la Repubblica, 18 febbraio 2025
Il mistero dei sub che attaccano nel Mediterraneo le navi russe
Sospetti sui sabotatori del NordStream. Ma colpire nel nostro mare richiede appoggi logistici, mezzi e capacità di sfuggire alle indagini dei vari governi e alla vendetta degli agenti del Cremlino che fa pensare alla più ampia guerra ibrida con Mosca
C’è una misteriosa squadra di incursori subacquei in azione nel Mediterraneo? Un gruppo organizzato e temerario di sabotatori che attacca navi russe o sospettate di contribuire alla macchina bellica del Cremlino? L’attentato nel porto di Savona contro la petroliera Seajewel rilancia un sospetto che è stato formulato da oltre un anno e che nell’ultimo periodo sembra venire suffragato da indizi sempre più consistenti.
L’interrogativo è sorto alla fine del 2023 quando la Marina militare di Mosca ha cominciato a far scortare i mercantili impegnati in attività strategiche, come quelli che trasferivano armi da San Pietroburgo in Siria o in Libia. Si tratta di un’attività che richiede mesi di navigazione delle fregate o delle corvette: un dispendio di risorse veramente significativo per un Paese in guerra. Si è ritenuto che la scelta fosse frutto della paranoia russa dopo gli attacchi dei barchini- bomba teleguidati ucraini che hanno messo in crisi la flotta del Mar Nero. Sono però mezzi con un’autonomia limitata, che non potrebbero mai spingersi da Odessa fino al Bosforo mentre gli 007 di Kiev non risultano avere basi navali nel Baltico. E allora cosa spaventava tanto i russi?
I timori di Mosca sono sembrati concretizzarsi nella notte della vigilia di Natale, quando la “Ursa Major” è colata a picco a largo della Spagna: si tratta di una nave molto speciale che stava trasportando dal Baltico alla Siberia equipaggiamenti per la costruzione del nuovo rompighiaccio a propulsione nucleare con cui il Cremlino vuole ottenere la supremazia nell’Artico. Probabilmente il naufragio è stata un danno collaterale della rivoluzione di Damasco: la sua partenza infatti è stata anticipata per sfruttare lo spazio ancora vuoto nella stiva nello sgombero del contingente russo in fuga dalla Siria dopo la caduta di Assad.
Il viavai di cargo diretti al porto di Tartus e la necessità di tenere le navi militari lì davanti per proteggere le truppe rinchiuse negli ultimi avamposti di Mosca in terra siriana, hanno impedito di dare una scorta alla “Ursa Major”. L’armatore ha dichiarato senza mezzi termini che sulla parte sommersa dello scafo erano state piazzate due cariche esplosive, che avevano provocato le falle e il blocco dei motori. Due marinai non sono mai stati ritrovati, altri dodici sono stati soccorsi dalla guardia costiera spagnola. Un sabotaggio del genere, nelle acque tempestose di dicembre e a poca distanza dalle correnti di Gibilterra richiede l’azione di sommozzatori molto ben addestrati e sostenuti da una nave appoggio ormeggiata non troppo lontano.
Alla fine di gennaio un nuovo episodio oscuro: un incendio è scoppiato a bordo della nave spia Kildin, sempre davanti Tartus. Il capitano ha respinto un mercantile che si era avvicinato per dare aiuto, intimandogli di allontanarsi. La Kildin è la veterana degli 007 naviganti, in servizio dal 1970, e il rogo non ha sorpreso più di tanto: eppure si tratta delle unità a cui viene dedicata la manutenzione migliore vista la delicatezza delle sue spedizioni di intelligence elettronica sulla scia dell’Us Navy.
Infine la Seajewel sabotata a Savona con un ordigno sulla fiancata: probabilmente una mina magnetica che gli uomini rana della X Mas nel 1941 chiamavano mignatta e oggi viene indicata come limpet, con decine di chili di plastico e un innesco a tempo o a distanza. Una carica che voleva dare un messaggio, senza provocare una catastrofe ambientale nel Tirreno: un modo di accendere un faro sulle trasferte di questa cisterna lunga 245 metri con una stazza di 60 mila tonnellate. Si tratta di una petroliera accusata dal giornale Ukrainska Pravda di contrabbandare greggio dalla Russia: uno dei vascelli della “flotta ombra” che falsifica l’origine del greggio e lo rivende ovunque. Anche l’armatore greco nel 2022 è stato incluso dal governo di Kiev nella lista nera degli “sponsor della guerra” che aiutavano Mosca. Un anno dopo è stato depennato dall’elenco dopo avere annunciato la fine delle attività in Russia ma la Seajewel ha successivamente compiuto almeno tre viaggi nei terminal petroliferi del Paese sotto embargo.
Il grande interrogativo è capire chi ci sia dietro gli attacchi. Il pensiero corre ai subacquei che hanno distrutto il gasdotto Nordestream nel settembre 2022: una squadra di sommozzatori i cui legami con l’intelligence di Kiev sono stati più volte ipotizzati e finora mai provati anche se di sicuro agivano contro la Russia. I servizi segreti ucraini hanno team di incursori molto abili, addestrati dai migliori reparti Nato a attaccare in immersione. Farlo nel Mediterraneo senza lasciare tracce è però molto più difficile: richiede appoggi logistici per reperire l’esplosivo, mezzi per avvicinarsi allo scafo sott’acqua con il peso degli ordigni, la capacità di sfuggire alle indagini dei vari governi e alla vendetta degli agenti del Gru russo. A meno che questi sabotaggi non siano opera di altre manine, forse intenzionate a rispondere colpo su colpo alla guerra ibrida serpeggiante in Europa per volontà del Cremlino.