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 2025  febbraio 19 Mercoledì calendario

Intervista a Eleonora Giorgi

Come si sente oggi? 
«Debole, ma la mia origine austroungarica mi fa essere soldato di me stessa: dopo l’ultima crisi di tre settimane fa il mio oncologo ha deciso di ricoverarmi. Mi sono ritrovata da sola in casa, di notte, a urlare, in preda ai dolori. Qui ho recuperato le forze».
Eleonora Giorgi è in una clinica romana. «In un luogo eccellente, nelle mani di due oncologi bravissimi, Paolo e Luca Marchetti, padre e figlio. Lottano con me. Ma sono grata anche alla sanità pubblica: mi sono ritrovata in fila a fare la chemio con Angela, la meravigliosa sartina dei set di Marcello Mastroianni». La voce è la stessa, inconfondibile. E anche la verve. Legge tutto quello che esce su di lei, «comprese alcune interviste messe insieme con lo scotch. Hanno scritto che sono a casa e ballo i Rolling Stones».
È arrabbiata per questo?
«No, perché ho il cuore pieno dell’affetto della famiglia e del pubblico. I miei figli, durante le flebo, mi hanno stretto la mano per 14 ore di fila».
Ha scelto di condividere la sua malattia con il pubblico. Si è mai pentita?
«Sono un personaggio da quando ho 20 anni, ho condiviso tutto. Non c’è nulla di male a dire che non riesco a fare più di dieci passi. Sto facendo la terapia del dolore, morfina e cortisone. Ho un’ampolla al collo e l’ossigeno: mi tengono in vita non perché ci sia futuro, ma perché tutto succeda il più tardi possibile. Ogni giorno è un regalo».
Cosa l’aiuta a stare bene?
«L’amore dei miei figli: gli infermieri mi dicono non è scontato. Mi raccontano di quarantenni spaventati davanti ai genitori gravemente malati. Non lasciate solo chi soffre, soprattutto di domenica, il giorno più triste. A San Valentino mia nuora Clizia è venuta con il mio adorato nipotino Gabriele, di tre anni. Gli hanno detto che la nonna è in albergo: abbiamo liberato in aria dei palloni rossi».
Il momento più difficile della giornata?
«La notte, che passo sveglia. Nel silenzio mi sento su un’altalena, sospesa. Non sono spaventata: ho avuto molta più paura di vivere. La vita a volte è crudele. Trovarsi nella consapevolezza della morte ti fa analizzare le cose in modo diverso. Mentre dormo, adesso sogno. Prima non succedeva. E quando mi sveglio ripenso ai miei figli da piccoli, frutto dell’amore con due uomini che hanno scelto di diventare padri con me».
Ricordi dolorosi?
«La scomparsa di Alessandro Momo, il mio primo fidanzato. E le droghe: oggi, quando mi sedano, quelle sostanze in parte le riconosco».
Come passa le giornate?
«In una piccola Guantanamo, come la chiamo scherzando: tre cicli di terapie, dalle 7 del mattino alle 7 di sera. Poi il silenzio. Mi ha fatto compagnia Sanremo e ringrazio Bianca Balti per avermi ricordata. Le auguro di guarire presto, fa male vedere una donna giovane soffrire».
Il rapporto con il corpo. 
«La mia pancia e le mie gambe sono gonfie, ma ogni giorno metto il fard e il cappellino, ho anche una spazzola per i capelli, anche se sono di un centimetro. Cerco di rispettarmi: ricevo complimenti per la mia eleganza in pigiama».
Nel libro Non ci sono buone notizie suo figlio Andrea Rizzoli racconta che all’inizio non voleva curarsi.
«Quando ho capito la gravità ho detto ai miei figli che non volevo accanimenti terapeutici: Paolo mi ha fissato sconvolto. Senza di loro forse avrei rinunciato: dopo la prima chemio ho passato una notte abbracciata al water».
Avete vissuto momenti drammatici. Ma anche inaspettatamente felici.
«Durante i nostri viaggi a Milano, per curarmi, abbiamo svaligiato l’esselunga temendo il cibo degli ospedali. E il mio “nipotone” Gianluca ha smontato la finestra di un hotel per liberarmi dall’aria condizionata. E poi c’è stato il matrimonio di Paolo e Clizia, con la musica di Patty Pravo. Da giovanissima ho finto di essere lei e ho cantato, ai passeggeri di un treno, Tripoli ‘69».
Si è chiesta perché a me ?
«No, perché non mi sono mai chiesta neppure il perché delle cose belle: il David di Donatello, l’amore di Angelo, quello di Massimo».
Ciavarro le ha detto: «Tu per me eri immortale».
«È tornato da Lampedusa, dove vive, per portarmi cose cucinate da lui: gli gnocchi alla romana, le polpettine con il purè, il merluzzo al vapore. È rimasto per dieci giorni».
È credente?
«Non sono religiosa, ma ho il senso del divino. La mia anima è pronta a essere portata via con il vento. La vita per me ha un senso magico».
Dopo cosa c’è?
«Vorrei riabbracciare la mia cagnolina Klari, spero venga di corsa incontro a me. Poi mia nonna e Angelo. E i due brevi amori napoletani, Pino Daniele e Massimo Troisi».
Nella prefazione al libro di Andrea scrive che la vecchia vita le appare lontana.
«È così: le liti per i parcheggi, per le piccole e grandi eredità, le discussioni tra fratelli, quelle tra suocera e nuora, sono vita sprecata. Capisco più anche i miei figli: sono incolpevole, ma ho fatto subire loro “la Giorgi”, una mamma presa d’assalto per un autografo».
È in una fase di perdono?
«Pur di non andare in guerra rivolgo lo sguardo altrove, anche da innocente ho rinunciato all’assoluzione. Amo l’armonia: la mia stanza sembra una biblioteca in ordine».
Cosa detesta di più?
«L’ignoranza aggressiva». 
Il motto della sua vita. 
«Fino a poco fa era “ricominciare sempre”».
Un suo pregio che le è tornato utile anche ora.
«L’autoironia. Quando sono andata a fare la biopsia ai polmoni ero già segnata nel corpo. Così, per sentirmi meglio, ho indossato un body in tulle nero elasticizzato. E poi mi ha aiutato il mestiere: sono rimasta immobile, durante esami delicati, pensando che fosse un ruolo».
La chiamano guerriera?
«Sì e non mi piace. Mi sento più una archivista che cerca di mettere ordine nel caos».
Dove trova la saggezza?
«Non sono saggia, sono alle prese con un naufragio e cerco di gestirlo. Ma in fondo sono così matta che spero ancora in un miracolo. Se succederà correremo dal Papa e chiederemo spiegazioni».