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 2025  febbraio 19 Mercoledì calendario

Chi sogna a occhi aperti sogna di più di notte

Il sogno è per tutti. Ma qualcuno è dotato di un talento particolare. Nella media dei 5 sogni a settimana di cui ricordiamo almeno uno scampolo, c’è chi ha poco o nulla da riferire e chi intreccia trame ricche di colpi di scena. Un gruppo di ricercatori di Imt Alti Studi Lucca si è chiesto il perché, tracciando l’anatomia del sognatore ideale attraverso i racconti di oltre 200 volontari.Per 15 mattine, con un registratore sul comodino, ciascuno di loro ha riferito l’ultima esperienza che lo ha accompagnato nel sonno. Lo studio, in collaborazione con l’università di Camerino, è pubblicato dalla rivistaCommunications Psychology.«La curiosità è nata durante il Covid» spiega Giulio Bernardi, uno degli autori, che insegna Psicologia Generale alla Scuola Imt di Lucca. «Molte persone in isolamento riferivano di sognare di più. Ci siamo chiesti perché». La risposta in questo caso va cercata nel sonno più che nel sognatore. «Dormivamo più a lungo, e il sonno ricco di sogni è quello vicino al risveglio» spiega Valentina Elce, giovane ricercatrice dell’Imt e prima autrice dello studio. Provavamo inoltre paura e angoscia, che come tutte le emozioni imprimono le immagini nella memoria.Fra i racconti del mattino, affiancati dai test sulla personalità dei volontari, è emerso un profilo che rende alcuni sognatori più prolifici. «Sono le persone abituate a sognare anche di giorno» spiega Bernardi. I volontari (che avevano tra 18 e 70 anni) più propensi a fantasticare, pensare ad altro o vagare con la testa fra le nuvole hanno riferito più sogni degli altri. «Non ci stupisce» spiega il neuroscienziato. «Vagare con lamente di giorno e sognare di notte sono attività che coinvolgono probabilmente gli stessi circuiti cerebrali. Esiste un continuum legato alla capacità del cervello di creare spontaneamente esperienze interne».Un’abitudine a prestare attenzione a se stesse e un’attitudine più positiva verso i messaggi trasmessi dai sogni è forse alla base della leggera prevalenza dei sogni riferiti dalle donne. «Non esiste una differenza biologica fra i sessi nel sognare. A differenza di altri studi nel passato, abbiamo visto che uomini e donne hanno un’attività onirica simile. Le donne, però, prestano più attenzione ai loro sogni». Anche giovani e anziani sognano in ugual modo. Qualcosa però cambia al mattino, quando la memoria soccorre meno chi è avanti negli anni. Spesso i volontari meno giovani riferivano di aver fatto sogni, di percepirne ancora la presenza, ma di non riuscire ad afferrarne il contenuto. Sono i cosiddetti “sogni bianchi”, persi per sempre.Anche le mezze stagioni hanno una propensione per i sogni, che restano più spesso nella memoria in primavera e in autunno. Le cause hanno forse a che fare con il modo in cui dormiamo. «Esistono fasi del sonno in cui i sogni sono più frequenti» spiega infatti Bernardi. L’attività onirica si concentra nel sonno Rem, in cui gli occhi compiono movimenti rapidi e le onde cerebrali zampillano vivaci. «Nel 90-95% dei casi chi viene svegliato dal sonno Rem riferisce che stava sognando. Nel sonno non Rem si varia tra 30% e 70%».Le fasi non Rem, caratterizzate da onde lente, sono meno adatte a creare esperienze vivide. Sono però quelle di cui ha più bisogno un cervello stanco. «Nella prima parte della notte si generano soprattutto onde lente. Poi, man mano che l’effetto del riposo si fa sentire, le fasi Rem a onde veloci diventano più frequenti». Per un’attività impegnativa come il sognare, il cervello ha bisogno di essere riposato a sufficienza. Il sonno lungo e leggero delle ultime ore della notte è quindi il più adatto. Sognare non è una frivolezza per il cervello. «Durante il sonno rielaboriamo le memorie della giornata, per consolidarle e integrarle con le memorie già presenti. Il sogno è forse un riflesso di questa attività. Mentre il cervello smista e incastra pezzi di memoria, potrebbe riviverli tramite il sogno» ipotizza Bernardi. «Oppure potrebbe approfittare del riposo della corteccia prefrontale, deputata alla supervisione del comportamento e dell’attività mentale, per diventare un simulatore in stile Matrix, inventando idee nuove e soluzioni alternative».