Corriere della Sera, 18 febbraio 2025
I bambini prodigio d’Italia, dal pianista di Sanremo con l’orecchio assoluto allo scacchista: «In ogni classe c’è almeno un alunno con capacità superiori».
Alessandro Gervasi, 6 anni, sul palco dell’Ariston ha suonato perfettamente «Champagne» di Peppino di Capri al piano. Ma ogni classe è presente almeno un alunno con capacità superiori da scoprire. Il QI da solo non basta
L’esibizione al Festival di Sanremo di due bambini «prodigio» ha riaperto l’interesse sui giovanissimi con talenti precoci. O semplicemente star, come i baby attori. Nel cinema gli esempi non mancano, come il biondo Renato Cestiè, protagonista dei film strappalacrime negli anni Settanta, o Federico Ielapi, protagonista di Quo Vado, Pinocchio e Don Matteo. Sul palco dell’Ariston Alessandro Gervasi, 6 anni, ha suonato perfettamente Champagne di Peppino di Capri al pianoforte e interpreta il cantante da piccolo nella prossima fiction Rai.
Alessandro possiede il cosiddetto «orecchio assoluto», cioè la capacità di riconoscere la nota corrispondente a un suono. Alessandro non sa leggere la musica, ma esegue al pianoforte qualunque melodia ascolti. Ciò lo rende, come ha detto qualcuno, «un nuovo Mozart», come Alberto Cartuccia Cingolani, che a 8 anni ha già vinto 40 concorsi di pianoforte.
Recenti studi hanno riscontrato che una persona su 10 mila possiede l’orecchio assoluto. Conta la genetica, ma anche la pratica della musica fin dai primi anni. «L’orecchio assoluto non classifica di per sé il bambino come un prodigio», afferma la psicologa Anna Maria Roncoroni, presidente dell’Associazione italiana per lo sviluppo del talento e della plusdotazione (Aistap). Sempre a Sanremo, Samuele Parodi, 11 anni, ha stupito Carlo Conti e gli ascoltatori dimostrando di sapere tutto sulla storia del Festival. Cosa caratterizza un’intelligenza o una capacità fuori dall’ordinario?
«Circa il 5% della popolazione ha un alto potenziale cognitivo, il 2% ha capacità ancora maggiori», dice Maria Assunta Zanetti, docente di Psicologia dello sviluppo e dell’educazione all’Università di Pavia e direttrice di LabTalento (Laboratorio di ricerca e intervento sullo sviluppo del potenziale del talento e della plusdotazione). «Abbiamo verificato questi dati anche in Italia. Significa che in ogni classe potenzialmente è presente almeno un alunno con capacità superiori». Bambini e bambine che spesso si trovano a disagio perché non legano con i pari età, talvolta sono da loro emarginati oppure in classe sono svagati (e disturbano) perché si annoiano ad ascoltare cose che già sanno. «Le capacità musicali, sportive, di arti visive e di intelligenza emotiva-leadership non vengono valutate con un test QI (quoziente di intelligenza)», aggiunge la dottoressa Roncoroni.
È il caso di Asya Belghith, 10 anni a fine mese, campionessa del mondo di balli latino americani. «Asya è un talento naturale», dice la mamma Chiara Aspidi. «Ce ne siamo accorti durante il lockdown: appena sentiva una musica si metteva a ballare. L’ho portata allora alla scuola di danza di Sara Di Vaira, una delle insegnanti di Ballando con le stelle. Asya adora ballare, ma le piace anche studiare, è in quarta elementare. Io, suo padre e le insegnanti di danza le ricordiamo che il talento va coltivato con lo studio e il lavoro, sia in palestra che nella vita».
«Molti sono i casi in cui bambini precoci, da adulti non sono poi riusciti a confermare le loro doti. Non è solo il QI che conta». Il Mensa è un club internazionale di cui può fare parte solo chi rientra nel 2% con QI più alto. Negli Usa e in Inghilterra accettano bambini di 3 anni, in Italia devono averne almeno 16.
Ma ci sono ragazzi italiani che forse meriterebbero già di far parte di questo club esclusivo, come Leonardo Vincenti, classe 2012, bergamasco di Mozzo: a 10 anni e 11 mesi è diventato maestro di scacchi. Oppure Romeo Guadagnin, che quando frequentava la quarta elementare nel 2022 vinse i campionati nazionali junior di giochi matematici. «Dobbiamo lavorare sulla formazione di insegnanti e genitori per aiutare questi bambini e non farli sentire come dei marziani», prosegue la psicologa Zanetti. In Italia, ma non solo, tra i «prodigi» c’è una forte disparità tra i sessi. «In apparenza la maggior parte dei bambini”fenomeni” sono maschi», chiarisce la dottoressa Roncoroni. «Spesso scopriamo invece che le sorelle hanno altrettante o superiori capacità cognitive. Vengono giudicate brave ma non di più, come se per loro fosse una cosa normale».