Corriere della Sera, 20 febbraio 2025
Vittorio Feltri favorevole al suicidio assistito
In Regione Lombardia c’è chi chiede le dimissioni dell’assessore al Welfare Guido Bertolaso perché, rispettando una sentenza della Consulta, ha «consentito» che una paziente affetta da sclerosi multipla ricorresse al suicidio assistito. Cosa ne pensa?
«Roba da matti – risponde Vittorio Feltri, direttore editoriale del Giornale e consigliere regionale di Fratelli d’Italia —. Io sono appiattito sulle posizioni di Bertolaso. Ha fatto quello che era giusto fare».
Lei è favorevole al suicidio assistito: perché?
«Semplice: non riesco a capire perché si possa togliere la vita ad un bambino concepito (c’è stato tanto di referendum per ottenere questo diritto) attraverso l’aborto e non si voglia consentire a un vecchio rimbambito, tenuto in vita con le flebo infilate in tutto il corpo, di poter decidere di andarsene quando si rende conto che la sua non è più vita. Ma sono impazziti?».
Come si spiega la posizione ostile?
«È l’effetto di una grande ignoranza morale».
O la paura di perdere il voto cattolico?
«Ma non mi pare più così decisivo. E poi ricordo che ai tempi del referendum sul divorzio non mi pare che il parere della Chiesa sia stato rispettato da tutti».
Il centrodestra sui temi etici come questo tende a rimanere sulle sue posizioni storiche. Nella Lega, con la recente apertura di Salvini, si sta muovendo qualcosa. Merito di Luca Zaia e Attilio Fontana?
«La Lega spesso ha assunto posizioni retrive. Però, poi, ha saputo adeguarsi alla realtà. Credo che Salvini abbia fatto un ragionamento molto semplice guardando ciò che succede nella vita reale di tutti i giorni. Mi auguro che non rimanga solo un’uscita estemporanea».
In Fratelli d’Italia, invece, non ci si sposta di un centimetro e, anzi, si accusa Bertolaso di aver scavalcato il Consiglio regionale.
«Io sono stato eletto con FdI però non sono per nulla d’accordo con la loro posizione. Ho le mie idee, non le cambio con nessuno e le difendo pubblicamente. Soprattutto su una questione di civiltà come questa».
Lei è amico anche di alcuni sacerdoti. Le è capitato di affrontare il tema del fine vita anche con loro?
«Certo, mi è successo più volte. Ma per loro è una questione di fede, non c’è razionalità. Quando, e gli capita più di quanto pensiamo, usano la ragione anche i preti non possono non comprendere che ognuno ha il diritto di decidere che rimanere a vegetare in un letto per mesi o per anni non ha alcun senso».
Anche perché certe situazioni si vivono nel silenzio nelle case e negli ospedali.
«Non ne dubito. Nei luoghi della sofferenza, si tratta del letto di casa propria o in una stanza d’ospedale, c’è umanità e pietà nel senso più nobile nei confronti di chi sta vedendo la sua vita svanire. La priorità deve essere data al bene del paziente, irrigidirsi dietro regole astratte è una forma di violenza».
Le Regioni procedono in ordine sparso, ma manca una legge quadro.
«Ma la facciano. Io non capisco. Vorrei usare termini forti, ma mi limito a dire che chi non è capace di garantire ai cittadini il diritto di porre fine alle loro sofferenze si dimostra uno stolto. In molti Paesi il suicidio assistito è legge, cosa aspettano i nostri parlamentari?».
Non ci sono scusanti? La materia è delicata dal punto di vista etico.
«Vero, però attenzione: costringere a vegetare è un atto di crudeltà».
Lei come si regolerà?
«Ne ho già parlato con mia moglie e i miei figli. Siamo d’accordo su un principio: bisogna avere rispetto della libertà degli altri. Il giorno che dovessi capire che sono arrivato al capolinea chiederò di esercitare il mio diritto».