Corriere della Sera, 18 febbraio 2025
Trump e il devastante messaggio sulla corruzione internazionale.
L’Attorney General, ovvero il procuratore generale, non dovrà più considerare la corruzione internazionale tra le sue priorità. E le inchieste in corso saranno riviste ed eventualmente opportunamente indirizzate
Con un riassunto brutale potremmo dire che la corruzione internazionale, se fa gli interessi commerciali delle imprese americane, non è poi così grave. È la sintesi di uno dei tanti, tantissimi, ordini esecutivi appena firmati dal presidente degli Stati Uniti, Donald Trump. Quello del 10 febbraio – spiega Chiara Ubiali, docente di diritto penale all’Università Statale di Milano – riduce drasticamente l’applicazione del Foreign Corrupt Pratices Act. La normativa del 1977 ha ispirato la convenzione Ocse del 1997, sottoscritta anche dall’Italia, che contrasta la «corruzione di pubblici ufficiali stranieri nelle operazioni economiche internazionali».
L’amministrazione Trump ritiene che tale disciplina sia stata così estesa, nella sua interpretazione, da arrecare troppi danni agli interessi nazionali. E così ha rivisto tutte le linee guida che regolano le indagini in materia. L’Attorney General, ovvero il procuratore generale, non dovrà più considerare la corruzione internazionale tra le sue priorità. E le inchieste in corso saranno riviste ed eventualmente opportunamente indirizzate.
«Un gravissimo passo indietro – commenta Ubiali – proprio da parte del Paese che più in questi anni si è distinto nella lotta criminalità economica internazionale. L’enorme vantaggio competitivo di cui godranno le imprese americane costringerà altri Paesi, le cui imprese saranno penalizzate, ad allentare o addirittura abbandonare il contrasto a fenomeni corruttivi». Negli Stati Uniti non c’è l’obbligatorietà dell’azione penale. L’Attorney General è nominato dal presidente con la conferma del Senato, dura in carica quattro anni. E può essere rimosso in qualsiasi momento.