la Repubblica, 19 febbraio 2025
I villaggi neonazisti in Germania
C’è una grande pianura, a est dell’Elba, dove si annida la peste. Tra Amburgo e Hannover, le sconfinate lande intorno a Lüneburg sono diventate l’epicentro di un fenomeno inquietante, che sta crescendo a macchia di leopardo e lontano dell’attenzione pubblica. Sono insediamenti di famiglie che vivono secondo il credo “völkisch”, l’ideologia ottocentesca da cui scaturì il nazismo, e che si stanno allargando. Stirpi brune che puntano a colonizzare la Germania cacciando tutti gli elementi che ritengono impuri: stranieri, ebrei, diversi.Nella Piana della Bassa Sassonia, i “völkischen” trovano terreno fertile perché fu una delle aree dove il nazismo attecchì per primo. E in quella parte dell’estremo nord tedesco, le camicie brune resistettero fino all’ultimo all’avanzata degli Alleati, nella primavera del 1945. Poi, caduto Hitler, in questi villaggi sperduti arrivò un uomo che i contadini, i loro figli e le loro mogli cominciarono a chiamare affettuosamente «zio Adolf». Viveva in una fattoria a nord di Celle, sotto falso nome, allevando galline e lavorando come tagliaboschi. Tutti sapevano chi fosse e nessuno lo denunciò. Nel 1950 fuggì in Sudamerica e sparì per decenni. Era Adolf Eichmann.In queste zone spopolate, tra fattorie antiche e case dai tetti bassi e i mattoni rossi, alcune famiglie sono naziste da generazioni. E in questi ultimi decenni, hanno attirato una miriade di persone che la pensano come loro. Tra gli storici nuclei bruni dei dintorni di Uelzen, c’è ad esempio la stirpe dei Mayer-Sande. Il capostipite, Hans-Herbert, fu il primo a issare la svastica sul campanile del villaggio, nel 1930. Più tardi, si arruolò nelle Sa e dopo la guerra rimase fedele all’ideologia hitleriana. Nel 1987, quando morì in carcere Rudolf Hess, uno dei più grandi criminali nazisti, Mayer-Sande comprò un’intera pagina di un giornale locale per celebrare un «eroe». Scrisse che «forse siamo gli ultimi di ieri, ma saremo anche i primi di domani». E non lo scrisse a caso. I suoi due figli, Götz-Dietrich e Hellmut, sono stati membri di organizzazioni neonaziste come il “Bund heimattreuer Jugend” e vicini al terrorista bruno Manfred Roeder. Tra le nipoti, spiccano Irmhild e Hildburg; la prima è fotografata spesso alle manifestazioni di estrema destra, le stesse sporadicamente frequentate da uno dei leader dell’Afd, Björn Höcke. La seconda è sposata con il deputato locale dell’Afd, Peer Lilienthal. I loro figli lavorano nelle fattorie di famiglia.Ma dimenticate i neonazisti con le mazze da baseball, gli hooligan dalle teste rapate. Le famiglie “völkisch” si vestono come i contadini e gli artigiani dell’Ottocento, hanno nomi che ricordano le saghe nibelunghe e le leggende di Edda, fanno una miriade di figli e cercano rifugio lontano dalle città, ritenute «la tomba della razza». E sognano, un giorno, di riprendersi quella che ritengono la loro terra. Il loro credo è «sangue e zolla», come un secolo fa.«Attenzione: non sono rozzi. Anzi, si considerano un’élite: suonano tutti almeno uno strumento musicale, sono i primi della classe, studiano all’università per essere i migliori. E pensano non in termini di mesi o anni, ma di generazioni. Si preparano al giorno X in cui riconquisteranno la “loro” Germania». Isa von Bismarck-Osten è discendente del fratello del grande cancelliere dell’Unità tedesca, Otto von Bismarck. E puntualizza che «è molto difficile descrivere con precisione il fenomeno dei “völkischen”» perché è molto esteso e variegato. E fa parte di un’enorme rete di estrema destra che è molto interconnessa e che va dagli Identitari, ai neonazisti classici, a movimenti esoterici come Anastasia, all’Afd». La incontriamo nel cuore nero della Piana di Lüneburg, nella casa di campagna di Martin Raabe, l’ex pastore protestante che ha fondato un movimento che si sta ribellando da anni alla conquista delle campagne da parte dei colonizzatori bruni, “Beherzt”. Isa von Bismarck- Osten si è trasferita a Uelzen nel 2017. «Venivo da Colonia. E dopo un po’ ho iniziato a chiedermi: ma come mai ci sono dei ragazzini che girano con la svastica sul collo, bambini che disegnano le rune all’asilo?». E ha scoperto i “völkischen”.Martin Raabe e sua moglie Ernestine conducono una vita sulla lama del rasoio. Girano per i villaggi per spiegare il fenomeno della colonizzazione bruna, parlano con le scuole, con i vicini di casa dei “völkischen” per aiutarli a resistere. Hanno creato una “croce dis-uncinata”, rosa e gialla, che invitano ad appendere sulle staccionate, alle porte dei fienili, accanto alla porta di casa. Funziona. Tanto che la coppia ha cominciato a ricevere telefonate minatorie di notte, e le croci vengono staccate, spezzate, «e qualcuno ha aggiunto gli uncini per ritrasformarle in svastiche», sorride Martin.Ma uno degli aspetti più inquietanti dei “völkischen” è la loro strategia di reclutamento, ci spiega sua moglie Ernestine. «Non sono aggressivi, a meno che non si cerchi di combatterli. Perché allora diventano pericolosi. Ma quando arrivano nei villaggi, cercano subito di rendersi utili. Sono quelli che ti vengono a riparare il fienile, che arruolano i loro educatissimi bambini per mettere a posto dopo le feste di paese, che si offrono di restaurare gli edifici abbandonati per restituirli alla comunità». E si arruolano nelle associazioni locali, nei circoli di caccia, nei pompieri, infestandoli delle loro idee malate. «È molto difficile combatterli, se tanta gente dei villaggi ci dice “ma sono così gentili e disponibili”», ci racconta Martin. Un esempio classico è Thomas Kuke, esponente di spicco dei “völkischen”, avvistato alle manifestazioni naziste a Dresda, peraltro accanto all’esponente dell’Afd Maik Hieke, e nel 2016 al “Maitanz”, una festa tradizionale vicino a Uelzen che pullulava di esponenti del partito neonazista Npd. Ma nella vita di tutti i giorni fa il fisioterapista della squadra di pallavolo di Lüneburg, in serie A. E i Kuke sono tutti attivi nella squadra dei pompieri e nelle associazioni locali.Ernestine e Martin Raabe, però, non demordono. Sono intervenuti quando un uomo si è rifiutato di mandare suo figlio in una classe perché c’era un bambino straniero o perché un membro di una nota stirpe “völkisch”, i Fachmann, insegnava nella scuola di loro nipote. Ora non può più insegnare storia. Ma a volte nessuno riesce a rompere il muro dell’orrore. Dieci anni fa una famiglia di qui, cultrice della “Nuova medicina germanica”, si rifiutò di dare l’insulina alla figlia diabetica. Per tanti “völkischen”, la medicina allopatica è una “diavoleria degli ebrei”. A Natale del 2015, la piccola Sighild morì tra atroci sofferenze tra le braccia della madre. Aveva quattro anni.