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 2025  febbraio 20 Giovedì calendario

Putin sta attirando Washington in una trappola?

Nonostante la Russia non sia più l’Unione Sovietica e la Guerra Fredda sia finita da più di trent’anni, il processo avviato al tavolo di Riad tra gli Stati Uniti di Trump e Mosca rappresenta una «Pax Putiniana» che vedrà proprio il presidente russo come vincitore. Secondo fonti dell’intelligence statunitense, Putin non avrebbe alcuna intenzione di porre fine alla guerra in Ucraina; al contrario, il suo obiettivo sembrerebbe essere la conquista dell’intero Paese. Inoltre, il vero scopo del leader russo sarebbe quello di mettere le mani sui Paesi baltici e, contemporaneamente, ampliare la sua influenza in Europa. E soprattutto quello di spartirsi il controllo delle risorse e delle aree del mondo con Washington. Per questo l’America di Trump ora sta trasformandosi in un’alleata della Russia di Putin. Sul tavolo ci sono non solo le mire espansionistiche di Trump in Groenlandia, ricchissima di risorse minerarie, sul canale di Panama e in Canada, che vorrebbe diventasse il 51esimo Stato, ma anche il controllo dell’Europa, terreno sul quale gli Stati Uniti non interverranno, lasciando a Putin cercare di riavere le repubbliche dell’Est Europa, escludendo le risorse minerarie dell’Ucraina, sulle quali Trump ha espresso molto interesse e ha chiesto al presidente ucraino Volodymyr Zelensky di ripagare gli aiuti militari di questo anni proprio con le terre rare. In Medio Oriente invece Trump ha la possibilità di prendere un controllo completo, visto che la Russia non ha intenzione di continuare a intervenire – lo si è visto con la caduta di Bashar al-Assad – e l’Iran è sempre più indebolito dalle guerre di prossimità. In che modo Putin sta attirando Washington nella trappola? Da un lato, alimentando il desiderio di Trump di lasciare l’Europa senza protezione e rimpiazzando l’influenza americana degli ultimi settant’anni con quella di Mosca. Questo scenario aprirebbe enormi opportunità economiche e commerciali per la Russia, ma metterebbe a rischio sia l’indipendenza dei singoli Stati che l’idea stessa di Unione Europea. Dall’altro, Putin punta a rafforzare il suo legame con Trump sfruttando la stessa retorica del presidente americano. Nel corso delle discussioni tra il segretario di Stato Marco Rubio e il ministro degli Esteri russo Sergey Lavrov, quest’ultimo avrebbe lasciato intendere che riaprire le porte del mercato internazionale alla Russia rappresenterebbe un’opportunità vantaggiosa soprattutto per gli Stati Uniti. All’incontro di martedì, infatti, Putin ha inviato un gruppo di imprenditori con lauree nelle università della Ivy League americana ed esperienza nella consulenza, i quali avrebbero presentato un dato significativo a Trump e ai suoi collaboratori: il mercato russo potrebbe generare per gli Stati Uniti oltre 300 miliardi di dollari in contratti, investimenti immobiliari ed esportazioni. In particolare, gli scambi tra i due Paesi si concentravano nel settore energetico e nei marchi americani, che in Russia avevano un’importante fonte di guadagno. Tuttavia, questo mercato è stato congelato dall’inizio dell’invasione russa dell’Ucraina nel 2014, con conseguenti perdite non solo per l’Occidente, ma soprattutto per la Russia. Un’analisi dell’Atlantic Council mostra che gli effetti delle sanzioni e della guerra sull’economia russa stanno emergendo con maggiore evidenza solo ora: il rublo sta perdendo valore, il prezzo del petrolio esportato è in forte calo e l’inflazione ha raggiunto quasi il 10%. Nel 2025, secondo l’Atlantic Council, la Russia potrebbe affrontare una recessione. Un editoriale del quotidiano britannico The Independent, di orientamento progressista, fotografa chiaramente la situazione: «L’economia russa è sull’orlo del collasso e Putin lo sa». Per questo motivo, il sostegno offerto da Trump rappresenta un’occasione imperdibile per il Cremlino. Nel frattempo, l’analisi dei discorsi del vicepresidente J.D. Vance alla Conferenza sulla Sicurezza di Monaco evidenzia come l’amministrazione Trump stia adottando molti dei temi propagandistici sostenuti da Putin e diffusi nel mondo attraverso mirate campagne di disinformazione. Come sottolineato da un’analisi del Washington Post, Vance ha riproposto l’intera retorica putiniana: dal sentimento anti-immigrazione agli attacchi al diritto all’aborto, fino alle critiche contro il progressismo, arrivando a paragonare la cancel culture alla censura della libertà di espressione. Sullo sfondo resta la Cina, che per ora non interviene direttamente nelle trattative, ma che vede questa spaccatura all’interno dell’Occidente come un significativo successo strategico per la sua politica estera.