La Stampa, 20 febbraio 2025
Ucraina, per la ricostruzione servono 500 miliardi. Ma chi pagherà il conto?
Il netto disimpegno Usa agita le cancellerie Ue. Pressing su Bruxelles per utilizzare i 200 miliardi di asset russi congelati
BRUXELLES. Oltre cinquecento miliardi di euro: è la nuova stima dei costi per la ricostruzione post-guerra dell’Ucraina secondo la Banca Mondiale, che martedì presenterà un report con i calcoli aggiornati rispetto al report pubblicato un anno fa. Se nel 2024 il costo previsto era di 465 miliardi di euro, gli ultimi dodici mesi di battaglia hanno fatto lievitare il conto: secondo le anticipazioni fornite dalla vicepresidente della Banca Mondiale, Anna Bjerde, in un’intervista con la testata austriaca Die Press, la stima per quest’anno dovrebbe appunto superare ampiamente la soglia dei 500 miliardi, necessari per ricostruire case, infrastrutture energetiche e di trasporto, servizi e rilanciare l’economia.
Il netto disimpegno americano portato avanti dall’amministrazione Trump fa emergere nuovi interrogativi su chi potrà farsi materialmente carico di questi costi, visto che l’Ue da sola non potrà essere in grado di sostenerli. Il nuovo presidente americano ha cercato di convincere Volodymyr Zelensky a firmare un accordo per la cessione dei diritti finanziari sullo sfruttamento delle terre rare: la bozza dell’accordo pubblicata dalla stampa britannica parla di una quota pari al 50% per un valore di circa 500 miliardi di dollari. Ma l’intesa non è stata accettata da Zelensky, che così è subito finito nel mirino di Trump, il quale ora non sembra intenzionato a finanziare la ricostruzione dell’Ucraina senza avere un chiaro ritorno economico.
Anche per questo in Europa sta crescendo il pressing per utilizzare i 200 miliardi di euro di asset russi congelati nel Vecchio Continente, in modo da far pagare a Mosca il costo della ricostruzione. Ma su questo aspetto permangono forti resistenze di natura giuridica da parte di molti governi Ue e della stessa Banca centrale europea. Per ora, infatti, l’Ue si è limitata a utilizzare gli extraprofitti generati dai beni congelati (1,5 miliardi), ma non ha ancora trovato un’intesa sull’eventuale confisca del capitale.
Sin dall’inizio della guerra, l’UE ha mobilitato 134 miliardi di euro a favore dell’Ucraina tra sostegno militare, umanitario, finanziario. Lo scorso anno ha creato la “Ukraine Facility”, uno strumento da 50 miliardi di euro per i prossimi tre anni, che serve a dare un sostegno alla stabilità macro-finanziaria delle casse dello Stato di Kiev, ad affrontare le esigenze a breve, ma anche a lavorare alla ricostruzione. Per poterlo finanziare, Bruxelles emetterà da qui al 2027 bond europei per 33 miliardi di euro, mentre altri fondi arriveranno direttamente dal bilancio dell’Unione.
Per la ricostruzione, è stato invece introdotto uno strumento ad hoc: lo “Ukraine Investment Framework”, ideato proprio per attivare investimenti pubblici e privati. L’obiettivo è di mobilitare 40 miliardi attraverso una dotazione di 9,3 miliardi tra prestiti, garanzie e sovvenzioni. A novembre è stata lanciata una call per le imprese che intendono partecipare (si chiuderà il 1° marzo) attraverso investimenti in sei aree specifiche: energia (con un focus particolare sulle rinnovabili), materie prime critiche, industria manifatturiera e di trasformazione, materiali da costruzione, trasformazione digitale, trasporti e logistica.
Il 10-11 luglio si terrà a Roma la quarta conferenza sulla ricostruzione dell’Ucraina: le precedenti si sono tenute nel 2022 a Lugano, nel 2023 a Londra e nel giugno del 2024 a Berlino