Corriere della Sera, 20 febbraio 2025
Petro Poroshenko dice che con Trump bisogna dialogare
«Pur in circostanze avverse, Zelensky potrebbe fare meglio e invece sbaglia: dovrebbe tenere aperto e privilegiato il rapporto con Trump. Gli Usa restano la nostra unica garanzia contro Putin», sostiene Petro Poroshenko. L’ex presidente ucraino, sconfitto alle elezioni del 2019 e oggi accusato di irregolarità finanziarie e messo sotto embargo, con il Corriere accusa il rivale Zelensky di «avere già aperto la campagna elettorale».
Trump trasforma gli aggrediti in aggressori, sposa la propaganda russa, tratta con Putin alle spalle dell’Ucraina: cosa può fare Zelensky?
«Conosco bene Trump, ho lavorato con lui per oltre tre anni durante il suo primo mandato: sono certo che è possibile intenderci. Zelensky e diversi leader europei lo considerano un problema, io invece lo ritengo un’opportunità. Ma Zelensky non è riuscito a costruire un canale di dialogo diretto con lui».
Gli europei?
«Lo stesso deve fare l’Europa, perché ad oggi gli Stati Uniti restano la pedina vitale della nostra difesa e della Nato. Meloni ha compreso bene questa necessità e ha costruito un rapporto diretto con Trump: al summit di Parigi era con i partner europei, eppure mantiene la relazione speciale con Washington, una posizione unica. Infatti, occorre abbandonare la formula vuota del “nulla senza l’Ucraina o senza l’Europa”, evitare le frizioni con Trump. E però resta vivo il mio monito: non fidatevi di Putin e non temete. Capisce solo il linguaggio della forza».
Ma Trump gli concede tutto ancora prima di negoziare. No Ucraina nella Nato, sì alla cessione delle regioni occupate dalla Russia. Non è una resa?
«Sono voci. Solo tattiche per tenere Putin nel negoziato. Io non sono contento che l’Ucraina non sia coinvolta dall’inizio del negoziato. Ma è colpa di Zelensky».
Bene non firmare l’accordo sulle terre rare?
«Bastava che Zelensky prendesse i documenti e rispondesse che avrebbe deciso il Parlamento, perché non aveva l’autorità per accettare, evitando così lo scontro. Un bravo diplomatico non dice mai no».
Vance a Monaco ha sostenuto i neonazisti tedeschi, che sono anche filo Putin. Non è pericolosissimo?
«Vance non conta, non è stato eletto e neppure Musk. Chi conta è Trump. Resto dell’idea che noi dobbiamo proteggere le nostre democrazie, ucraina ed europea».
Lo sa che l’Europa vi ha dato più aiuti che gli Usa?
«A noi non servono solo i soldi. Necessitiamo del sostegno militare e sappiamo che quello americano resta fondamentale. Voi europei avete i soldi, ma non le industrie militari, non le conoscenze belliche. Occorre far lievitare al 5% il budget per la difesa».
Trump può convincere Putin a finire l’aggressione?
«Solo lui può farlo. Noi non possiamo capitolare, se lo facessimo sarebbe una sconfitta anche per Trump. Che non lo può accettare: non vuole diventare come Nixon col Vietnam, ecco perché gli credo. L’Ucraina deve continuare a ricevere armi altamente tecnologiche, che possano battere la forza bruta della quantità russa: noi possiamo vincere, ne sono convinto. E vanno continuate le sanzioni economiche contro la Russia. Infine, si tenga aperta la porta della Nato per l’Ucraina contro i ricatti di Putin».
Trump potrebbe tornare ad armarvi?
«Sì, se Putin non accettasse le sue condizioni, e allora la Russia perderebbe. Non dimentichiamo che furono soprattutto i missili terra-aria Javelin inviati da Trump nel passato ad aiutare a scacciare i russi da Kiev tre anni fa».
Come legge le sanzioni contro di lei?
«Zelensky sta preparando le elezioni e colpisce con sanzioni illegali e anticostituzionali il suo rivale più importante, come in passato ha fatto con l’ex capo di Stato maggiore Zaluzhny. Una mossa stupida e antidemocratica. Un segno di estrema debolezza».
Dunque in Ucraina si apre la campagna elettorale?
«Non lo voglio certo io, continuo a credere che si debba votare solo dopo la firma del trattato di pace con la Russia per mantenere l’unità del Paese in guerra. Ma è Zelensky che di fatto apre alla competizione politica interna: se ci dividiamo perdiamo. In passato non ci aveva preparato alla guerra e oggi rischia di farcela perdere».
La soluzione?
«Creare un governo di unità nazionale. Dall’ufficio presidenziale dicono che forse saremo in grado di tenere le elezioni quest’anno, nell’ultima settimana di ottobre».