; non ha un indirizzo; a differenza di tutti gli altri candidati, Weidel non è raggiungibile pubblicamente per telefono o per email. Alle ultime elezioni, l’AfD nel seggio 293-Bodensee ha ottenuto l’8,7 per cento, e lei nel maggioritario il 9,2%. E se la lotta di Alternative für Deutschland è «contro il sistema» e per il «popolo», con questo popolo Alice Weidel non si interfaccia. O forse ha un’idea in vitro, diversa, della democrazia rappresentativa.
L’altra spondaLa sua vita privata, ancor più protetta, si svolge oltre il lago sulla sponda svizzera a Willerzell, mille anime sopra Einsiedeln. Per raggiungere la famiglia, nei fine settimana deve prendere il volo da Berlino per Zurigo e proseguire per un’ora in auto. Qui vive con Sarah Brossard, d’origine srilankese e adottata dalla famiglia di un pastore evangelico quando aveva tre mesi, e i loro due figli maschi di 9 e 12 anni. Che sia lesbica, madre di figli adottati dalla compagna d’origine straniera, a cui è legata da un’unione civile – in sostanza che viva ciò che il suo partito vuol vietare agli altri, consentendo solo la famiglia tradizionale —, è un’altra delle sue contraddizioni. Come il fatto che abbia lavorato a Singapore, in Giappone e in Cina e per compagnie come Credit Suisse, Allianz, Goldman Sachs, anche se ora si batte contro le élite globalizzate. Sono questi tagli nella corazza, mentre propone un sistema di leggi dal quale si sente esentata – come se per lei non valessero, e quindi forse non valgono per tutti – che spiegano parte del suo fascino sui più giovani.
Quanto al nazismo, non ne parla mai. Il padre Gerhard che la portava a scuola in Mercedes in spregio ai «prof pigri e in Birkenstock», il suo primo consigliere politico entrato in AfD insieme a lei dalla fondazione nel 2013, le ha insegnato da bambina che i bombardamenti alleati erano un crimine, e la sorte subita dalla Germania un’ingiustizia. Lei lo pensa tuttora.
Lo tsunamiUn mese fa, il suo sostenitore Elon Musk le ha fatto una bizzarra intervista. Ma è nell’ultima settimana che è piombato sulla politica tedesca uno tsunami, con la forza di un’ondata sparti-epoche. Prima il vicepresidente Usa JD Vance ha quasi fatto a Monaco l’endorsment per l’AfD, poi Trump ha definito Zelensky un dittatore, voltando le spalle all’Ucraina per stringere un patto con Putin.
All’improvviso tutto ciò che rendeva l’AfD impresentabile – più ancora della voglia mascherata di revisionare il nazismo – ossia di voler portare la Germania fuori dalla Ue e dalla Nato, e dentro il campo russo, come parte della sua Sonderweg, del destino speciale che la legherebbe a Mosca, hanno trovato una sponda in America. Anzi, dentro la Casa Bianca. Questo è lo choc che la Germania deve assorbire: la fine delle sue certezze, la fine dell’idea su cui è rinata nel dopoguerra sul fianco americano. La Casa Bianca è pronta a cannoneggiare il Brandmauer, il muro tagliafuoco, mentre Alice Weidel ha tempo per aspettare e un’ambizione quasi smisurata.