Corriere della Sera, 19 febbraio 2025
Perché Taranto è la sconfitta di tutta l’industria italiana.
Di Ferruccio de Bortoli
19 febbraio 2025
Sono rimasti due gruppi stranieri a contendersi la grande acciaieria. Gli industriali italiani del settore non sono stati in grado di avanzare un’offerta complessiva, ma solo di candidarsi a rilevare qualche pezzo di quello che un tempo fu il più grande gruppo siderurgico pubblico
Sono rimasti due gruppi stranieri a contendersi la grande acciaieria ex Ilva, ex Riva, ex ArcelorMittal di Taranto: gli indiani di Jindal e gli azeri di Baku Steel. Dopo l’ultimo rilancio, questi ultimi sono i favoriti. Gli industriali italiani del settore non sono stati in grado di avanzare un’offerta complessiva, ma solo di candidarsi a rilevare qualche pezzo di quello che un tempo fu il più grande gruppo siderurgico pubblico.
Eppure stiamo parlando dell’acciaio di base, ancora indispensabile a molte delle filiere del made in Italy, dai componenti dell’auto alle scatolette dei pelati. Enrico Deaglio, nel suo magnifico libro C’era una volta in Italia, gli anni Sessanta, edito da Feltrinelli, ricorda che sessant’anni fa veniva inaugurata la grande acciaieria dell’Ilva, divenuta Italsider e di proprietà dell’Iri, cioè dello Stato. Era l’aprile del 1965 ed era stato appena tagliato il nastro del traforo del Monte Bianco. Due simboli dell’Italia proiettata nel futuro. Entusiasti i commenti di quel tempo, da Dino Buzzati a Pier Paolo Pasolini. Una Puglia povera scommetteva sull’industrializzazione. L’allora sindaco di Taranto, il democristiano Angelo Manfredi, disse che pur di avere quei posti di lavoro avrebbe accettato di costruire l’acciaieria nel centro della città. I problemi ambientali emersero subito.
Drammatici. E denunciati per tempo. Antonio Cederna, nel 1971, scriveva sul Corriere: «Una città disastrata, una Manhattan del sottosviluppo e dell’abuso edilizio, tale appare Taranto allo sbalordito visitatore». Sono passati decenni. Ora i commissari si apprestano a vendere la grande acciaieria, ancora indispensabile all’Italia se vuole restare una potenza industriale. Gli azeri, se acquisteranno, avranno dato tutte le garanzie richieste, vogliamo sperarlo. Un curioso e amaro contrappasso per tutti quelli che non volevano, e non solo in Puglia, il gasdotto Tap, che porta in Italia il gas proprio dall’Azerbaigian. E agli azeri si chiede oggi di fare quello che in tanti anni non siamo stati capaci di fare noi, italiani, nel pubblico e nel privato. Auguri.