Corriere della Sera, 19 febbraio 2025
L’ex consigliere di Eltsin: «È la fase della nebbia nel conflitto Russia - Ucraina. Trump e Putin? Sono imprevedibili».
di Marco Imarisio
19 febbraio 2025
Professore, cosa dobbiamo aspettarci nelle prossime settimane?
«Una vita molto interessante e animata».
Georgij Satarov è un uomo dallo spirito caustico. È anche un piccolo pezzo della storia russa di questi anni. Oggi presidente della Fondazione Indem, che cerca di promuovere «i valori e gli ideali della democrazia». È stato a lungo assistente di Boris Eltsin, poi consigliere di una serie di partiti democratici russi; nel 2004 ha fondato il primo Comitato anticorruzione del Paese. Nel 2014 è stato la personalità più in vista a firmare un appello contro l’annessione della Crimea, idem nel 2020 quando sottoscrisse una lettera pubblica contro gli emendamenti alla Costituzione che aprivano la strada ad altri due mandati presidenziali di Putin. Un po’ fuori e un po’ dentro, uno dei pochi a poterselo permettere, in virtù delle conoscenze personali. Al telefono dalla sua casa di Mosca, trasuda scetticismo e cattivo carattere.
Domanda: siamo davanti alla fine della nuova cortina di ferro, come sostengono molti media russi? Risposta, brusca: «Ma davvero lei mi chiama per commentare quello che dicono i media russi? Ma non ha di meglio da fare?».
La telefonata Trump-Putin e gli incontri di Riad non segnano l’uscita di Mosca da una condizione di isolamento?
«Non necessariamente. Trump fa mosse inaspettate, e ha una lunga esperienza di vita nel campo della comunicazione. Ora può vantarsi di aver rotto il ghiaccio con Putin. Ma tutto quello che il presidente americano aveva detto prima sul conto della Russia, e le sanzioni che aveva firmato negli anni della sua prima volta alla Casa Bianca, erano frottole? Le cose non sono così semplici come vengono presentate».
Come definirebbe questo momento allora?
«Con i contatti personali e gli emissari a Riad, siamo nella fase della perlustrazione del terreno. I russi non trattano a colpi di tweet notturni. Assistono, si fanno un’idea, riferiscono al Capo, che si prende il suo tempo e poi fa sapere. Trump e Putin stanno saggiando la reciproca consistenza. Secondo me, siamo nella fase della nebbia. Quello che sta accadendo ora non ha alcun effetto su quello che succederà dopo, con l’Ucraina o con Putin».
Non le sembra innegabile un disgelo tra Usa e Russia?
«Non capisco in cosa consista. Nel fatto che Trump ha fatto girare la testa a Putin con parole furbe sulla comune vittoria nella Seconda guerra mondiale? Nonostante le apparenze da cavallo matto, a mio avviso si sta dimostrando un abile negoziatore: affronta una situazione pesante, e di fronte c’è una controparte poco affidabile che lui sta cercando di stanare, incitandola a fare qualcosa. Ma con cautela. L’idea di finire tutto in ventiquattro ore l’ha già messa via: siamo fuori tempo massimo per la richiesta di assegnazione del premio Nobel per la pace…».
Quali sono i tratti comuni e le affinità tra Putin e Trump?
«Sono imprevedibili in maniera diversa. Credo che Trump sia mosso dall’invidia, perché si ricorda i tempi in cui tutti ammiravano e temevano Putin. Lo stesso gli è successo in parte con Obama. Anche Trump vorrebbe l’affetto di tutti. Entrambi ambiscono a una posizione nella Storia, entrambi in un certo senso si sopravvalutano. Si metta nei panni di Trump: presidente degli Stati Uniti, per la seconda volta. Una persona ordinaria non potrebbe riuscire in una simile impresa. E questo ti eleva, ti fa crescere ai tuoi occhi e quelli degli altri, dandoti una dimensione messianica. Lo stesso vale per Putin: leader di una potenza, per così tanto tempo, padrone riconosciuto di un Paese. Questo sentimento di grandezza e di alta considerazione di sé stessi potrebbe accomunarli».
Lei è uno dei pochi che nel 2014 e poi nel 2022 si pronunciò contro le azioni belliche in Ucraina da parte della Russia. Cosa è cambiato da allora?
«Una sempre più grande parte del mio popolo si è trincerata dietro al conformismo sociale. Quando i sondaggi chiedono qualcosa, rispondono non in base alla loro opinione, ma opportunisticamente. Quanto a me, sono senz’altro diventato più saggio, ma continuo a distinguere tra il bene e il male».