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 2025  febbraio 18 Martedì calendario

Crosetto: «L’Ue deve esserci sull’Ucraina, ma serve un’unica voce. Dialoghiamo con Trump».

Di Francesco Bechis
18 febbraio 2025
 
Calma e gesso. Guido Crosetto è reduce da un vortice di incontri sul futuro dell’Ucraina con prime linee della nuova amministrazione americana. A Bruxelles il segretario alla Difesa Pete Hegseth, Keith Kellogg, l’inviato speciale per Kiev, a Monaco. Ne ha tratto un’analisi diversa da quella che imperversa in alcune cancellerie europee. Alla fine Donald Trump, spiega il ministro della Difesa al Messaggero, non siederà da solo al tavolo con Vladimir Putin. L’Europa però deve farsi sentire. E farlo «con una voce sola».
 
È un errore escludere pezzi di Ue dal vertice di Parigi?
 
«Non ho mai amato i sotto-vertici europei. Tantomeno se queste fughe in avanti sono senza un criterio né preavviso. Un’Europa a centri concentrici, mi spiace, non può esistere. Ovviamente, in questa fase, l’Italia non poteva mancare. Pero vorrei essere chiaro e realista su un punto: senza gli Usa noi europei non andiamo da nessuna parte».
 
Macron rischia falli di reazione contro Trump?
 
«Non voglio giudicare, ma nelle relazioni internazionali, in tempi complessi come questi, serve calma, molta calma. La fretta è una pessima consigliera. Tra l’altro, diversi anni fa, anche Macron disse frasi più dure di Trump sulla Nato».
 
Ovvero?
 
«Macron la definì “cerebralmente morta”, o ce ne siamo dimenticati? Poi, certo, le cose sono andate diversamente. Per fortuna possiamo contare su Meloni, una leader stimata e pragmatica: lei terrà aperto il dialogo Usa-Ue-Ucraina».
 
Ma russi e americani si parlano in Arabia Saudita. Europa non pervenuta.
 
«Non è il primo tavolo sulla pace e non sarà l’ultimo. Tutti, almeno quelli più avvertiti, sapevano benissimo che Trump avrebbe accelerato. Dunque, ben vengano questi sforzi».
 
E l’Europa?
 
«Sono convinto che sia un errore escluderla dal tavolo. Né può restarne fuori l’Ucraina, la vittima. Mi colpiscono le dichiarazioni di Lavrov, come se gli ucraini debbano espiare una colpa. Davvero surreale. La loro unica colpa è esistere, e resistere, contro un’aggressione armata».
 
Trump la pensa diversamente…
 
«Credo che si confermerà per ciò che è: un pragmatico. Non escluderà nessuno. Vuole uscirne lui vincitore, non Putin. Proverà a farlo senza umiliare la Russia».
 
L’Ucraina ha perso?
 
«Avrebbe perso se il conflitto fosse iniziato a parità di forze in campo e fosse stata occupata integralmente. Invece, aveva un quinto della popolazione, un decimo di truppe, un centesimo di armi, ma dopo tre anni e milioni di bombe russe sganciate, resiste. Putin controlla il 18% del suo territorio e guida un Paese che si regge su un’economia di guerra e che produce, ormai, quasi solo armi».
 
C’è stanchezza. Anche in Italia.
 
«C’è stata dal primo minuto, inutile fingere. È nella natura umana non preoccuparsi dei problemi degli altri. Lo puoi fare, certo, ma solo finché il fuoco appiccato alla casa del tuo vicino non arriva fino alla tua».
 
Che leve ha la Ue per sedersi al tavolo? Le sanzioni?
 
«L’Europa deve avere per obiettivo sedersi al tavolo per come ha sostenuto, con l’America, la resistenza ucraina. Però deve parlare a una sola voce. E dialogare con gli Usa».
 
Come?
 
«Assumendo, intanto, la responsabilità della sua difesa. Tradotto: aumentando gli investimenti rimasti fermi negli ultimi trent’anni. Però ora gli americani devono capire che serve tempo. Soprattutto per Stati come l’Italia e la Germania a cui a lungo non è stato concesso di riarmarsi».
 
L’Ue ora apre allo scorporo degli investimenti della Difesa dal Patto di Stabilità.
 
«Una svolta epocale, che chiedo da tempi non sospetti. L’Ue si è mossa, al solito, con sei, sette anni di ritardo. Al vertice dell’Aia a giugno la Nato chiederà di superare il 3% di spese del Pil nella Difesa. Tanti alleati, penso alla Polonia, sono già sopra, Trump chiede il 5%. Dobbiamo prepararci a una nuova era, compatibilmente con i bilanci nazionali».
 
C’è una road-map?
 
«Per rispettare gli obiettivi di capacità militari che ci chiede la Nato – brigate, armi, munizioni – dobbiamo centrare il target del 2,4% di Pil impegnato. Non c’è tempo da perdere. Tanti nostri alleati europei parlano di guerra come un’ipotesi realistica, probabile. In Svezia, Paese fino a due anni fa fuori dalla Nato, hanno distribuito volantini alle famiglie con tanto di istruzioni per “quando la Russia ci invaderà”. Quando, non ‘se’. Chiaro?».
 
Se la Russia attaccasse, l’Italia saprebbe difendersi?
 
«Non posso risponderle».
 
Torniamo all’Ucraina. L’Italia parteciperà a una forza di interposizione ai suoi confini?
 
«Non sta a me decidere, ma tecnicamente potremmo prendere in considerazione una missione del genere solo sotto il cappello dell’Onu o con un mandato internazionale. Qualsiasi altra ipotesi è velleitaria. Ma dirlo ora è presto: prima serve la tregua, poi un tavolo di pace, poi una trattativa e, alla fine, una soluzione politica».
 
Che garanzie dare all’Ucraina? L’articolo 5 della Nato?
 
«Avevamo già promesso garanzie di sicurezza all’Ucraina, trent’anni fa. In cambio di questa promessa della comunità internazionale, Kiev ha consegnato ai russi il suo arsenale nucleare. E ha rinunciato a lungo a riarmarsi, su consiglio degli alleati, Usa in testa. Si è visto come è andata a finire».
 
Merkel è il nome giusto come inviato Ue?
 
«È stata un grande Cancelliere. Ha provato a portare la Russia dal “lato buono” della Forza, e sottrarla al ‘lato oscuro’, senza riuscirci. Ma erano altri tempi. È un nome».
 
La postura di Trump su Gaza è irricevibile per l’Italia?
 
«Noi abbiamo una posizione chiara: due popoli e due Stati. Lavoriamo solo per un accordo tra israeliani e palestinesi».
 
Meloni emerge come pontiera. Un azzardo?
 
«Meloni da leader pragmatica qual è ha un rapporto solido con Trump che tornerà molto utile all’Europa. Vedrete».
 
Per Draghi sui dazi la Ue piange lacrime di coccodrillo.
 
«Io lo dico da anni. Non solo sui dazi. L’Europa si è cullata nell’idea che bastasse una moneta unica e regolamentare ogni ambito dell’esistenza. Grazie ai Verdi tedeschi (qualche milione di persone su 500 milioni di abitanti) ha compiuto il più grande harakiri industriale ed economico della storia, distruggendo l’industria europea. Non è colpa di nessuno. Noto che i Cinque Stelle e la stessa Schlein sono stati e sono ancora fautori di questa visione del mondo».
 
Preferisce la Vance vision che tifa Afd? Non condanna?
 
«Nelle parole di Vance non ho letto un’interferenza. È stato un discorso duro, diretto, sincero, certo, a cui io personalmente rispondo: non mi servono lezioni di democrazia e da nessuno. Non so se per tutti sia così, però. Ma è inutile piangersi addosso sui rapporti più difficili: basterà dialogare, con gli Usa, senza alcuna sudditanza».
 
Per Marina Berlusconi Trump vuole rottamare la Ue. Concorda?
 
«Trump non vuole rottamarci. Sbagliamo noi, se cerchiamo di interpretarlo con gli occhi della politica. È un uomo pragmatico, concreto, d’affari. Vista da Trump l’Europa non ha materie prime, non ha energia, è un concorrente economico e ha sottratto risorse ai contribuenti Usa perché non ha investito abbastanza per difendersi. Nessun giudizio, ma un’analisi fredda».
 
Da Almasri a Paragon: tensioni nel mondo dei servizi?
 
«Non mi occupo di intelligence, ma mi pare sia più una bolla giornalistica che altro».
 
Spera in una tregua tra governo e magistratura?
 
«Ovviamente sì. Ma temo che sia solo una parte a volerla».