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 2025  febbraio 20 Giovedì calendario

Il Piper fa 60

La sera andavano tutti al Piper: musicisti, attori, pittori, scrittori, giornalisti, bohémien, sfaccendati. E giovani, molti giovani, che avevano eletto il locale romano, creato dall’avvocato Alberigo Crocetta con i soci Giancarlo Bornigia e Alessandro Diotallevi, tempio di una nuova era. Crocetta, di ritorno dagli Usa, voleva un luogo per la musica dal vivo e individuò questo spazio destinato in origine per realizzare un cinema. Il Piper fu inaugurato il 17 febbraio 1965 in via Tagliamento. Nella serata d’esordio, suonarono i The Rokes e l’Equipe 84. Il dj era Beppe Farnetti. La musica era altissima. Fu subito boom.
“Tutto quello che era eccentrico passava per il Piper – racconta Renzo Arbore – I capelloni, un nuovo linguaggio e la nuova musica. Io e Gianni Boncompagni ci eravamo appropriati della parola ‘beat’, ricavandola dalla ‘beat generation’. Non ci piaceva ‘musica yéyé’ e a Bandiera Gialla ribattezzammo le nuove tendenze ‘beat music’. Al Piper arrivavano gruppi inglesi in cerca di fortuna: la carriera di solista di Mal cominciò sul palco di via Tagliamento. Crocetta è stato un uomo geniale. Il Piper fu il suo capolavoro. Noi lo chiamavamo il tempio. Una sera ci fu la serata dei Figli dei Fiori: Luchino Visconti e Vittorio Gassman si presentarono vestiti con i fiori”.
Patty Pravo è stata la ragazza del Piper. Nel suo libro La cambio io la vita che…, descrive la sua prima serata: “Con una camicia annodata davanti che avevo rubato a nonna e con un paio di pantaloni che, quando sedevi, si vedeva tutto, entrai al Piper. Non appena ci misi piede, capii che aveva qualcosa in più… Tutto trasudava qualcosa: innovazione e internazionalità. Mi lanciai in mezzo alla pista…”. E fu in quella pista che Nicoletta Strambelli fu notata da Arbore e Boncompagni. Con loro, c’era Luigi Tenco. “Chiedemmo a Tenco di invitarla al tavolo – ricorda Arbore – perché volevamo conoscerla. Le domandammo se sapesse cantare, oltre a ballare benissimo. Rispose che cantava ancora meglio e fu fissato un appuntamento con Crocetta. La carriera di Patty decollò al Piper: Ragazzo triste e La Bambola nacquero in quel contesto”.
Roberto D’Agostino aveva 17 anni quando fu inaugurato il locale: “Frequentarlo fu un atto di ribellione contro il bianco e nero dell’epoca. Il Piper fu un’idea commerciale che riuscì a intercettare la cultura delle cantine che si stava diffondendo a Roma. Il Piper era un tempio laico dove c’era un fortissimo desiderio di stare insieme, di sentire calore umano, di rompere gli schemi. Il Piper è stato un magnifico contenitore, rappresentato dal fondale composto da dipinti e oggetti assemblati come opera d’arte. Io, Paolo Zaccagnini e Renato Zero siamo cresciuti al Piper. Renatino usciva da casa vestito in modo normale, poi si cambiava ed entrava al Piper. C’era un pomeridiano e un serale. Il biglietto costava cinquecento lire. Sabato e domenica, mille. Un politico democristiano, Giuseppe Codacci Pisanelli, ordinò al questore di chiudere il pomeridiano. Il Piper era considerato trasgressione”.
“Per andare all’inaugurazione presi di nascosto l’auto a mio padre – il ricordo di Enrico Vanzina – Avevo sedici anni e tornando a casa tamponai una macchina. Il Piper rappresentò per noi ragazzi il culto della libertà. Un luogo iconico, dove diventava vero quello che sognavamo”. Alberto Marozzi, musicista, attore e produttore, definisce il Piper “il rifugio dei ragazzi che volevano sottrarsi al perbenismo. Incontravi tutti: Brigitte Bardot, Marlon Brando, band internazionali. Una sera notai una bellissima ragazza americana. Per attaccare discorso, implorai Bornigia di farle la tessera del locale. Serviva però la foto. Salimmo sulla mia Cinquecento e girammo per Roma. Quando arrivammo in hotel, non mi fecero salire, ma la mattina dopo, la raggiunsi in camera. Vidi una foto appoggiata sullo specchio: Jim Morrison. Lei era Pamela Courson, la sua compagna. Una volta ballai con Sandie Shaw. Storie così potevano capitare solo al Piper”.
“Il Piper era l’ombelico del mondo – il pensiero di Mita Medici -. Chi sbarcava a Roma, veniva in via Tagliamento prima di visitare il Colosseo. Si respirava aria di cambiamento. La musica altissima era un segnale di trasgressione. Beppe Farnetti era ‘l’uomo dei dischi’. E poi scoprivi nuovi gruppi. Una sera apparvero i Pink Floyd”.
Aprile 1968. I Pink Floyd erano in tournée e dovevano esibirsi al Palazzo dello Sport di Roma. Il Piper fu un fuori programma. Prima di salire sul palco, si “stranirono” a vedere il gioco di luci del locale. “Non potete usarle, le abbiamo inventate noi”, disse uno della band. Alla fine, ci fu il chiarimento. I Pink Floyd suonarono. Il ragazzo che aveva rivendicato il copyright era Roger Waters.